Figura 1: mappatura della distribuzione del metano su Marte (credits NASA)

Dopo aver assistito all'ennesima - e non certo ultima - dimostrazione su come l'informazione relativa all'esplorazione di Marte venga data al Pubblico in modo così poco professionale, abbiamo anche noi deciso di spendere due parole circa la presenza di metano sul "Pianeta Rosso".  Vogliamo tuttavia ricordare ai nostri Cari Lettori che questa è la seconda volta in cui affrontiamo il tema del metano di Marte: "DA DOVE ARRIVA IL METANO DI MARTE?" era infatti il titolo del precedente articolo dell'estate 2005, quasi quattro anni fa! Cosa sarebbe cambiato da allora e cosa c'è di nuovo da quando, nel 2003, la Mars Express rilevò tracce di metano nell'atmosfera marziana? Ebbene, dal nostro punto di vista non è cambiato niente! Proprio nulla. E spiegheremo il perchè.

Anzitutto, non è vero che la NASA avrebbe dato quasi per certa l'origine biologica del metano di Marte. Piuttosto, sono stati gli organi di informazione (riferendoci all'Italia) a farlo. Inoltre questa non è, come abbiamo letto in qualche "notiziola", una rivelazione "shock". Ci mancherebbe. Ancor più importante è tenere a mente che l'idea di trovare il metano su Marte non è una novità: il dr.  Michael J. Mumma è impegnato in tale ricerca da circa otto anni, mentre i prof. Vittorio Formisano, analizzando i dati inviati dalla Mars Express, lo individuò nel 2004. Togliamoci, dunque, il sensazionalismo mediatico di dosso ed atteniamoci ai fatti.

Il dibattito verte fondamentalmente su due ipotesi: quella biologica e quella geologica. In pratica, Scienziati ed Appassionati sono divisi fra chi ritiene il metano di Marte quale prodotto di organismi viventi e chi sostiene invece che questo gas sia il prodotto di attività endogene, ma di tipo geologico. Nondimeno, qualcuno pensa che siano verosimili entrambi le ipotesi. A questo punto - forse - sarebbe il caso di approfondire meglio la nostra conoscenza sul gas metano.

CHE COS'E' IL METANO - Il metano è un idrocarburo composto da quattro atomi di idrogeno ed un atomo di carbonio (CH4). Si tratta di un gas naturale che, bruciando, produce una notevole quantità di calore per massa unitaria. La reazione di combustione, se è presente l'ossigeno quale comburente, è la seguente:  CH4 + 2O2 → CO2 + 2H2O [+ 891 kJ/mol], ovvero: da una molecola di metano che brucia su due molecole di ossigeno (O2) otterremo una molecola di anidride carbonica (CO2) e due molecole d'acqua (H2O). Tra le altre caratteristiche di spicco del metano possiamo annoverare il forte legame covalente carbonio-idrogeno ed il suo potenziale di "gas serra" che risulta essere 23 volte superiore del CO2. Il motivo per il quale sembra esistere tanto entusiasmo sulla presenza del metano nell'atmosfera di Marte potrebbe essere dovuta al fatto che sulla Terra generalmente ha origine dalla decomposizione di determinate sostanza organiche in assenza di ossigeno. Il metano, oltretutto, viene emesso anche dalla decomposizione di rifiuti solidi urbani, in ambienti paludosi, dalla digestione del bestiame, da batteri metanogeni vari, dalle biomasse e attraverso l'estrazione di petrolio. Se non intervengono fattori tali da bruciarlo in breve tempo, il metano non rimane in atmosfera per lunghissimi periodi, non oltre i 350-400 anni.

