C’è poi un ulteriore manierismo
insito tra molti sostenitori dell'esoarcheologia (talvolta
ricorrente anche in altri ambiti delle ricerche di frontiera) ed
è quello di ritenere gli Enti Spaziali responsabili di occultamenti e
manomissioni riguardanti le "prove" immortalate su vari frames ottenuti grazie ai satelliti
orbitali. Eppure, indipendentemente dal fatto che sia vero o meno, siamo noi stessi Ricercatori
Indipendenti ad utilizzare la documentazione rilasciata dagli Enti Spaziali per
avvalorare le nostre medesime tesi. Quindi corriamo il rischio di cadere in una sorta di contraddizione
non solo metodologica, ma (a questo punto) etica. Che ne pensate? Se davvero
la NASA e l’ESA mentono, come possiamo fidarci di
documentazione probabilmente alterata? E come facciamo a sapere o distinguere
il vero dal falso? Le nostre osservazioni (e critiche) su cosa verrebbero
imbastite? Non è forse vero che la faccenda diventa alquanto spinosa e un pochino
ambigua?
Avete letto il libro dell’Ing. Ennio Piccaluga “Ossimoro
Marte”? Certo, nessuno poteva avere un'idea precisa circa il suo contenuto, a parte le
anticipazioni annuncianti l’imminente pubblicazione. Eppure le immagini
prese in esame da Piccaluga sono di indubbia origine ESA e NASA. Dunque? Anche
in questo caso ci troviamo dinnanzi ad una serie di costruzioni teoriche tutto
sommato interessanti ed intriganti (sebbene non condivise all’unanimità da
tutti gli Appassionati), accompagnate da una metodologia, secondo talune
opinioni, un po’ scontata e
discutibile. Ma questa contrapposizione tra consensi e dissensi era d'altronde
inevitabile.
Eppure il libro ha quasi il sapore di una vera provocazione, ed
in effetti è proprio così: “Ossimoro Marte” è stato scritto come libro
divulgativo rivolto al Pubblico in generale, non tanto come trattato tecnico
specializzato (è
quanto lo stesso Ennio Piccaluga ha spiegato all’Autore di questo articolo). Ci
sono stati d’altro canto molti pareri favorevoli ed è giusto tenerne
conto.
L’ing. Piccaluga sostiene di aver raccolto un congruo
quantitativo di indizi avvaloranti la possibilità che su Marte esistono reperti archeologici associabili a visitatori (probabilmente gli Annunaki)
i quali
interagirono anche nelle primitive Civiltà terrestri (tra cui i Sumeri),
riallacciandosi alle tesi di Zecharia Sitchin.
Abbiamo detto però che è
la Metodologia adottata
nelle ricerche eso-archeologiche in generale (ossia per tutti) a suscitare le perplessità e i dubbi di certi
Scienziati, Ricercatori Indipendenti ed Appassionati, tendenzialmente più
scettici. Quindi, poiché lo stesso Ennio Piccaluga dice nel suo libro, a pag.
168: “Siamo disposti a mettere in
discussione, a fronte di dimostrabili evidenze, i risultati raggiunti dagli
studi effettuati” proviamo a ragionare ponendo all'attenzione dei
Lettori una
serie di considerazioni metodologiche ed
interpretative.
Siccome la maggioranza dei Ricercatori che compiono studi
incentrati su immagini ESA si sono sostanziati verso “panorami virtuali” (e non
esattamente “reali”), sorge una comprensibile difficoltà a stabilire
l’effettiva affidabilità di queste immagini. In altre parole: rappresentano veramente
la superficie di Marte oppure no? Mettiamola pure sul piano etico e morale o,
se preferite, come questione di principio.
