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Come già avemmo occasione
di scrivere in passato, la Professione di “Anomaly Hunter”
(vedi nota 1) 1) in accordo ai dettami
ed alle Leggi di una di quelle Scienze che appartengono alla
Famiglia delle “Scienze Convenzionali” (o “Positive” –
tipo: la Fisica, l’Astronomia, la Chimica, la Biologia etc.),
oppure non solo non è una Professione semplice (anzi…), ma è – anche ed addirittura – una Professione rischiosa. Già, molto rischiosa, da
almeno due punti di vista: uno, soggettivo, che è dato dal tipo
di approccio/analisi impiegato/a dall’Anomaly Hunter per
valutare le immagini ed interpretarle; un altro, oggettivo, che
è dato dal risultato finale dell’analisi. Ci spieghiamo meglio: se
l’Anomaly Hunter fosse, tendenzialmente, uno “Scettico”,
le sue basi scientifiche ed umanistiche molto probabilmente lo
orienteranno, durante lo svolgimento del lavoro, in maniera
netta verso il pragmatismo e l’analisi lineare
dei dati disponibili. Nota 2: devono intendersi per Anomalìe “tutti quei rilievi e/od oggetti posti sulla superficie di un qualsiasi Corpo Celeste – Terra inclusa – le cui caratteristiche esteriori ed apparenti inducono l’Osservatore ad escludere la loro origine naturale (rectius: origine riconducibile a processi geologici in senso ampio e/o climatici) e/o il loro essere “indigeni” del luogo in cui essi appaiono e/o si trovano nel momento in cui sono stati scoperti/individuati”; devono intendersi per “Singolarità”, invece “tutti quei rilievi e/od oggetti posti sulla superficie di un qualsiasi Corpo Celeste – Terra inclusa – aventi un’origine naturale, ma le cui caratteristiche esteriori ed apparenti inducono l’Osservatore a ritenere che, su di essi, possano essere intervenuti processi modificativi diversi ed ulteriori rispetto a quelli geologici in senso ampio e/o climatici”. E’ altrettanto ovvio che,
laddove l’ipotetico Anomaly Hunter fosse un “Believer”
(e cioè un “Credente”, un tipo alla Fox Mulder
– l’investigatore dei famosi telefilm “X-Files”
– tanto per intenderci…), le sue basi scientifiche ed
umanistiche lo orienteranno, sempre durante lo svolgimento del
lavoro, ad operare un’analisi dei dati disponibili la quale sarà
(ovviamente) più “immaginifica” e meno
lineare. Questo significa che i risultati delle sue analisi, quali che sìano (fatta salva l’esistenza ed il rispetto dei requisiti di Razionalità e Logicità delle stesse), saranno sempre e comunque dei risultati “ACCETTABILI” (vedi nota 3). Nota 3: il compito ed il ruolo del Ricercatore/Divulgatore, nel campo specifico dell’Anomaly Hunting ed in quello più generale della Scienza di Confine, NON ricalcano quelli dello Scienziato Convenzionale: le “Leggi” che si applicano alle due Figure Professionali, al pari dei contesti in cui essi operano, sono molto diverse. Questo significa che l’elemento qualificante di un’Analisi svolta da un Anomaly Hunter (ossìa un Operatore della Scienza di Confine) non dovrà essere cercato nella sua “Scientificità Assoluta” (una verifica impossibile, in quel contesto), bensì nella “Razionalità e Logicità Interna” dell’analisi stessa. Laddove l’Analisi in oggetto presenti le caratteristiche della Razionalità (degli scopi e dei contenuti) e della Logicità (dei mezzi e dei processi adottati nonché delle conclusioni raggiunte), potremo dire che l’Analisi è ACCETTABILE. Quest’ultima digressione
