© 2004 - 2011 Pianeta Marte.net - All right reserved 8 GIUGNO 2011 Fig. 1. PIA03640 sezione left. Credits NASA. Processing "natural colors" by Pianeta Marte.net PREMESSA - Il materiale che prenderemo in esame si discosta parecchio dalle "normali" considerazioni tecnico-scientifiche generalmente rinvenibili sul web o su varie pubblicazioni cartacee specializzate. A tal fine, per comprendere meglio questi intriganti aspetti legati alla "Vita su Marte", vi suggeriamo di rileggere i precedenti articoli del dr. Alessio Feltri in modo da mantenere intatto il filo conduttore. 1. VEDERE LA VITA - 1a parte 2. VEDERE LA VITA - 2a parte Fig. 2. PIA03640 sezione right. Credits NASA. Processing "natural colors" by Pianeta Marte.net Iniziamo dunque la nostra trattazione riallacciandoci a quanto segnalato nel corso di questi mesi da diversi Lettori i quali  - stando alle loro impressioni personali - ci hanno chiesto come sia possibile che i processi geologici marziani sembrino quasi sfidare le leggi della Fisica. Alcuni stentano a capire il perchè molte immagini di Spirit e Opportunity mostrino un così elevato numero di strutture "naturali" ricche di lineamenti ortogonali, sagome regolari e simmetriche. E' ragionevole spiegare il tutto con processi fisici esclusivamente convenzionali? Oppure esisterebbe una sorta di matrice "intelligente" capace di modellare la materia secondo criteri a noi sconosciuti? Pertanto, la domanda che vorremmo proporre come tema portante di questi due articoli è: con quali criteri si potrebbe identificare uno o più segni caratteristici di quella matrice biogenica che opera sul pianeta rosso? LE CASETTE DEI MARZIANI - Il dr. Alessio Feltri ci ha già fornito un eccellente aiuto per comprendere come la matrice biogenica marziana si sviluppi e interagisca nell'ambiente di quel pianeta; tuttavia è comprensibile che ipotesi del genere suscitino indifferenza e incredulità fra il Pubblico. Forse, molti pensano che l'Ente Spaziale più famoso e prestigioso - la NASA - avrebbe dovuto per certo sapere dell'esistenza di qualche genere di attività biologica presente e "complessa", per cui ci si doveva o poteva aspettare almeno uno stralcio di comunicato ufficiale. Ma le cose non sempre funzionano secondo i canoni di chi vede cospirazioni ad oltranza e nemmeno secondo i canoni di chi non vede proprio niente oltre le mere apparenze. E non funzionano neppure in base ai canoni di chi non ha tempo, voglia e pazienza di spremersi un po' per guardare oltre le summenzionate mere apparenze.  La prima cosa che dovremmo imparare a fare quando si studiano le immagini dei rover Spirit e Opportunity (idem per le Viking 1 e 2, per la Mars Pathfinder e per la Phoenix) è quella di stabilire cosa accomuna le "rocce" fra loro, altrimenti si rischia di vedere solo pietre e basta. Abbiamo scelto la zona di Husband Hill non solo perchè segnalataci da un nostro Lettore, ma sopratutto perchè - di nostra vecchia conoscenza - questa vasta regione di Marte racchiude un vero scrigno di curiosità. Fig. 3. PIA03640  - sezione 1 Fig. 4. PIA03640  - sezione 2 Fig. 5. PIA03640  - sezione 3 L'immagine ad alta risoluzione denominata PIA03640 è stata suddivisa in 9 sezioni allo scopo di renderne più agevole la visione. Dunque, per quale motivo abbiamo definito le "rocce" con il termine "case"? La ragione evidentemente sta nel fatto che un considerevole numero d'esse sarebbero in realtà gusci di origine biologica (in inglese la parola "guscio" si traduce con "shell"). I riquadri colorati ci permetteranno di classificare più facilmente alcune basilari peculiarità di questi gusci. Vediamo. Fig. 6. PIA03640  - sezione 4 Fig. 7. PIA03640  - sezione 5 Le marcature con riquadro rosso definiscono i gusci provvisti di un curioso foro ben visibile. Si noti che, a parte qualche lieve differenza, sembrerebbe uguale quasi dappertutto benché alcuni gusci siano provvisti di foro più ampio. E' probabile che numerosi altri gusci rocciosi abbiano il medesimo tipo di foro, ma risulta invisibile perché coperto dalla polvere oppure perché ubicato in punti inaccessibili alla fotocamera di Spirit. Le marcature con riquadro verde definiscono i gusci fratturati. Generalmente la frattura è unica, ma talvolta si trovano gusci frantumati in pezzi minori. Le marcature con riquadro fucsia definiscono i gusci tendenti ad inarcarsi, assumendo tratti curvi o a cavità. Le marcature con riquadro blu definiscono i gusci a "totem". Si faccia caso che questo genere di strutture sono molto diffuse nella documentazione fotografica. Sebbene