La netta sensazione (da non confondere con un dato assoluto o una frase
dogmatica) è che
all’ESA si faccia vedere al Pubblico un Pianeta letteralmente “costruito” sulla
base di presumibili scatti fotografici operati dalla Mars Express. Ne comprendete la differenza (e le conseguenze dirette)? Ma si
potrebbe andare oltre: se è vero che i Pianeti sono Patrimonio di Tutti e
Proprietà di Nessuno, non si può dire lo stesso della loro Immagine! E’ come se
i Pianeti del Sistema Solare fossero degli immobili la cui proprietà nuda
appartiene a tutta
la Collettività Umana
(?), ma la cui Immagine, ottenuta da fotocamere, telecamere, sistemi di
telerilevamento a IR, Laser ecc. appartenga ai rispettivi Enti Spaziali.
Risultato? Marte si trasforma tristemente in un prodotto sotto Copyright ESA (o
NASA)! Un prodotto che potrebbe facilmente diventare oggetto di rivendicazioni
su diritti e proprietà persino da noi Ricercatori Indipendenti. Questo
rappresenta un primo aspetto su cui riflettere.
Continuiamo la nostra esposizione. Tra le numerose immagini proposte nel libro “Ossimoro Marte”, forse una delle
più affascinanti presa in esame da Piccaluga è quella relativa
al frame ob_18_mesa_p (Valle Marineris) che vi proponiamo nella versione
ridotta.
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Fig. 1: immagine
ob_18_mesa_p (versione ridotta). Credits ESA
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A prima vista sembra una normale ricostruzione 3D di una fetta della
Valle Marineris. Eppure, come Piccaluga stesso afferma, la versione Hi-Res ha
mostrato alcuni particolari molto interessanti e, all’apparenza, sconcertanti.
Nella parte in alto del frame, proprio sul bordo che inizia a
scendere a SX ci sarebbe una curiosa struttura a gradoni.
Vorremmo aprire una breve parentesi: poiché la scoperta di
questa struttura non ha avuto sostanzialmente nessuna rivendicazione prima
della pubblicazione di “Ossimoro Marte” essa è stata depositata sotto Copyright
presso le Edizioni Hera. Se dunque è l’Ing. Ennio Piccaluga ad averla notata per
primo (in qualità di Privato Cittadino e non come Tecnico ESA) gliene diamo
merito. Naturalmente il frame originale è Copyright ESA e di pubblico
dominio.
Secondo l’Ing. Piccaluga potrebbe trattarsi di uno ziqqurrat e in
effetti la somiglianza c’è. Ma il problema è, lo
ripetiamo, di chiara matrice Metodologica. Per tentare di gettare una prima
sommaria valutazione ci sarebbe stata di preziosissima utilità una serie di
immagini RAW autentiche. Invece l’ESA non si è spesa più di tanto nel fornire le
immagini "reali" (magari verranno in seguito, ce lo auguriamo), e nemmeno una serie di immagini prospettiche in sequenza, onde
effettuare comparazioni incrociate. Chissà il perché… E già questo preclude un
giudizio obiettivo. Dunque come si potrebbe affrontare e sorvolare il problema?
Noi abbiamo avuto un'idea molto interessante che renderemo nota al momento
opportuno... Se volete saperne di più continuate a seguire gli sviluppi della
faccenda.
Nell’immagine denominata ob_18_mesa_v (ad alta risoluzione) abbiamo
la rappresentazione prospettica dello stesso panorama precedente visto però dall’alto.
E’ curioso, ma se esaminassimo attentamente il frame parrebbe che lo
“ziqqurrat” non si veda proprio più. Motivo? Guarda caso… quella porzione
di terreno
sembra essere appena fuori perimetro! Quindi, volendo applicare una metodologia
comparativa più accurata siamo costretti a rimanere “a bocca asciutta”,
impossibilitati nel tentare di
concludere granché. In sostanza mancano tanti (forse troppi) elementi probatori.