sul requisito della “Accettabilità” è necessaria per evitare le
solite (e sovente solo pretestuose) risse dialettiche che
occorrono allorché un Anomaly Hunter pubblica/divulga i
risultati di alcuni suoi Lavori. Lo scopo di questa lunga, ma riteniamo utile, premessa, è quello di tracciare i confini Logici e Metodologici del Lavoro che viene svolto da un Ricercatore di Frontiera/Anomaly Hunter. Ed ora passiamo al nostro caso specifico, forse uno dei più eclatanti degli ultimi anni: la vicenda delle “(possibili) Strutture Aliene” individuate (da un Anomaly Hunter Italiano, il Sig. Alberto Pilolli), sull’Asteroide 433-EROS, durante la perlustrazione del medesimo effettuata dalla Sonda NASA “NEAR – SHOEMAKER”. Il Sig. Pilolli, che non conosciamo di persona ma della cui Buona Fede non intendiamo dubitare, esaminò una serie di frames NASA i quali, a suo dire, costituivano e contenevano delle palesi evidenze (evidenze = prove, nell’ottica dello Scopritore) dell’esistenza di “strutture NON naturali” su un piccolo asteroide conosciuto con il nome di “433-Eros”. Così almeno lui disse e
scrisse, quando tentò di interfacciarsi con la NASA
per discutere la sua (potenzialmente epocale) Scoperta. IMAGE N. 132 577 092 Caption NASA Originale: “This image of Eros, taken from the NEAR Shoemaker spacecraft on May 1, 2000, is among the first to be returned from “low orbit.” Between May and August, the spacecraft will orbit at altitudes near 50 Km (about 31 miles) or less. This will be the prime period of activity for some of the spacecraft’s science instruments. The X-ray / gamma-ray spectrometer will build up maps of chemical abundances, while the laser rangefinder measures the shape of Eros to within meters (a few feet). At the same time the magnetometer will watch for indications of Eros’ magnetic field and the near-infrared spectrometer will map rock types. The imager will take pictures of the entire surface of Eros that capture features as small as 4 meters (13 feet) across. This particular image, taken from an orbital altitude of 53 Km (about 33 miles), shows a scene about 1,8 Km (1,1 miles) across. Numerous craters and boulders as small as 8 meters (26 feet) across dot the landscape. The large, rectangular boulder at the upper right is 45 meters (148 feet) across”. Il frame 132577092
contiene, a nostro avviso, il rilievo superficiale più
intrigante tra quelli evidenziatisi durante l’intera Missione (e
presi in esame anche dal Sig. Pilolli) e la sua
spiegazione, in effetti, può risultare difficile (a e per
chiunque: e cioè senza distinguere fra Scienziato
“Convenzionale” ed “Anomaly Hunter”), ma una cosa va detta
subito e si tratta di una premessa metodologica: attraverso la
mera Analisi Fotografica – per quanto accurata essa possa essere
– di un rilievo FORTEMENTE AMBIGUO, non si potrà (praticamente)
MAI giungere ad alcuna Certezza. Al limite, e lavorando al
massimo delle proprie capacità e potenzialità, si POTRA’
arrivare a dire “CHE COSA un certo oggetto – come nel caso di
specie – NON E’”. Si tratta di un “Errore Tecnico”, poiché nessun Anomaly Hunter potrà MAI giungere ad asserire con ASSOLUTA CERTEZZA un fatto simile sulla sola base delle immagini (ivi, peraltro, sulla base di UNA SOLA immagine!); ed è un “Errore Tattico” perché – e questo lo abbiamo sperimentato di persona – contattare la NASA (rectius: qualcuno dei “Cervelloni” della NASA) dicendo “Ho scoperto un rilievo non naturale – e cioè artificiale e quindi, in questo ed in altri casi similari, “alieno” per definizione – in una delle Vostre immagini”, significa: 1) parlare apertamente di
