Figura 2
25 dicembre 2015 - Marco De Marco, Matteo Fagone © 2004 - 2015 Pianeta Marte.net - All right reserved Mappa della riflettività superficiale di Marte rilevata dal TES del MGS.  Fonte: http://www.mars.asu.edu/data/tes_albedo/large/tes_albedo_label.png  Nella prima parte di questo documentario abbiamo dato ampio spazio alle dichiarazioni degli scienziati che lavorano alla   Missione Maven, così che è stato possibile farci un'idea in merito ai risultati resi pubblici e concernenti le interazioni fra il   vento solare e l'atmosfera marziana. Numerose sono state le immagini che hanno accompagnato le spiegazioni, così come   il breve video di circa un minuto, il quale mostrava la presunta e costante perdita di atmosfera di Marte.     A questo punto è giunto il momento di prendere in esame le domande lasciate in sospeso, per inoltrarci quindi nel vivo   del documentario. Fu realmente il vento solare a spazzare via l'atmosfera del quarto pianeta?   Sebbene questa tesi è largamente sostenuta presso la Comunità Scientifica da oltre dieci anni, vediamo di capire se   possiamo metterla al banco di prova attraverso una serie di analisi comparative facili da assimilare e comprendere. Stiamo   per mostrare come il flusso di particelle emesso dal nostro sole interagisce non solo con un singolo pianeta del sistema   solare, ma con più tipologie di corpi celesti a noi conosciuti: le comete, Mercurio, Venere, la Terra, e infine il pianeta rosso.  Mostreremo proprio come lo stesso vento solare ci svelerà la probabile attività geomagnetica di Marte, la quale pare   tuttaltro che inattiva. Getteremo infine lo sguardo verso una possibilità forse non del tutto remota, ma generalmente vista   in modo controverso da scienziati ed appassionati.   Il team del portale pianeta marte punto net, vi augura a tutti voi una buona visione e un buon ascolto!   Il vento solare è un flusso di particelle cariche, emesso dalla corona solare. Questo flusso continuo di particelle, è   principalmente composto da elettroni e protoni, con valori di energia compresi tra 1,5 e 10 kilo elettron volt. Il vento solare   possiede temperature e velocità variabili nel tempo, con andamenti legati ai cicli dell'attività solare stessa. La corona solare   ha normalmente una temperatura di circa un milione di gradi Celsius; questa temperatura imprime alle particelle un'elevata   energia cinetica, portando dunque la velocità del vento solare tra i 200 e i 900 km al secondo, superando così la velocità di   fuga del sole stesso e di tutti i pianeti del sistema solare.   Nonostante il vento solare abbia un'elevatissima velocità, la sua potenza intrinseca è estremamente bassa a causa della   ridottissima densità, pari a un valore variabile tra poche unità e qualche decina di particelle per centimetro cubo, alla   distanza della Terra dal sole. Per facilitare la comprensione della vera natura del vento solare, sarà più conveniente rifarci   agli effetti impressi sulle comete, sui pianeti e sulle rispettive atmosfere.   Tentare di spiegare in termini quotidiani un flusso composto da poche particelle per centimetro cubo sarebbe impossibile, in   quanto anche il vuoto più spinto che potremmo immaginare è assai lontano da questi valori. Osservando invece le   interazioni tra il vento solare e i corpi celesti conosciuti, possiamo  farci un'idea più realistica della sua effettiva potenza,   anche perchè, non è altrettanto semplice distinguere la differenza che passa fra un centimetro cubo di spazio contenente   qualche decina di particelle inerti, e un centimetro cubo di spazio attraversato da qualche decina di particelle che viaggiano   a centinaia di km al secondo.    Bene. Iniziamo proprio dalle comete...   