Figura 2: schema della molecola di metano (fonte: wikipedia.org)

ORIGINE  E CONSERVAZIONE DEGLI IDROCARBURI (COMPRESO IL METANO) - Sulla Terra il processo geologico che conduce al metano parte dalle cosiddette "rocce madre", ossia rocce e sedimenti dai quali si originano praticamente tutti gli idrocarburi solidi e liquidi. Le "rocce madre" abbondano in materia organica generalmente derivata dai resti di organismi morti e decomposti ma, a causa della scarsa ossigenazione, il materiale anziché venire ossidato si accumula e viene poi sepolto da altro materiale (anche di diversa composizione). Col trascorrere del tempo la massa si trasforma in kerogene e, man mano che sprofonda, aumenta pure la relativa temperatura. Allorché avrà superato valori intorno ai 100°C i legami molecolari del kerogene inizieranno a spezzarsi dando origine a composti sempre più semplici, ovvero gli idrocarburi. La progressione dovrebbe essere così riassumibile: KEROGENE >> IDROCARBURI SOLIDI >> IDROCARBURI LIQUIDI >> IDROCARBURI GASSOSI. Questa è, almeno nella sostanza, una spiegazione che la Geologia Terrestre offre per identificare origine e presenza di metano sul nostro pianeta. Per quel che concerne il petrolio esistono tipologie di rocce denominate "reservoir" le quali sono capaci sia di trattenerlo che di cederlo. Comunque, tutti i processi qui descritti avvengono generalmente entro le cosiddette "trappole strutturali", ovvero strutture geologiche prodotte da faglie o anticrinali che permettono agli idrocarburi di stazionare nel sottosuolo costituendo i giacimenti.

Figura 3: rappresentazione schematizzata di giacimento di metano terrestre con affioramento in superficie

IL DILEMMA DEL METANO DI MARTE - Il merito di tale scoperta lo si deve al valido supporto offerto dallo strumento PFS (Planetary Fourier Spectrometer) montato a bordo della Mars Express, all'Infrared Telescope Facility ed al telescopio W.M. Keck, situato nelle isole Hawaii, a Mauna Kea.

Probabilmente i nostri Cari Lettori si saranno persuasi nel credere che, effettivamente, il metano di Marte dovrebbe altresì essere un emissione di natura biologica. Certo, è un'ipotesi che noi non vogliamo scartare aprioristicamente in quanto, nel limite del ragionevole, cerchiamo di essere possibilisti (a prescindere poi dalla tipologia di possibilismo che si vuole intendere). Si consideri ad esempio la recente autorevole affermazione del prof. Colin Pillinger: “il metano è un prodotto biologico e perchè ve ne sia su Marte è necessario che esista una fonte capace di rinnovarsi. Se si trova metano nell’atmosfera è legittimo sospettare che vi sia una qualche forma di vita”.

Il dr. Michael J. Mumma, scienziato del Goddard Space Flight Center della Nasa, in una recente conferenza ha riassunto i risultati della sua ricerca evidenziando che esistono su Marte alcune aree del pianeta più sensibili alle emissioni di questo gas: Nili Fossae, Terra Sabae e Syrtis Major.  Si calcola che nel 2003 sarebbero state emesse circa 21 mila tonnellate di metano e comunque, sempre secondo Michael J. Mumma, il tasso di immissione in atmosfera ammontava a circa 0,6 kg per secondo. Anche la ricercatrice americana Lisa Pratt dice: "Tutto ciò è molto eccitante perché abbiamo le prove che dobbiamo pensare alle possibilità di vita su Marte. Forse dobbiamo pensare che nelle profondità marziane la vita sia davvero nascosta anche oggi”.

Il possibilismo di questi scienziati è ammirevole e merita il nostro rispetto, per quanto sia stato erroneamente frainteso e interpretato come un "Sì, c'è vita!". Di parere contrario è il dr. Marcello Coradini (scienziato italiano dell'ESA). Egli dice:  "Non si tratta certamente di un segnale della presenza di batteri. I pennacchi di metano osservati su Marte non sono il risultato di un'attività biologica: una tale quantità' di metano potrebbe essere prodotta solo da 10.000 mucche concentrate nello stesso posto. Non si tratta assolutamente di una prova indiretta della presenza di vita".

Qui sotto: immagini della sonda Mars Reconnaissance Orbiter

Depositi di olivina nelle regioni di Nili Fossae e Nilosyrtis (PSP_010285_2090). Credits NASA

Depositi di olivina nelle regioni di Nili Fossae e Nilosyrtis (PSP_009652_2115). Credits NASA

Probabili depositi di carbonati nella regione di Nili Fossae (PSP_010219_2020). Credits NASA

Non sarà che stiamo assistendo ad una pacifica diatriba fra scienziati europei ed americani? Beh, ammesso e non concesso, la cosa che dovrebbe interessarci è l'insieme di queste divergenti opinioni. Vediamo di fare ora qualche valutazione.