qualcosa che – e questo lo sanno proprio tutti, sin dagli Apollo
Days… – costituisce una “Materia Proibita” o, se preferite, la
Materia del “No-Comment per definizione” per TUTTO il personale
NASA; Questo significa che la “Tattica” migliore da adottarsi in tutti i casi in cui un Anomaly Hunter ritenesse di aver scoperto qualcosa di realmente interessante, è quella della VERIFICA INTERNA (e cioè con il proprio Gruppo di Lavoro e/o, comunque, con qualche Amico e Collega – possibilmente Esperto della Materia), seguita dalla eventuale DIVULGAZIONE della Scoperta verso il Pubblico (per valutarne le reazioni e perchè, molto spesso, l’Anomaly Hunter – TUTTI gli Anomaly Hunters, anche quelli più bravi, smaliziati e dotati di mezzi ed esperienza –, con il tempo, finisce/finiscono con il diventare un po’ “prigioniero/i” della sua/loro “visione delle cose del cosmo” e quindi necessita/necessitano di sguardi ulteriori e disincantati. A volte, magari, anche “palesemente ostili”. L’unica cosa da NON FARE è quella di contattare la NASA (o l’ESA, o chi per esse), perché, delle due l’una: 1) o NON si riceverà
MAI risposta alcuna (un fatto mortificante, alla lunga…) Ciò detto, passiamo
all’analisi del rilievo anomalo di cui al frame 132 577
092. Entrambi i frames, purtroppo, evidenziano (come potete vedere Voi stessi) un livello bassissimo di risoluzione (specie, naturalmente, quello panoramico), ma la assoluta peculiarità del rilievo potenzialmente anomalo appare decisa e chiara in entrambi. Ora, tanto per usare un approccio quanto più possibile “scientifico”, diciamo subito che non è possibile parlare di “artificialità” del rilievo in questione usando solamente queste due immagini (se lo facessimo, oltre a dimostrare una scarsa dimestichezza con le tecnicalità proprie del Lavoro dell’Anomaly Hunter, utilizzeremmo anche uno schema logico che già avemmo occasione di stigmatizzare e condannare in passato e cioè quello che vuole che si parta da una conclusione (ivi: “il dettaglio E’ artificiale”) e poi si vada a cercare gli elementi che la supportano e solo essi. Uno schema logico “inverso” e quindi assurdo, che scartiamo subito. E allora? Che cosa
possiamo fare o dire? Beh, tante cose! Vediamone alcune… L’albedo di un oggetto è
importante (in chiave di Anomaly Hunting), come ovvio, NON “in
sé”, ma in relazione all’ambiente in cui l’oggetto si trova. CONCLUSIONE
PRELIMINARE: il rilievo che stiamo analizzando (dato
che le immagini disponibili lo inquadrano da notevole distanza e
quindi NON E’ POSSIBILE SCENDERE NEL DETTAGLIO DELLE SUE
FATTEZZE SENZA “TIRARE AD INDOVINARE”) è “anomalo” SOLO in
ragione della sua albedo. Proseguiamo. Il rilievo, nel frame NON
panoramico (e cioè l’immagine con il seriale n. 132 577
092), SEMBRA mostrare una singolare e duplice linearità
nella sua porzione maggiore (e superiore: come si vede nel
detail mgnf in b/n). Esso, infatti e ad un’osservazione
sommaria, SEMBRA essere costituito, nella sua parte “Nord”, da
due rettangoli (o “dischi”?) affiancati mentre una sorta di
“scivolo” di color bianco brillante si diparte dal suo lato Sx –
Sud (Dx dell’Osservatore) e va a conficcarsi nel suolo. Ahinoi, no. Proprio no.