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Fig. 2: immagine
ob_18_mesa_v (versione ridotta). Credits ESA
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Sinceramente Ennio Piccaluga è da rispettare ed apprezzare
perché, se non altro, ha avuto il coraggio di dire a petto in fuori la sua
opinione. Che poi, tecnicamente parlando, sia un’interpretazione discutibile o
errata (a seconda delle varie opinioni e dei vari punti di vista), questo
potrebbe essere, prima di tutto, la diretta conseguenza della maniera in cui l’ESA
fornisce la propria documentazione e, probabilmente, anche di una piccola dose di leggerezza
(o troppa sicurezza) manifestata dall’Autore. Ok, ammettiamo che sia così: e se
invece avesse ragione?
Per buona pace di tutti abbiamo l’assicurazione dello stesso
Ennio Piccaluga che tale apparente “leggerezza” (o troppa sicurezza) non è stata dettata da imperizia e/o sensazionalismo
gratuito, bensì da una ragione anzitutto di sintesi nel presentare il materiale
esposto nel libro. In più, per chi non lo sapesse, in questo campo (come nella musica,
dato che chi ha scritto questo articolo è un musicista produttore) si lotta
sempre contro il tempo. Chi
tutela per primo idee, scoperte, musica, ecc... ne acquisisce dei diritti legali.
Piaccia o no, le cose funzionano così.
Noi avremmo forse seguito altri
criteri identificativi o interpretativi però, in qualche misura, dobbiamo saperci assumere la responsabilità di
ciò che pensiamo. Se ce ne fossimo accorti per primi cosa avremmo scritto nelle
nostre pagine web? Vedete come è semplicistico fare della scontata dietrologia?
E' palese che, qualora le prove a favore dell'artificialità delle strutture
identificate si dimostreranno infondate, la magra figura ricadrebbe su chi (o
coloro) che le hanno sostenute; oppure si potrebbe assistere ad un nuovo "tira e
molla" come è stato (ed è tuttora) per la "Face" di Cydonia. Ma
se, invece, fossero vere... indovinate chi dovrà ingoiare il boccone amaro!
Durante la conferenza di Capestrano l’Ing. Piccaluga ha affermato
che diverse immagini da lui commentate nel libro sono sparite dal sito
dell’ESA. Ce ne siamo sincerati ed effettivamente è proprio vero! Perché? Forse
all’ESA stanno rinnovando gli archivi? Forse i particolari di queste immagini
sono compromettenti e facilmente fraintendibili, al punto che era meglio
rimuoverle? Chi può dirlo. Ma di una cosa siamo certi: ciascuno deve assumersi
le proprie responsabilità per ciò che mette a disposizione del pubblico, che si
tratti di Privati come noi o che si tratti di Enti Pubblici o Enti Spaziali (oltretutto
finanziati con i soldi dei Cittadini Europei).
Comunque non siamo molto convinti che le immagini siamo sparite a motivo del
libro “Ossimoro Marte” perché altre (commentate nel libro) sono tuttora
presenti, però potremmo anche sbagliarci. Per esempio queste due di fig. 3 e fig. 4
al momento sono ancora disponibili on line (chissà, forse spariranno
pure quelle...). D'altro canto lo stesso
Ennio Piccaluga ha spiegato, mentre ne discuteva con l'Autore di questo
articolo, che è la grande diffusione delle immagini stesse ad aver determinato
la loro permanenza negli archivi web dell'ESA. Evidentemente quelle relative
alla Valle Marineris non erano ancora molto conosciute e diffuse, quindi si
arriva facilmente a capire il resto...
Fig.
3:
Mons Olympus. Credits ESA
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Fig. 4: Juventae Chasma. Creddits ESA
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Secondo l’Ing. Piccaluga sia alle pendici del Mons Olympus che
nella Juventae Chasma si troverebbero rispettivamente probabili resti di enormi
prese d’aria e di una miniera. Perchè l’ESA avrebbe tolto alcune immagini
“compromettenti” lasciandone altre ugualmente “compromettenti”? Sarà pure
una nostra legittima domanda retorica…
Sarete d’accordo che, se quanto sostiene Ennio Piccaluga fosse
vero, qui ci sarebbe letteralmente da mandare a casa tutti e riscrivere daccapo
tutto. Vi rendete conto di cosa vuol dire? Significherebbe buttare via interi
patrimoni di libri di Storia, Scienze ecc... Sarebbe un florido buisness per
molti Editori, ma un disastro economico per altri che dovrebbero reinvestire
ingenti quantità di denaro per riscrivere quei libri (e chissà cos'altro). La posta in gioco sarebbe troppo alta quindi, fra i vari mali, il meno
doloroso poteva essere quello di rimuovere qualche immagine “scabrosa”. Oppure
all’ESA si è deciso di far sparire le immagini per Loro ragioni di Copyright.
