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L'ARCHEOLOGIA SPAZIALE: TRA SPERANZE E ILLUSIONI (Terza Puntata)

 

ALLA RICERCA DI ELEMENTI PROBATORI

C’è poi un ulteriore manierismo insito tra molti sostenitori dell'esoarcheologia (talvolta ricorrente anche in altri ambiti delle ricerche di frontiera) ed è quello di ritenere gli Enti Spaziali responsabili di occultamenti e manomissioni riguardanti le "prove" immortalate su vari frames ottenuti grazie ai satelliti orbitali. Eppure, indipendentemente dal fatto che sia vero o meno, siamo noi stessi Ricercatori Indipendenti ad utilizzare la documentazione rilasciata dagli Enti Spaziali per avvalorare le nostre medesime tesi. Quindi corriamo il rischio di cadere in una sorta di contraddizione non solo metodologica, ma (a questo punto) etica. Che ne pensate? Se davvero la NASA e l’ESA mentono, come possiamo fidarci di documentazione probabilmente alterata? E come facciamo a sapere o distinguere il vero dal falso? Le nostre osservazioni (e critiche) su cosa verrebbero imbastite? Non è forse vero che la faccenda diventa alquanto spinosa e un pochino ambigua?

Avete letto il libro dell’Ing. Ennio Piccaluga “Ossimoro Marte”? Certo, nessuno poteva avere un'idea precisa circa il suo contenuto, a parte le anticipazioni annuncianti l’imminente pubblicazione. Eppure le immagini prese in esame da Piccaluga sono di indubbia origine ESA e NASA. Dunque? Anche in questo caso ci troviamo dinnanzi ad una serie di costruzioni teoriche tutto sommato interessanti ed intriganti (sebbene non condivise all’unanimità da tutti gli Appassionati), accompagnate da una metodologia, secondo talune opinioni, un po’ scontata e discutibile. Ma questa contrapposizione tra consensi e dissensi era d'altronde inevitabile.

Eppure il libro ha quasi il sapore di una vera provocazione, ed in effetti è proprio così: “Ossimoro Marte” è stato scritto come libro divulgativo rivolto al Pubblico in generale, non tanto come trattato tecnico specializzato (è quanto lo stesso Ennio Piccaluga ha spiegato all’Autore di questo articolo). Ci sono stati d’altro canto molti pareri favorevoli ed è giusto tenerne conto.

L’ing. Piccaluga sostiene di aver raccolto un congruo quantitativo di indizi avvaloranti la possibilità che su Marte esistono reperti archeologici associabili a visitatori (probabilmente gli Annunaki) i quali interagirono anche nelle primitive Civiltà terrestri (tra cui i Sumeri), riallacciandosi alle tesi di Zecharia Sitchin.

Abbiamo detto però che è la Metodologia adottata nelle ricerche eso-archeologiche in generale (ossia per tutti) a suscitare le perplessità e i dubbi di certi Scienziati, Ricercatori Indipendenti ed Appassionati, tendenzialmente più scettici. Quindi, poiché lo stesso Ennio Piccaluga dice nel suo libro, a pag. 168: “Siamo disposti a mettere in discussione, a fronte di dimostrabili evidenze, i risultati raggiunti dagli studi effettuati” proviamo a ragionare ponendo all'attenzione dei Lettori una serie di considerazioni metodologiche ed interpretative.

Siccome la maggioranza dei Ricercatori che compiono studi incentrati su immagini ESA si sono sostanziati verso “panorami virtuali” (e non esattamente “reali”), sorge una comprensibile difficoltà a stabilire l’effettiva affidabilità di queste immagini. In altre parole: rappresentano veramente la superficie di Marte oppure no? Mettiamola pure sul piano etico e morale o, se preferite, come questione di principio.

La netta sensazione (da non confondere con un dato assoluto o una frase dogmatica) è che all’ESA si faccia vedere al Pubblico un Pianeta letteralmente “costruito” sulla base di presumibili scatti fotografici operati dalla Mars Express. Ne comprendete la differenza (e le conseguenze dirette)? Ma si potrebbe andare oltre: se è vero che i Pianeti sono Patrimonio di Tutti e Proprietà di Nessuno, non si può dire lo stesso della loro Immagine! E’ come se i Pianeti del Sistema Solare fossero degli immobili la cui proprietà nuda appartiene a tutta la Collettività Umana (?), ma la cui Immagine, ottenuta da fotocamere, telecamere, sistemi di telerilevamento a IR, Laser ecc. appartenga ai rispettivi Enti Spaziali. Risultato? Marte si trasforma tristemente in un prodotto sotto Copyright ESA (o NASA)! Un prodotto che potrebbe facilmente diventare oggetto di rivendicazioni su diritti e proprietà persino da noi Ricercatori Indipendenti. Questo rappresenta un primo aspetto su cui riflettere.