Decisamente no. Comunque sia, operando anche una modesta magnificazione del dettaglio e dei suoi dintorni (modesta onde evitare la “frammentazione” del frame), abbiamo appurato quanto segue: 1) il rilievo controverso è tutt’altro che lineare e simmetrico (come appariva ad un’esame superficiale): si tratta di un boulder (un “macigno”) di dimensioni medio-grandi la cui base, che giace in ombra, è caratterizzata da una forma alquanto irregolare (marcata in rosso nel dettaglio magnificato di cui sopra); 2) la porzione superiore del macigno – che ha un’altezza compresa (riteniamo) tra i 18 ed i 23 metri (abbiamo calcolato l’altezza del rilievo conoscendo la lunghezza dell’ombra che proietta ed operando un’assunzione sull’angolo di incidenza solare nel punto dove esso sorge) – è illuminata dal Sole radente e, grazie ad un effetto ottico tanto comune, quanto ingannevole – provocato dall’azione congiunta fra il contrasto estremo ombra/luce che coinvolge il particolare, al quale si va ad unire una povera (davvero MOLTO povera…) risoluzione –, essa finisce con l’apparire, nel frame, liscia e regolare quando, invece, non lo è affatto; 3) l’apparente divisione della porzione in luce del rilievo controverso in due rettangoli (o dischi) è soltanto la conseguenza di una frattura (“crack”) piuttosto regolare che caratterizza la sommità del boulder (esiste anche un secondo “crack”, circa ad ore 04:00 del boulder, anch’esso evidenziato in rosso nel dettaglio magnificato di cui sopra). CONCLUSIONE DEFINITIVA: il rilievo di cui al frame 132 577 092 NON E’/NON COSTITUISCE un’Anomalìa, bensì (se stiracchiamo un po’ il concetto…) una semplice Singolarità Superficiale la quale è, al tempo stesso, il frutto di un acuto ed ingannevole contrasto fra la porzione del suolo in luce e quella che invece giace nell’ombra ed a cui – purtroppo – deve essere abbinata (quale elemento decisivo nella creazione della, a questo punto evidente svista) una estrema povertà di risoluzione del frame NASA originale. IMAGE N. 013 292 6922 Caption NASA Originale: “Though NEAR Shoemaker returns
images that reveal a wealth of detail about the landforms on Eros’
surface, appreciating the scale of these features can be a little
difficult without roads, buildings, trees or other familiar landmarks. Difficile dire, almeno a prima
vista, quale sia (e perché) il particolare di questo frame che ha
“intrigato” così tanto il Sig. Pilolli e tanti altri
Appassionati ma, come l’esperienza insegna (e come abbiamo cercato di
dimostrare poco fa…) alle volte l’elemento interessante – e/o decisivo –
nella definizione e per la comprensione del frame non è (e non deve
essere ricercato necessariamente) in un oggetto/rilievo in sé, quanto
nell’ombra che esso proietta. Non è così: è bastato infatti effettuare una modestissima magnificazione del frame (vedi l’immagine qui di sopra) per scoprire che ciò che abbiamo davanti NON E’ AFFATTO una “sfera, bensì – ed ancora una volta – un boulder di medie dimensioni e dall’albedo molto elevata (ma, in questo caso, NON più elevata dell’albedo visuale media del panorama a cui esso accede) il quale, di forma simile a quella di un parallelogramma, giace semi-infossato e leggermente inclinato sul suo lato corto e quindi viene a configurarsi, per chi lo osserva dall’alto, come una sorta di struttura colonnare (diremmo molto simile, concettualmente, al famoso “Monolito di Phobos”). Una struttura che, quindi, sviluppandosi tanto (o forse addirittura di più) in altezza quanto (o piuttosto che) in larghezza, nel caso di specie può dare l’impressione (ma SOLO l’impressione!) all’Osservatore di “levitare”, mentre è in realtà BEN PIANTATA sulla superficie di 433-Eros. Potremmo scendere ulteriormente in
dettaglio (magari analizzando l’altro rilievo ad albedo elevata che si
trova quasi sulla perpendicolare di questo – comunque curioso –
“capitello”), ma non crediamo che sia necessario. Suggeriamo a tutti gli Anomaly Hunters in fieri di annotarsi questa piccola Legge, onde evitare di cadere in tranelli ottici i quali, alla fine, non depongono a favore dell’acutezza del Ricercatore quanto, piuttosto e purtroppo, a favore della sua scarsa/nulla esperienza nell’analisi di immagini in arrivo dallo Spazio. IMAGE N. 013 403 0614 Caption NASA Originale: “Pictures taken during the