Vedete quante ipotesi che si possono avanzare?
Anche la presunta “Città GV”, individuata nel frame ob_18_mesa_p,
è stata oggetto di pesanti critiche perché la metodica utilizzata non avrebbe trovato,
tra l’altro, nessun riscontro nel frame ob_18_mesa_v. Anzi in un forum di
Appassionati sono state proposte immagini che riproducevano le stesse linee
ortogonali realizzate dagli stessi utenti, dimostrando che la “città” potrebbe
essere nient’altro che il risultato di deformazioni o distorsioni sulle
elaborazioni 3D operate dei tecnici ESA. Va bene, ammettiamo che sia così come sostengono nel forum: allora cosa ci
farebbe vedere l’ESA? Voi capite che 1) o è vera una cosa 2) oppure è vera l’altra.
Cioè: o la
città GV esiste oppure non esiste! Non può contemporaneamente esistere e non
esistere. Vi pare?
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Fig. 5: immagine
ob_18_dol_p (versione ridotta). Credits ESA
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Nell’immagine ob_18_dol_p si annoverano due altri particolari apparentemente
curiosi e, in definitiva, interessanti. In questo frame sarebbero visibili una struttura a “rampe”
simile alle antiche costruzioni mesopotamiche (in alto verso DX) ed una struttura simile ad un
hangar (poco sotto il cratere situato in alto a DX). Peccato però che essa
presenti nel suo insieme, ed in diversi punti, evidenti tracce di distorsioni
sulla texture del terreno. Questo fatto è valido anche per le
altre immagini e ci induce fortemente a diffidare delle ricostruzioni offerte
dall’ESA. In altre parole può anche essere che Piccaluiga abbia ragione, ma se
volessimo onorare una possibile
scoperta di indubbio valore, effettuando una meritata "prova del 9", a quale Santo
dovremmo rivolgerci per
approfondire l’argomento? E non è per ignoranza nostra, ma per mancanza di
materiale utile a fare uno studio incrociato e completo.
Guarda caso... la struttura "a rampe" non è confermabile
attraverso il confronto con la versione ob_18_dol_v perché pare che anche questa
struttura sia situata poco oltre il perimetro estremo
dell’immagine stessa!
Per correttezza rammentiamo che anche le strutture del frame ob_18_dol_p sono state
tutelate da Copyright, sempre presso le Edizioni Hera, in quanto particolari inediti individuati da Ennio Piccaluga.
Però vale lo stesso principio già esposto che il frame originale è di proprietà
ESA e di pubblico dominio.
Ad ogni modo ci chiediamo se veramente si tratta di strutture
artificiali oppure, come abbiamo motivo di ritenere sopratutto per mancanza di maggiori
prove fotografiche, di difetti, deformazioni e
distorsioni operate nella ricomposizione 3D. Lasciamo la domanda in sospeso per
ulteriori studi ed approfondimenti futuri. Siamo certi che su questo
affascinante argomento si farà piena luce.