Continuiamo la nostra esposizione. Tra le numerose immagini proposte nel libro “Ossimoro Marte”, forse una delle più affascinanti presa in esame da Piccaluga è quella relativa al frame ob_18_mesa_p (Valle Marineris) che vi proponiamo nella versione ridotta.

Fig. 1: immagine  ob_18_mesa_p (versione ridotta). Credits ESA

A prima vista sembra una normale ricostruzione 3D di una fetta della Valle Marineris. Eppure, come Piccaluga stesso afferma, la versione Hi-Res ha mostrato alcuni particolari molto interessanti e, all’apparenza, sconcertanti. Nella parte in alto del frame, proprio sul bordo che inizia a scendere a SX ci sarebbe una curiosa struttura a gradoni.

Vorremmo aprire una breve parentesi: poiché la scoperta di questa struttura non ha avuto sostanzialmente nessuna rivendicazione prima della pubblicazione di “Ossimoro Marte” essa è stata depositata sotto Copyright presso le Edizioni Hera. Se dunque è l’Ing. Ennio Piccaluga ad averla notata per primo (in qualità di Privato Cittadino e non come Tecnico ESA) gliene diamo merito. Naturalmente il frame originale è Copyright ESA e di pubblico dominio.

Secondo l’Ing. Piccaluga potrebbe trattarsi di uno ziqqurrat e in effetti la somiglianza c’è. Ma il problema è, lo ripetiamo, di chiara matrice Metodologica. Per tentare di gettare una prima sommaria valutazione ci sarebbe stata di preziosissima utilità una serie di immagini RAW autentiche. Invece l’ESA non si è spesa più di tanto nel fornire le immagini "reali" (magari verranno in seguito, ce lo auguriamo), e nemmeno una serie di immagini prospettiche in sequenza, onde effettuare comparazioni incrociate. Chissà il perché… E già questo preclude un giudizio obiettivo. Dunque come si potrebbe affrontare e sorvolare il problema? Noi abbiamo avuto un'idea molto interessante che renderemo nota al momento opportuno... Se volete saperne di più continuate a seguire gli sviluppi della faccenda.

Nell’immagine denominata ob_18_mesa_v (ad alta risoluzione) abbiamo la rappresentazione prospettica dello stesso panorama precedente visto però dall’alto. E’ curioso, ma se esaminassimo attentamente il frame parrebbe che lo “ziqqurrat” non si veda proprio più. Motivo? Guarda caso… quella porzione di terreno sembra essere appena fuori perimetro! Quindi, volendo applicare una metodologia comparativa più accurata siamo costretti a rimanere “a bocca asciutta”, impossibilitati nel tentare di concludere granché. In sostanza mancano tanti (forse troppi) elementi probatori.

Fig. 2: immagine  ob_18_mesa_v (versione ridotta). Credits ESA

Sinceramente Ennio Piccaluga è da rispettare ed apprezzare perché, se non altro, ha avuto il coraggio di dire a petto in fuori la sua opinione. Che poi, tecnicamente parlando, sia un’interpretazione discutibile o errata (a seconda delle varie opinioni e dei vari punti di vista), questo potrebbe essere, prima di tutto, la diretta conseguenza della maniera in cui l’ESA fornisce la propria documentazione e, probabilmente, anche di una piccola dose di leggerezza (o troppa sicurezza) manifestata dall’Autore. Ok, ammettiamo che sia così: e se invece avesse ragione?

Per buona pace di tutti abbiamo l’assicurazione dello stesso Ennio Piccaluga che tale apparente “leggerezza” (o troppa sicurezza) non è stata dettata da imperizia e/o sensazionalismo gratuito, bensì da una ragione anzitutto di sintesi nel presentare il materiale esposto nel libro. In più,  per chi non lo sapesse, in questo campo (come nella musica, dato che chi ha scritto questo articolo è un musicista produttore) si lotta sempre contro il tempo. Chi tutela per primo idee, scoperte, musica, ecc... ne acquisisce dei diritti legali. Piaccia o no, le cose funzionano così.

Noi avremmo forse seguito altri criteri identificativi o interpretativi però, in qualche misura, dobbiamo saperci assumere la responsabilità di ciò che pensiamo. Se ce ne fossimo accorti per primi cosa avremmo scritto nelle nostre pagine web? Vedete come è semplicistico fare della scontata dietrologia? E' palese che, qualora le prove a favore dell'artificialità delle strutture identificate si dimostreranno infondate, la magra figura ricadrebbe su chi (o coloro) che le hanno sostenute; oppure si potrebbe assistere ad un nuovo "tira e molla" come è stato (ed è tuttora) per la "Face" di Cydonia. Ma se, invece, fossero vere... indovinate chi dovrà ingoiare il boccone amaro! 