low-orbit phase of NEAR Shoemaker’s mission to Eros are revealing the
true appearance of an asteroid’s surface. Eros is turning out to have
diverse surface types ranging from flat to hilly, smooth to rocky, and
monotonously cratered to unique in character. Ora, senza voler essere né
“cattivi”, nè troppo “pignoli”, noi dobbiamo dire subito che di
“parabolico” e di presumibilmente artificiale, nel dettaglio in oggetto
– agendo con la più piena Onestà Intellettuale e cercando altresì di
essere il più possibile Open-Minded –, non riusciamo a vedere
proprio nulla. Specie se questa “soggettività” agisce in campo libero… E si, perché esistono anche TANTI altri elementi che sono pure ESSENZIALI e che quindi costituiscono una porzione FONDAMENTALE dell’”in sé” del Lavoro di Anomaly Hunter. Quali? Ok: per essere un buon Anomaly Hunter, occorre possedere quel complesso di elementi che, nel loro insieme, consentono all’Osservatore/Ricercatore di vedere una pietra e di riconoscerla come tale (per bizzarra che sia la sua forma, la sua posizione, il suo colore etc.). In quest’ultimo frame che andiamo
a considerare, quindi (non diciamo “analizzare” poiché, onestamente ed
in un simile caso, l’idea di spendere del tempo per giungere a
dimostrare che il rilievo contraddistinto dalla lettera “P” e che sembra
un macigno è, effettivamente, un macigno, ci è sembrata davvero non
buona…), vogliamo solo portare la Vostra attenzione sul mosaico
comparativo che abbiamo preparato e che potete vedere qui di seguito,
alla fine di questa piccola prolusione. Si. Ma, una volta recuperata la Calma e la Razionalità, usando gli strumenti adatti (e disponibili) e, soprattutto, adottando l’approccio giusto (che è equilibrato, non aprioristicamente “scettico” – se possibile – ma neppure rivolto alla più totale – ed irrazionale, ahinoi – Immaginificità…), si può ancora riuscire a vedere, nonostante i giochi di luce, i chiaro/scuri, i vizi prospettici e le deformazioni degli oggetti che sono alcune delle risultanti della scarsa qualità delle immagini esaminate, che 1) un “sasso” (come quello indicato dalla lettera “P” nel frame 013 403 0614) è, e rimane sempre, nel tempo, un “sasso”; 2) QUEL sasso “non ruota affatto su se stesso”, ma è l’angolo di ripresa adottato dalla Sonda che, agendo in combinazione con il diverso livello, grado ed angolo di illuminazione della scena, a poter dare/suggerire quella impressione – IMPRESSIONE: si badi! – ad un Osservatore inesperto e, sebbene agente in perfetta Buona Fede, decisamente poco accorto e razionale. CONCLUSIONI Gli ultimi chiarimenti, a questo punto, dopo aver svolto tutte le necessarie precisazioni, contestualizzazioni ed osservazioni sui rilievi controversi, non possono che essere rivolte alla metodologia di analisi adottata in primissima battuta (e cioè all’atto della presunta scoperta) ed alle caratterizzazioni proprie dell’approccio usato. Dobbiamo dire che Il Sig. Pilolli ha sicuramente avuto un ottimo occhio, ha fornito chiaramente i seriali delle immagini con i loro dati contestuali, ed ha infine espresso, procedendo – di fatto – in maniera (quasi) scientifica, le sue teorie e conclusioni. Tutto questo noi lo valutiamo positivamente poiché, in questo caso – come in qualsiasi altro ed a prescindere dal fatto che le osservazioni sulla possibile esistenza e magnitudine di Anomalie fossero più o meno corrette (o più o meno erronee) -, questo tipo di chiarezza e precisione iniziali, oltre ad essere indicative di una ESSENZIALE e SOSTANZIALE Buona Fede, risultano poi fondamentali ai Ricercatori che verranno e che, con i loro contributi, arricchiranno la querelle di ulteriori approfondimenti, punti di vista, ipotesi e speculazioni. Il “pane”, insomma, per i successivi confronti. In linea meramente generale, inoltre, e forse un po’ paradossalmente (o forse no…), vogliamo stigmatizzare la circostanza