Le comete, di solito sono oggetti molto piccoli, e quindi dotati di un'attrazione gravitazionale quasi nulla. Per esempio la   cometa 67P, attualmente studiata dalla sonda Rosetta, ha una velocità di fuga di poco superiore a un metro al secondo,   mentre normalmente sulla Terra la velocità di fuga è pari a 11,2 km al secondo. Se ci trovassimo sulla superficie di questa   cometa, basterebbe un piccolo saltino per perderci definitivamente nello spazio.  Le comete sono formate principalmente da acqua e vari altri gas, fra cui l'anidride carbonica, il mono ossido di carbonio, il   metano, e svariati composti organici, i quali congelano prevalentemente dall'orbita di Giove in poi. Diversamente, quando la   distanza scende sotto quella del gigante gassoso, le radiazioni solari riescono già a indurre l'innalzamento della temperatura   e la conseguente formazione di un'atmosfera temporanea, con struttura a simmetria sferica intorno al nucleo cometario.     La chioma tenderà ad allungarsi quando la distanza dal sole si approssimerà all'orbita di Marte, questo perché la mobilità   termica dei gas avrà oltrepassato la stessa velocità di fuga della cometa. Superata l'orbita di Marte, la coda comincia a   svilupparsi e a differenziarsi fra coda di ioni (in direzione opposta al sole) e coda di polveri. Finalmente possiamo "vedere" il   debolissimo influsso del vento solare consistente proprio nella forma e direzione di questa coda di ioni.   L'inconsistenza della potenza del vento solare, si comprende già, distinguendo la differenza tra gli effetti termodinamici,   dovuti al riscaldamento radiativo del sole, e gli effetti elettromagnetici e ionizzanti dovuti alle particelle del vento solare. Le   comete, ci mostrano come gran parte della loro perdita di massa sia dovuta al fatto che, durante la fase di riscaldamento,   molte sostanze volatili di cui sono composte, sublimano e sfuggono al debolissimo campo gravitazionale, portando via con   se anche frazioni di superficie polverosa.   Durante le fasi di attività massima, i getti di gas generati, possono addirittura spingere grossi massi fuori dal campo   gravitazionale della cometa. Tutto questo materiale che sfugge via, alimenta la struttura della chioma, della coda di gas   neutri e della coda di polveri. L'unico contributo osservabile dovuto al vento solare, è costituito dalla coda di ioni, il più delle   volte tendente al blu.    Per concludere, basterebbe mettere in relazione la ragguardevole estensione che di solito raggiunge la chioma, con l'azione   delle rarefattissime particelle del vento solare: se tale emissione avesse realmente la forza di soffiare via l'atmosfera di un   pianeta, tanto più, dovrebbe spazzare via in breve tempo l'esiguo velo di gas che avvolge il nucleo cometario. Curiosamente,   ciò avviene, ma ad un tasso di dispersione talmente insignificante che non avrebbe senso quantificare.   Adesso mettiamo in relazione il vento solare con il pianeta Mercurio.  Mercurio, il primo pianeta del sistema solare, ha una rotazione sul proprio asse decisamente lenta, che si svolge in poco   meno di 59 giorni. Eppure, nonostante la lentissima rotazione, Mercurio è dotato di un campo magnetico significativo con   un'intensità pari a circa l'un per cento del campo magnetico terrestre. Il campo magnetico dipolare di Mercurio è quasi   coincidente con l'asse di rotazione planetario. Come mostrato nell'immagine, due flussi di ioni fuoriescono dalle regioni   polari, ed è inoltre presente una coda magnetica generata dall'interazione con il vento solare.   Come vedremo in seguito, questa struttura è molto simile a quella del campo magnetico terrestre. Essendo la distanza   Sole-Mercurio pari a circa un terzo di quella Sole-Terra, possiamo stimare che la potenza del vento solare sia di   conseguenza 9 volte maggiore di quella che sperimenta il nostro pianeta. Ciò nonostante, il campo magnetico di Mercurio è   sufficiente a deflettere il vento solare, schermandone la superficie. Stranamente, pur in presenza di un campo magnetico   globale, e di un'attrazione gravitazionale paragonabile a quella di Marte, Mercurio non è dotato di un'atmosfera significativa,   ma solo di una debolissima esosfera, con una pressione al suolo pari a 1 centomillesimo di etto pascal (ovvero un   centomilionesimo di quella terrestre al livello del mare).   