PROSPETTIVE PER
L’ESOARCHEOLOGIA
Nel caso che svilupperemo una vera Metodologia di raccolta,
catalogazione, analisi comparata e critica, qualora cercheremo tutte le fonti
che potranno offrire spunti di studio e confronto, avvalendoci naturalmente
dell’esperienza maturata da Esperti nei settori delle Scienze tradizionali,
probabilmente l’eso-archeologia potrebbe avere uno sviluppo ed un futuro molto interessanti. Rammentiamo che la nostra categoria di Appassionati Ricercatori
Indipendenti non gode e non godrà MAI di vera autonomia poiché le Fonti Primarie
di dati sono, e resteranno probabilmente,
la NASA e l’ESA. Forse si aggiungeranno nuovi
concorrenti come Cina, Giappone e India.
Inoltre questo articolo non è destinato a denigrare le Persone
che hanno scritto libri sull’argomento e nemmeno per far gongolare dalla gioia gli
skeptiks; lo stesso Autore è un sostenitore
dell’Archeologia Spaziale. Ma sostenere può assumere vari significati, non Vi pare?
Sostenere non vuol dire essere ingenui e creduloni; non vuol dire
difendere a tutti i costi le opinioni altrui se esse potrebbero necessitare di
un raffinamento e di un miglioramento; non vuol dire essere chiusi alle
critiche altrui prendendo a male la diffidenza e i dubbi dei “non credenti”. Per
fare un paragone casereccio è come quando si affilano i coltelli alla vecchia
maniera: lama con lama.
Ma non pensiamo che, siccome Qualcuno ha avuto la fortuna di
ricevere un contratto editoriale (come è stato per Gianni Viola e per Ennio Piccaluga),
ha trovato automaticamente la gallina dalle uova d’oro… Per guadagnare qualche manciata di Euro bisogna che il libro venda tante copie
nell’ordine di almeno 1 seguito da quattro zeri! E anche se fosse, cosa c’è di
male? Se fossimo noi ad aver scritto un libro su un qualsiasi argomento di
nostro interesse non vorremmo che abbia successo in tiratura e vendite?
L’esplorazione del Sistema Solare è appena agli inizi è c’è
ancora tanto, troppo da conoscere; eppure noi Uomini vanagloriosi e
“sapientoni” crediamo di sapere tutto e di poter insegnare ogni cosa… quando
invece abbiamo solo da stare zitti e ascoltare il Grande Silenzio dello Spazio
che ci parla di Sé e dei suoi infiniti misteri. Nel Primo Articolo (quello
apparso su Lunar Explorer Italia) avevamo
messo a nudo la nostra natura di Esseri dediti alla Perenne Contraddizione di
noi stessi e delle nostre eterne paure consce ed inconsce. Forse la fuori
veramente c’è, nascosto nel nostro futuro, il nostro stesso passato.
Chiudiamo questo articolo sperando che possa costituire uno
sprone al miglioramento, alla crescita ed alla nascita di un settore che non si
confonda inutilmente con la “fuffa” scientifica e culturale oggi così
dilagante.
E per finire vorremmo rammentare a Coloro dai quali noi
Ricercatori Indipendenti, fortunatamente e sfortunatamente, “dipendiamo” (nella
perenne attesa delle ultime novità provenienti dalla Luna, da Marte, da Giove e
Saturno), che pur da “poveracci e ignoranti” non siamo NE’ STUPIDI E NEMMENO
COSI’ INGENUI come forse si potrebbe pensare…
Cosa ci prospetta il futuro? Lo sapremo solo se resteremo in
attività. E per l’eso-archeologia tutto dipenderà da come noi ci sapremo
muovere e trattare il materiale che ci viene proposto dagli Enti Spaziali,
senza inutili clamori e senza abboccare ingenuamente ad ogni nonnulla. Forse
Loro sanno già… mentre noi qui ci picchiamo stupidamente per quattro sassi e
una manciata di sferule! E mentre ci scanniamo per
la Faccia di Marte e
continuiamo a rovinarci le nostre di facce, là nei Centri di Controllo NASA ed
ESA si discute su quale immagine mettere in Rete e quale no, su come digitalizzare
Marte e non mostrare immagini vere, su come taroccare i colori del paesaggio e
perpetuare il mito del “Pianeta Rosso”… e vivere felici e contenti!