per cui, nonostante l’avvento del World Wide Web – il quale consente non solo una rapida ed esponenziale crescita della Cultura e dell’Informazione, ma anche (volendo…) un “Confronto su Scala Mondiale ed in Tempo Reale” tra i Ricercatori di Frontiera –, noi, ormai quotidianamente, osserviamo – con una grande amarezza… – un crescendo spaventoso di “rivelazioni inconsistenti” (ed ai limiti della presa in giro), di “pseudo-anomalie”, tanto pubblicizzate ed eclatanti, quanto, spesso, anonime – e cioè prive delle informazioni minime le quali consentano al Professionista dell’Anomaly Hunting l’effettuazione delle MINIME e NECESSARIE VERIFICHE – e di spessore tecnico e scientifico veramente nullo (l’ultima, che ricorderete tutti, era il “Marziano che cammina” ripreso dal Rover Spirit nella Regione di Gusev Crater). E certo non dimentichiamo alcune “baggianate planetarie” le quali, oltre a rivelarsi sempre più spesso delle boutades completamente prive di fondamenta logiche e fattuali, non presentano neppure il minimo cenno al loro contesto di riferimento (e qui non parliamo della Missione o del Seriale fotografico, ma almeno della PROVENIENZA del frame – si noti che abbiamo recentemente letto, su un paio di Forum Italiani, delle “discussioni” relative a presunte Anomalìe Planetarie in cui gli Utenti analizzavano (!) un’immagine senza neppure conoscerene la proveninenza ed ignorando a quale Pianeta essa si riferisse…). Dobbiamo dunque concludere che, a dispetto delle potenzialità esistenti, la Divulgazione della Cultura nel Campo della Ricerca di Frontiera in generale e dell’Anomaly Hunting in particolare, così come è stata ed è attuata attraverso il Web (o, come qualcuno lo definisce, la “Information Super-Highway del XXI Secolo”…) abbia fallito? In parte, certamente si. Almeno per ora e per il momento. La realtà, a nostro modo di vedere, è che, a dispetto del fatto che oggi si possa reperire, con facilità ed un po’ ovunque (e cioè dai siti web degli Anomaly Hunters “amatoriali”, ai “raffinati” mega-spazi-web costruiti da blasonati Ricercatori – accreditati e non), una mole impressionante di dati e notizie, altrettanto si assiste ad uno sconcertante livellamento verso il basso della qualità degli Studi, delle Ricerche e delle Analisi che vengono svolte sull’Argomento. Studi, Analisi e Ricerche le quali, malgrado l’impegno e la passione di milioni di persone, si rivelano sempre più spesso inconsistenti, inutilmente (e sfacciatamente) “commerciali” e, nel complesso, caratterizzate da una globale mediocrità. Un esempio di recentissima
“informazione e divulgazione-spazzatura” (oltre al “Marziano di Gusev
Crater”)? E non solo! Il peggio (ai limiti
del cattivo gusto) è stato raggiunto con il tentativo (velleitario, ma
persistente) di alcuni pseudo-ricercatori (degli autentici cialtroni, se
si vogliono chiamare con il loro nome) i quali hanno parlato di presunte
manipolazioni dei frames Phoenix. Ma ci pensate? L’Ente Spaziale più grande ed importante (e potente) del Mondo, il quale, deliberata (non si sa come né da chi) la necessità di “censurare” alcune immagini, affida l’esecuzione del cover-up a qualche poveraccio armato solo di Buona Volontà e di “sfumini” digitali… Ma andiamo: cerchiamo di essere razionali, se non altro! Che il cover-up, a qualche livello
(o, forse, a più livelli) esista, possiamo essere (anzi: siamo)
d’accordo. E poi, pensateci, forse non proprio tutti quelli che lavorano per la NASA sono degli incompetenti al punto che qualsiasi adolescente, standosene a casa propria, bello seduto e tranquillo davanti al suo pc, può smascherare in “5-minuti-5” di lavoro… Siamo anche intervenuti, in una di queste argute discussioni, per affermare (poco prima della conferma della stessa NASA) che il bagliore al quale accennavamo era solo la Backshell della Sonda Phoenix che splendeva nel debole Sole di Vastitas Borealis e che quindi, oltre a denigrare gli Americani, avremmo anche dovuto esporre – se c’erano – le nostre analisi e teorie, dato che “tutti si sentivano furbi ed esperti”. Fu un intervento volutamente