Ma quale relazione intercorre fra il vento solare e il pianeta Venere?  Venere, il pianeta più caldo del sistema solare, è totalmente privo di qualunque traccia di magnetismo, a parte il debolissimo   campo elettromagnetico generato per diretta interazione fra la ionosfera e il vento solare. La struttura della ionosfera è stata   più volte analizzata nel corso di varie missioni esplorative. La più recente, la Venus Express, ci ha mostrato chiaramente   una struttura analoga a quella delle comete. In questa struttura non si osserva nessun tipo di getto, e nessuna irregolarità.   La ionosfera venusiana viene allungata in direzione antisolare, e poi spinta da un flusso di particelle ionizzate  con una   potenza doppia rispetto a quanto accade sulla Terra. Nonostante la totale assenza del campo magnetico, neppure a livello   locale e circoscritto, Venere è dotato di un'atmosfera unica fra tutti i pianeti rocciosi, con una pressione superficiale circa 92   volte superiore a quella terrestre.   Nota tecnica - In accordo alla legge dei gas, va fatto notare che alle temperature registrate su Venere, i gas sperimentano   una pressione di circa tre volte maggiore a quella che avrebbero ad una temperatura similterrestre. In altre parole, se noi   chiudessimo una bottiglia d'aria sulla Terra alla pressione del livello del mare e poi la portassimo ai quasi 500 gradi celsius   di Venere, misureremo al suo interno una pressione di circa tre atmosfere. Questo ci insegna che, a causa delle sue   temperature, Venere tende a perdere atmosfera tre volte più rapidamente che la Terra (se non ci fosse il campo magnetico).   A questo aggiungiamo anche l'esposizione diretta al vento solare. Di conseguenza, risulta estremamente sorprendente   pensare a come Venere abbia potuto conservare un'atmosfera così densa!   Cosa possiamo dire sulla relazione fra il vento solare e la Terra?   La Terra, come tutti sappiamo, è dotata di un campo magnetico globale dipolare. Grazie ad esso, possiamo ad esempio   orientarci utilizzando le bussole. Il campo magnetico terrestre intercetta le particelle cariche del vento solare, e le incanala   lungo le linee di forza, schermando così l'atmosfera. Sappiamo tutti altrettanto bene che, in realtà, le particelle cariche   seguono delle traiettorie che le porteranno ad interagire con l'atmosfera terrestre solo nelle zone polari, dove perciò viene   prodotto il fenomeno delle aurore.  La struttura del nostro campo magnetico, come si può osservare da questa rappresentazione, mostra una struttura simile a   quella di Mercurio, con i due pennacchi polari, dette anche plums, così come dalla coda magnetica in direzione antisolare,   anche se ovviamente in scala più elevata. Il campo geomagnetico è soggetto a delle periodiche inversioni di polarità,   mediamente una ogni milione di anni. A cavallo tra un'inversione e l'altra, la Terra rimane per centinaia di anni totalmente   priva di campo magnetico.   Ciò nonostante il nostro pianeta conserva l'atmosfera che tutti ben conosciamo. Supponendo che la vita sia comparsa 3,8   miliardi di anni fa, proviamo ad immaginare l'ammontare totale dei periodi in cui la Terra è stata presumibilmente sottoposta   al diretto influsso del vento solare, in quanto non schermata dal campo magnetico. Otterremmo un tempo complessivo pari   a centinaia di migliaia se non addirittura un milione di anni. Sembrerebbe quindi logico dedurre che il vento solare non ha   mai avuto questi grandi effetti nefasti, tanto sull'atmosfera quanto sulla biosfera terrestre.   