Durante la conferenza di Capestrano l’Ing. Piccaluga ha affermato che diverse immagini da lui commentate nel libro sono sparite dal sito dell’ESA. Ce ne siamo sincerati ed effettivamente è proprio vero! Perché? Forse all’ESA stanno rinnovando gli archivi? Forse i particolari di queste immagini sono compromettenti e facilmente fraintendibili, al punto che era meglio rimuoverle? Chi può dirlo. Ma di una cosa siamo certi: ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità per ciò che mette a disposizione del pubblico, che si tratti di Privati come noi o che si tratti di Enti Pubblici o Enti Spaziali (oltretutto finanziati con i soldi dei Cittadini Europei).

Comunque non siamo molto convinti che le immagini siamo sparite a motivo del libro “Ossimoro Marte” perché altre (commentate nel libro) sono tuttora presenti, però potremmo anche sbagliarci. Per esempio queste due di fig. 3 e fig. 4 al momento sono ancora disponibili on line (chissà, forse spariranno pure quelle...). D'altro canto lo stesso Ennio Piccaluga ha spiegato, mentre ne discuteva con l'Autore di questo articolo, che è la grande diffusione delle immagini stesse ad aver determinato la loro permanenza negli archivi web dell'ESA. Evidentemente quelle relative alla Valle Marineris non erano ancora molto conosciute e diffuse, quindi si arriva facilmente a capire il resto...

 Fig. 3: Mons Olympus. Credits ESA

 Fig. 4: Juventae Chasma. Creddits ESA

Secondo l’Ing. Piccaluga sia alle pendici del Mons Olympus che nella Juventae Chasma si troverebbero rispettivamente probabili resti di enormi prese d’aria e di una miniera. Perchè l’ESA avrebbe tolto alcune immagini “compromettenti” lasciandone altre ugualmente “compromettenti”? Sarà pure una nostra legittima domanda retorica…

Sarete d’accordo che, se quanto sostiene Ennio Piccaluga fosse vero, qui ci sarebbe letteralmente da mandare a casa tutti e riscrivere daccapo tutto. Vi rendete conto di cosa vuol dire? Significherebbe buttare via interi patrimoni di libri di Storia, Scienze ecc... Sarebbe un florido buisness per molti Editori, ma un disastro economico per altri che dovrebbero reinvestire ingenti quantità di denaro per riscrivere quei libri (e chissà cos'altro). La posta in gioco sarebbe troppo alta quindi, fra i vari mali, il meno doloroso poteva essere quello di rimuovere qualche immagine “scabrosa”. Oppure all’ESA si è deciso di far sparire le immagini per Loro ragioni di Copyright. Vedete quante ipotesi che si possono avanzare?

Anche la presunta “Città GV”, individuata nel frame ob_18_mesa_p, è stata oggetto di pesanti critiche perché la metodica utilizzata non avrebbe trovato, tra l’altro, nessun riscontro nel frame ob_18_mesa_v. Anzi in un forum di Appassionati sono state proposte immagini che riproducevano le stesse linee ortogonali realizzate dagli stessi utenti, dimostrando che la “città” potrebbe essere nient’altro che il risultato di deformazioni o distorsioni sulle elaborazioni 3D operate dei tecnici ESA. Va bene, ammettiamo che sia così come sostengono nel forum: allora cosa ci farebbe vedere l’ESA? Voi capite che 1) o è vera una cosa 2) oppure è vera l’altra. Cioè: o la città GV esiste oppure non esiste! Non può contemporaneamente esistere e non esistere. Vi pare?

Fig. 5: immagine  ob_18_dol_p (versione ridotta). Credits ESA

Nell’immagine ob_18_dol_p si annoverano due altri particolari apparentemente curiosi e, in definitiva, interessanti. In questo frame sarebbero visibili una struttura a “rampe” simile alle antiche costruzioni mesopotamiche (in alto verso DX) ed una struttura simile ad un hangar (poco sotto il cratere situato in alto a DX). Peccato però che essa presenti nel suo insieme, ed in diversi punti, evidenti tracce di distorsioni sulla texture del terreno. Questo fatto è valido anche per le altre immagini e ci induce fortemente a diffidare delle ricostruzioni offerte dall’ESA. In altre parole può anche essere che Piccaluiga abbia ragione, ma se volessimo onorare una possibile scoperta di indubbio valore, effettuando una meritata "prova del 9", a quale Santo dovremmo rivolgerci per approfondire l’argomento? E non è per ignoranza nostra, ma per mancanza di materiale utile a fare uno studio incrociato e completo. Guarda caso... la struttura "a rampe" non è confermabile attraverso il confronto con la versione ob_18_dol_v perché pare che anche questa struttura sia situata poco oltre il perimetro estremo dell’immagine stessa!  