polemico dal quale ci aspettavamo le (solite) male risposte ed
invece…Invece la (pur frequentatissima) discussione si fermò. Gelata. La morale: per giocare a fare gli
Scienziati che criticano, sono buoni (quasi) tutti; ma ad interpretare
il ruolo dei Ricercatori che lavorano, analizzano, costruiscono con
fatica e sacrificio e quindi sostanziano (nel BENE e nel MALE) le
proprie idee ed ipotesi…Sono buoni in pochi. Concludendo (questa volta
definitivamente), noi riconosciamo al Sig. Pilolli,
nella vexata quaestio che è nata dall’analisi di alcuni frames
relativi all’Asteroide 433-Eros, che (se non altro per
cura e coraggio), le sue idee e teorizzazioni – sebbene da noi NON
CONDIVISE, NE’ (OGGETTIVAMENTE E DATI ALLA MANO) CONDIVISIBILI –
meritano comunque rispetto. Quello che probabilmente, ed a nostro avviso, ha determinato il verificarsi di una serie di errori a cascata, è stata una letale combinazione di “cattivi elementi” (tra cui la fretta di concludere, l’ansia di scoprire e di divulgare per primi etc.) i quali, alla fine, anzichè “sostenere e supportare la Scoperta”…l’hanno affossata. Sul nascere. Un cocktail di componenti psicologiche e tecniche negative che, unito all’impiego di una metodologia investigativa imperfetta (poiché, riteniamo, troppo “frettolosa”, “artigianale” ed “A-tecnica”), ha trasformato l’analisi di rilievi comunque intriganti, in una sorta di “Crociata Pro Veritate”, laddove la parte dei cattivi l’hanno – as usual… – interpretata gli Americani e la NASA, mentre la parte del “buono” – minacciato da forze oscure prima e sbeffeggiato poi - se l’è presa sulle spalle il Sig. Pilolli. Peccato. Peccato perché sarebbe bastata una maggiore analisi dei dati disponibili, l’effettuazione di alcune ulteriori ed essenziali verifiche contestuali e, soprattutto, una maggiore raccolta e metabolizzazione di nozioni tecniche specifiche, per giungere a conclusioni comunque affascinanti (perché l’Universo E’ affascinante, SEMPRE!) e non così – purtroppo – forzate. Tanto forzate che, alla fine – ed almeno alcune di esse – (si veda la parte finale dell’articolo sub http://www.hwh22.it/xit/S20_astronomia/Eros/01apbio.html), a nostro avviso sfociano direttamente nella controinformazione e – sorry – nella “paranoia spaziale”. …Certo, se si vuole “essere
visibili” occorre sparare forte e sparare in alto, così come oggi fanno
– e perdonateci la franchezza – alcuni Ricercatori di Frontiera,
Italiani e non. Peccato. Anche perchè, a nostro parere, l’intento originale del Sig. Pilolli era buono. Ma, si sa, “La Strada che conduce all’Inferno (in senso lato e metaforico, ovviamente…) è, da sempre, lastricata di Buone Intenzioni ed Ottimi Propositi“… POSTFAZIONE: …e meno male che avevamo SUBITO detto e scritto che questo Studio non doveva essere letto come “contrapposto” bensì come “ALTERNATIVO” a quanto riportato – per anni – sulla questione dell’Asteroide 433-Eros, sia dal Sig. Pilolli, sia da altri “Anomaly Hunters”… Comunque, dato che al peggio non c’è mai fine, due precisazioni: 1) tutte le immagini usate in questo Studio, sono NASA-Original, ottenute dal National Space Science Data Center o scaricate da Siti NASA On-Line dedicati e NON SONO state scopiazzate da altri Siti per un semplice motivo: Lunar Explorer Italia possiede la fototeca più grande d’Europa (on-line ne è pubblicata solo una porzione) e non abbiamo bisogno di appropriarci di lavori altrui (per altro, spessissimo – come in questo caso – brutti, malfatti e taroccati); 2) abbiamo già letto, su due Forum Italiani, le “geniali” precisazioni (e cioè insulti e diffamazioni, come da routine) dei soliti anonimi fenomeni. Rispondiamo ora, a loro ed a coloro che verranno, come loro, senza argomenti e con tanta ignoranza ed arroganza alle spalle; gli rispondiamo una volta sola ed una volta per tutte: qui, su Lunar Explorer Italia/Lunexit, nessuno pretende di avere la Verità fra le mani e nessuno sbraita o insulta. Chi lo fa (e, sulle nostre pagine, NON E’ MAI ACCADUTO!), qualifica solo se stesso, la sua pochezza intellettuale e la sua colossale ed irrecuperabile ignoranza. |