Per poter affrontare l'analisi dei risultati della MAVEN, abbiamo esposto una serie di elementi che ci permetteranno di avere   dei termini di paragone comuni. E adesso finalmente passiamo a Marte, e vediamo di capire quanto c'è di vero nella teoria   secondo cui il vento solare avrebbe spazzato via la sua atmosfera.   Ciò che sappiamo oggi di Marte, è stato ulteriormente approfondito dalla missione MAVEN. Sebbene le precedenti missioni,   a partire dalla Mariner 4, abbiano sondato la magnetosfera e la ionosfera marziana, a proposito delle interazioni con il vento   solare, la missione MAVEN è stata concepita in modo esplicito per focalizzarsi su questo aspetto.   Durante la recente conferenza stampa del 5 novembre 2015, i dati presentati dagli scienziati convenuti, ci hanno fornito delle   descrizioni sulle interazioni fra l'atmosfera marziana e il vento solare. Nel descrivere come Marte perda circa 100 grammi   della sua aria per ogni secondo, lo scienziato Deiv Brein, ha proposto una colorita metafora di Marte che spara nello spazio   un hamburger per ogni secondo.     Tutto ciò sarebbe dovuto all'effetto erosivo del vento solare che agisce direttamente sull'atmosfera marziana senza la   protezione di un campo magnetico globale. Va sottolineato che la Comunità Scientifica, già da parecchi anni, è a conoscenza   che Marte conserva forti segni di magnetismo sotto la superficie, i quali possono variare da un millesimo a un duecentesimo   del magnetismo superficiale terrestre. Eppure, durante la conferenza si è ampiamente dato per scontato che Marte fosse   totalmente privo di campo magnetico. Ora concentriamo la nostra attenzione sull'animazione che mostra le presunte   particelle atmosferiche ionizzate in fuga da Marte.  In effetti, esse mettono palesemente in risalto la presenza dei due consueti pennacchi polari che, come abbiamo visto nel   caso di Mercurio e della Terra, sono una chiara indicazione della presenza di un possibile campo magnetico globale dipolare.   A questo punto, converrebbe mettere l'accento anche su una lunga serie di argomenti che non sono stati minimamente   sfiorati ne dal Team della maven e nemmeno dai vari giornalisti intervenuti.   Per prima cosa, fra coloro che hanno sottolineato come il vento solare fosse estremamente più potente agli esordi del   sistema solare, ebbene, nessuno ha rimarcato come Marte in passato possedesse un campo magnetico molto più potente di   quello attuale, e decisamente in grado di schermarlo dagli effetti diretti del vento solare. Ciò annullerebbe totalmente il   teorema secondo il quale, gran parte dell'atmosfera marziana sia andata persa durante le prime fasi storiche del sistema   solare.   Secondo, ma non meno importante, Venere è totalmente privo di campo magnetico globale e non mostra nemmeno segni di   campo magnetico locale, tuttavia conserva ancora oggi un'atmosfera spettacolarmente densa. Venere è direttamente   esposto al vento solare quattro volte più intensamente rispetto Marte. Inoltre, a causa della sua elevata temperatura, i gas   atmosferici sfuggono tre volte più facilmente rispetto a Marte.   A fronte di ciò, Venere ha a suo favore soltanto una gravità doppia rispetto a quella marziana. Riassumendo, Venere   dovrebbe perdere 6 volte più facilmente la sua atmosfera rispetto a Marte, senza considerare che Marte gode comunque di   un campo magnetico residuo che fu sicuramente più potente in passato. Come può il pianeta Venere possedere ancora oggi   un'atmosfera 16 mila volte più densa di quella marziana?   Dopo aver trascorso la bellezza di 4,5 miliardi di anni, in compagnia di un massacro da parte dello stesso vento solare,   responsabile di aver strappato via l'atmosfera di Marte, che oltretutto, in passato, doveva essere più intenso rispetto ad oggi,   come è possiamo pensare al pianeta Venere avvolto in questa densissima atmosfera? Veramente, a nessun giornalista è   venuta in mente questa domanda? Nessuno ha avuto il coraggio di mettere la pulce all'orecchio degli scienziati della   missione MAVEN?     