Per correttezza rammentiamo che anche le strutture del frame ob_18_dol_p sono state tutelate da Copyright, sempre presso le Edizioni Hera, in quanto particolari inediti individuati da Ennio Piccaluga. Però vale lo stesso principio già esposto che il frame originale è di proprietà ESA e di pubblico dominio.

Ad ogni modo ci chiediamo se veramente si tratta di strutture artificiali oppure, come abbiamo motivo di ritenere sopratutto per mancanza di maggiori prove fotografiche, di difetti, deformazioni e distorsioni operate nella ricomposizione 3D. Lasciamo la domanda in sospeso per ulteriori studi ed approfondimenti futuri. Siamo certi che su questo affascinante argomento si farà piena luce.   

PROSPETTIVE PER L’ESOARCHEOLOGIA

Nel caso che svilupperemo una vera Metodologia di raccolta, catalogazione, analisi comparata e critica, qualora cercheremo tutte le fonti che potranno offrire spunti di studio e confronto, avvalendoci naturalmente dell’esperienza maturata da Esperti nei settori delle Scienze tradizionali, probabilmente l’eso-archeologia potrebbe avere uno sviluppo ed un futuro molto interessanti. Rammentiamo che la nostra categoria di Appassionati Ricercatori Indipendenti non gode e non godrà MAI di vera autonomia poiché le Fonti Primarie di dati sono, e resteranno probabilmente, la NASA e l’ESA. Forse si aggiungeranno nuovi concorrenti come Cina, Giappone e India.

Inoltre questo articolo non è destinato a denigrare le Persone che hanno scritto libri sull’argomento e nemmeno per far gongolare dalla gioia gli skeptiks; lo stesso Autore è un sostenitore dell’Archeologia Spaziale. Ma sostenere può assumere vari significati, non Vi pare?

Sostenere non vuol dire essere ingenui e creduloni; non vuol dire difendere a tutti i costi le opinioni altrui se esse potrebbero necessitare di un raffinamento e di un miglioramento; non vuol dire essere chiusi alle critiche altrui prendendo a male la diffidenza e i dubbi dei “non credenti”. Per fare un paragone casereccio è come quando si affilano i coltelli alla vecchia maniera: lama con lama.

Ma non pensiamo che, siccome Qualcuno ha avuto la fortuna di ricevere un contratto editoriale (come è stato per Gianni Viola e per Ennio Piccaluga), ha trovato automaticamente la gallina dalle uova d’oro… Per guadagnare qualche manciata di Euro bisogna che il libro venda tante copie nell’ordine di almeno 1 seguito da quattro zeri! E anche se fosse, cosa c’è di male? Se fossimo noi ad aver scritto un libro su un qualsiasi argomento di nostro interesse non vorremmo che abbia successo in tiratura e vendite?

L’esplorazione del Sistema Solare è appena agli inizi è c’è ancora tanto, troppo da conoscere; eppure noi Uomini vanagloriosi e “sapientoni” crediamo di sapere tutto e di poter insegnare ogni cosa… quando invece abbiamo solo da stare zitti e ascoltare il Grande Silenzio dello Spazio che ci parla di Sé e dei suoi infiniti misteri. Nel Primo Articolo (quello apparso su Lunar Explorer Italia) avevamo messo a nudo la nostra natura di Esseri dediti alla Perenne Contraddizione di noi stessi e delle nostre eterne paure consce ed inconsce. Forse la fuori veramente c’è, nascosto nel nostro futuro, il nostro stesso passato.

Chiudiamo questo articolo sperando che possa costituire uno sprone al miglioramento, alla crescita ed alla nascita di un settore che non si confonda inutilmente con la “fuffa” scientifica e culturale oggi così dilagante.

E per finire vorremmo rammentare a Coloro dai quali noi Ricercatori Indipendenti, fortunatamente e sfortunatamente, “dipendiamo” (nella perenne attesa delle ultime novità provenienti dalla Luna, da Marte, da Giove e Saturno), che pur da “poveracci e ignoranti” non siamo NE’ STUPIDI E NEMMENO COSI’ INGENUI come forse si potrebbe pensare…

Cosa ci prospetta il futuro? Lo sapremo solo se resteremo in attività. E per l’eso-archeologia tutto dipenderà da come noi ci sapremo muovere e trattare il materiale che ci viene proposto dagli Enti Spaziali, senza inutili clamori e senza abboccare ingenuamente ad ogni nonnulla. Forse Loro sanno già… mentre noi qui ci picchiamo stupidamente per quattro sassi e una manciata di sferule! E mentre ci scanniamo per la Faccia di Marte e continuiamo a rovinarci le nostre di facce, là nei Centri di Controllo NASA ed ESA si discute su quale immagine mettere in Rete e quale no, su come digitalizzare Marte e non mostrare immagini vere, su come taroccare i colori del paesaggio e perpetuare il mito del “Pianeta Rosso”… e vivere felici e contenti!

 

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