Figura 4: rappresentazione schematica di sacche strutturali nel sottosuolo di Marte contenenti petrolio e metano abiotici e relativi affioramenti di superficie. Naturalmente è un'ipotesi.

Il fatto che il metano sia un prodotto di organismi viventi non vuol dire che laddove c'è metano c'è anche vita. Questo gas, giustamente come osservava Coradini, può derivare da attività geologiche. E' più o meno lo stesso discorso dell'acqua, ovvero: non è detto che dove c'è acqua c'è - automaticamente - vita. Semmai, dovremmo ragionare partendo dal presupposto inverso: sono le forme di vita che utilizzano l'acqua e producono metano.

Ancora più interessante sarebbe andarci a rivedere il nostro precedente articolo sull'argomento, in quanto avevamo raccolto e commentato alcuni autorevoli pareri di geologi i quali offrirono una spiegazione, tutto sommato, abbastanza semplice e coerente riguardo la presenza di metano su Marte. In sostanza, poichè sul "pianeta rosso" esisterebbe una notevole quantità di olivina, è plausibile ipotizzare che proprio questo minerale costituirebbe la principale fonte di metano. L'olivina quando viene a contatto con l'acqua o con il CO2 (contenenti l'ossigeno) subisce una metamorfosi trasformandosi in minerale di serpentina. L'olivina, come mostrato da diversi fotogrammi della sonda MRO, abbonda sia in superficie, ma sopratutto nel sottosuolo. La nostra opinione, dunque, si avvicina a quella del dr. Coradini con la differenza che, mentre lo scienziato parlava di possibili attività vulcaniche sotterranee, noi invece riteniamo già sufficiente il metamorfismo dell'olivina per spiegare la maggior parte del metano rilasciato nell'atmosfera di Marte.

METANO: DI ORIGINE BIOLOGICA? - L'ipotesi biologica, come abbiamo detto, non la scartiamo del tutto perchè, probabilmente, una qualche forma di vita endogena potrebbe contribuire all'ammontare totale dell'apporto a livello planetario. Non possiamo invece ritenere corretta l'opinione del prof. Colin Pillinger per un'altra ragione semplicissima: il metano di Marte in confronto a quello presente su Giove è meno che una goccia nell'oceano. Eppure (almeno che ci risulti) nessuno finora si è mai spinto in ipotesi tanto esotiche (per quanto affascinanti) da ritenere quello di Giove, appunto di origine, biologica. Senza contare il satellite di Saturno Titano! La missione Cassini-Huygens ci ha confermato che sulla superficie di questa fredda luna esistono veri e propri mari di metano liquido. E, siccome le temperature mediamente si aggirano sui -180°C, questo idrocarburo si comporta come l'acqua sulla Terra: mari di metano, nubi di metano e piogge di metano. Sarà forse il prodotto di forme di vita? Ebbene, la risposta ci sembra abbastanza ovvia. Non vogliamo inoltre tralasciare i pianeti Urano e Nettuno. Essi abbondano di metano in modo più che evidente, tant'è vero che il loro stesso colore, tipicamente blu, è dato dalla dispersione della luce azzurra provocata dalle molecole di metano. Anche qui origine biologica? Con tutto il nostro possibilismo ed apertura mentale, insomma, ci sembra alquanto irragionevole ritenerlo plausibile.