Ma c'è ancora qualcosa che forse ci è sfuggito....  Ammettiamo pure che Marte non disponga di un campo magnetico globale. Non è stato comunque considerato in modo   convincente il rapporto statistico tra il passaggio delle particelle del vento solare e le effettive interazioni con gli atomi di   atmosfera marziana. Non dobbiamo infatti trascurare ciò che accade in tempo reale quando gli atomi ionizzati entrano in   contatto con quelli neutri, oppure quando gli atomi ionizzati entrano in contatto  con le particelle libere del vento solare,   come i protoni e gli elettroni.  Data l'estrema rarefazione del flusso in arrivo dal sole, abbiamo basse probabilità statistiche di vedere sempre e in ogni   caso una collisione fra queste particelle, il cui risultato finale sarebbe dovuto essere la fuga da Marte di piccole quantità di   atmosfera. Detto in altre parole, esistono le stesse probabilità che il vento solare sfreccia attraverso gli strati alti   dell'atmosfera marziana, rispetto alle probabilità di colpire un atomo della medesima atmosfera. Quindi, semplicemente il   vento solare passerà oltre spostandosi verso la coda dietro il pianeta.  Andiamo ancora più a fondo nella nostra disquisizione tecnica! Trattandosi appunto di particelle non neutre, possedendo   cioè carica di segno positivo o di segno negativo, ci siamo mai posti una domanda controversa come la seguente?  IL VENTO SOLARE POTREBBE AVER INVECE ARRICCHITO L'ATMOSFERA DI MARTE?  Per rispondere a questa domanda paradossale dobbiamo nuovamente osservare l'animazione creata dagli scienziati della   MAVEN. Osserviamo attentamente il flusso del vento solare che colpisce il pianeta. Da un punto di vista statistico e   quantitativo, riusciamo a vedere come questo flusso diretto verso Marte si getta sull'atmosfera riversandosi a tutti gli effetti   su una vasta area del pianeta?   Quindi, considerato che stiamo parlando di un mix fra collisioni elastiche, collisioni anelastiche e passaggi senza collisioni,   dobbiamo ammettere che il vento solare è più probabile che arricchisca l'atmosfera piuttosto che strapparla via.   E, ripetiamo, qui si sta ragionando in virtù di assenza di scudo magnetico naturale. Chiaro?  Fino ad ora abbiamo sistematicamente mostrato che il vento solare è un flusso dotato di elevatissima velocità ma dalla   potenza erosiva irrisoria. Per questo motivo, alla distanza di Marte dal Sole, il vento solare non è più in grado di recare alcun   danno di rilievo. Non resta che mettere in relazione l'effeto del campo magnetico residuo su questo debolissimo flusso   emesso dal nostro sole.   Guardiamo un'ultima volta l'animazione! Cosa stiamo osservando?   Quei pennacchi ai poli di Marte rappresentano davvero porzioni di atmosfera che sfugge via? Oppure è proprio il vento   solare che viene spinto dalle deboli linee di forza del campo magnetico marziano?   ECCO LA RISPOSTA FINALE. NON E' STATO IL VENTO SOLARE A STRAPPARE VIA L'ATMOSFERA DI MARTE. NE   TANTOMENO UN IMPATTO DI QUALCHE GENERE.   Lo stesso Bruce Jakosky aveva egli stesso posto una domanda molto interessante:   .................................................................................................  Quindi. Ci siamo mai chiesti cosa comporterebbe sotto molti punti di vista uno scenario di questo tipo? Se una parte di   atmosfera fosse stata realmente assorbita dal suolo, quali ne saranno state le cause? Fattori geologici?   Fattori climatologici? Mutamenti chimici di qualche tipo? O magari qualche genere di attività biologica presumibilmente   sconosciuta? Forse dovremmo concentrarci di più su questi aspetti!