Dunque, il dilemma del metano di Marte ci mette nelle condizioni di chiederci da dove arrivano gli idrocarburi. A questo punto si potrebbe tentare un approccio diverso: invertire la tesi geologica terrestre. In altre parole, l'origine degli idrocarburi sarebbe parte integrante del processo formativo dei pianeti. Partendo dalla nebulosa planetaria, ricca ovviamente di idrogeno e carbonio, si costituirono nelle proto-masse planetarie dapprima i radicali metino (CH) >> metilene (CH2) >>  metile (CH3) >> metano (CH4). Successivamente, man mano che i pianeti acquistarono solidità e si differenziavano strutturalmente e chimicamente, gli idrocarburi divennero parte stessa del complesso di materiali dei pianeti stessi, per cui in quelli più ricchi di metalli e metalloidi si formarono idrocarburi liquidi come il petrolio abiotico. Nei pianeti gassosi la quantità di elementi metallici (insomma i minerali rocciosi) dovette risultare bassa rispetto alle dimensioni dei pianeti stessi; di conseguenza gli idrocarburi rimasero sostanzialmente semplici e sottoposti ai freddi rigori causati dalla maggior distanza dal sole. Con questa ipotesi probabilmente riusciremmo a spiegare meglio il perchè della grande abbondanza di metano nel sistema solare. Diversamente, sulla Terra e (come da noi ipotizzato in precedenti articoli) anche su Marte troveremmo il petrolio abiotico ed il metano in quantità discrete. Poichè siamo convintio che Marte abbia posseduto una biosfera complessa pensiamo che esistano comunque certe quantità di petrolio biogenico. Mercurio e la Luna non dovrebbero possedere nessun sostanziale giacimento di idrocarburi, mentre Venere è probabile che ne possegga in qualche misura. Titano costituisce "un'oasi in mezzo ai gas" in quanto presenta una struttura mista (comunque relativamente solida) ed una notevole quantità di idrocarburi allo stato liquido in superficie.

Figure 6-7-8: Titano, satellite di Saturno possiede quantità di metano in superficie che formano mari, con annesse nubi e precipitazioni piovose. Anche questo sarebbe di origine biologica? Magari fosse vero! In queste spettacolari immagini riprese dal modulo Huygens, possiamo notare come la superficie di Titano ci ricorda - per certi aspetti - quella di Marte. (Credits ESA)

Come sulla Terra, anche su Marte i giacimenti di metano (e di petrolio) dovrebbero risiedere in "trappole strutturali" ubicate nella crosta planetaria. Questi ultimi però, per varie ragioni di natura geologica e climatica, sarebbero non del tutto chiusi permettendo talvolta l'emersione in superficie di sbuffi di gas e di liquidi, lasciando in tal caso tracce visibili nel suolo.

IN CONCLUSONE - Il clamore sollevato da alcuni scienziati (e dagli organi di informazione) sul metano di Marte e sulla sua presunta completa origine biologica è, a nostro avviso, ingiustificato e non del tutto corretto perchè contraddice le teorie generali inerenti l'origine del Sistema Solare. Condividiamo in larga misura la spiegazione geologica basata sulla metamorfosi dell'olivina in minerale serpentina. L'origine abiotica degli idrocarburi è anche in armonia con la nostra Teoria: se la vita esistita nel passato di Marte fosse cessata in modo violento, andando quasi del tutto annientata, difficilmente si sarebbero potuti formare giacimenti di idrocarburi venendo a mancare il materiale organico. Diversamente, il rimodellamento della crosta marziana avrebbe più facilmente permesso all'olivina di emergere verso la parte superiore della crosta planetaria, permettendo anche la formazione di nuove sacche sotterranee nelle quali metano e petrolio potevano trovare ulteriori spazi, magari prossimi alla superficie. Ciò nonostante siamo ben convinti che, di tutta la vita marziana andata distrutta, una parte sia riuscita comunque a sopravvivere e adattarsi alle nuove condizioni climatiche e idrogeologiche del pianeta. Un tipo di vita che, probabilmente, avrà solo qualcosa in comune con quella presente sul nostro pianeta, ma pur sempre vita.

Se non ci saranno ulteriori rinvii, nel 2011 partirà la sonda Mars Science Laboratory, la quale dovrà verificare in modo più accurato se esistono o sono esistite condizioni adatte alla vita. Occasione d'oro anche per tentare di valutare se il metano di Marte ha origine biologica.

Un metodo sarebbe quello di riuscire a misurarne i rapporti isotopici. Gli isotopi di un elemento (ovvero quegli atomi aventi lo stesso numero di protoni e di elettroni, però con un differente numero di neutroni nel nucleo) hanno proprietà chimiche un po' diverse, per cui gli organismi viventi preferiscono utilizzare gli isotopi con meno neutroni.

Due tipici isotopi dell'idrogeno sono il deuterio (un protone, un elettrone ed un neutrone) ed il trizio (un protone, un elettrone e due neutroni)

 

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