le forme possono variare i tratti di base rimangono comunque gli stessi. Le marcature con riquadro azzurro definiscono i gusci aventi una strana forma a barchetta, o ferro da stiro o scarpa. Anche qui ci possono essere delle varianti, ma i tratti di base sono  i medesimi. Fig. 8. PIA03640  - sezione 6 Fig. 9. PIA03640  - sezione 7 Di primo acchito potremmo semplicemente liquidare tutte queste analogie caratterizzanti le "rocce" marziane con manifestazioni di processi puramente geologici, ma dovremmo allora tener conto che - in base alle attuali conoscenze - tali processi sarebbero perlopiù di modesta entità a motivo dell'attività interna del pianeta irrisoria, a causa dell'estrema rarefazione atmosferica e per l'inconsistente erosione idrica. Diversamente faremmo meglio a rivedere i summenzionati preconcetti e cercare altre spiegazioni. Forse, osservando qualche paesaggio roccioso terrestre noteremmo alcune delle medesime peculiarità inducendoci a  concludere che tutto sommato si tratta di semplici casualità e coincidenze, frutto di processi naturali. Ciò nondimeno, dovremmo rammentare un particolare importante: la Terra pullula di vita. Niente sfugge all'incredibile capacità di cambiare e modellare l'ambiente terrestre ad opera delle innumerevoli forme di vita presenti sul nostro pianeta, oltre ovviamente ai processi idrogeologici.    Fig. 10. PIA03640  - sezione 8 Fig. 11. PIA03640  - sezione 9 Ma, a proposito di processi geologici, si potrebbero menzionare anche la formazione dei cristalli oppure l'ossidazione di molti minerali, l'erosione prodotta dall'azione modellatrice del vento e dell'acqua (o di altri liquidi), il modellamento dato da flussi lavici in concomitanza di eruzioni vulcaniche o violenti sismi, la trasformazione di composti minerali in altri dovuta ad inesorabili processi chimici. Certamente fattori i quali saranno stati responsabili delle caratterizzazioni intrinseche di un gran numero di rocce marziane, ma non di tutte e nello stesso modo. Sicché una spiegazione ragionevole rimane quella offerta da processi di natura biologica. Qualcosa che ben poco ha a che fare con la cosiddetta "vita elementare". Fig. 12. PIA03640: acune forme ricorrenti assunte dalle "rocce" (in realtà "gusci", "shell") che ricoprono la superficie intorno a Husband Hill. Tali "rocce" comunque sono visibili ovunque i moduli dotati di fotocamere siano atterrati. La figura 12 qui sopra ci offre un riassunto chiarificatore di quanto finora trattato e aggiunge inoltre altre tipiche strutture molto ripetitive fra i gusci marziani: le forme pseudo piramidali, le forme ortogonali (spesso tendenti al parallelepipedo) e le "casette". Per chi avesse comunque voglia di dedicarsi alla catalogazione dei gusci marziani avrà modo di constatare come la forma a "tetto" sia molto diffusa. Lascia quasi stupiti! Pertanto, a meno che non crediamo ai simpatici Puffi dalla pelle blu o ai nanetti di Biancaneve, ci sarà pure una spiegazione ragionevole... Fig. 13. Confronto fra l'immagine PanCam PIA03640 ad alta risoluzione e una NavCam relativa al sol 671. La corrispondenza nel complesso regge, quindi possiamo ritenere il materiale NASA sufficientemente attendibile al fine della nostra analisi.  I MARZIANI SONO EQUILIBRISTI E PIGNOLI - Ci sono poi altre peculiarità fra queste "rocce" le quali sfidano la nostra logica. Ne abbiamo segnalato uno in figura 8 con riquadro giallo che mostra una di queste "pietre" appoggiata su un fianco, mentre invece avrebbe dovuto poggiare sull'intera base inferiore. Ma questo è poco... Negli archivi NASA di Spirit e Opportunity se ne possono contare innumerevoli altre fotografate in posizioni ancor più assurde, tant'è vero che meriterebbero il nome di "rocce acrobatiche". Qui sotto in figura 14 ci sono altri tre esempi di come i gusci tendono spesso ad orientarsi e poggiare al suolo con ulteriori equilibri non del tutto ovvi per delle comuni pietre. E... attenzione: non è solamente una questione dovuta all'inclinazione del terreno perchè in effetti sembrano come "incollate" su un punto specifico. Fig. 14. Sezione tratta dal fotogramma PIA11746 - Credits NASA. Elaborazione "natural colors" by Pianeta Marte.net Un'altra affascinante caratteristica di questi gusci è la dislocazione e sistemazione sulla superficie. E' vero che nelle zone pianeggianti essi abbondano in gran numero, ma ancora più straordinaria è la loro distribuzione sui pendii verso la cima di molte colline, come si evince dalle immagini di Spirit e Opportunity. La figura 15 qui sotto ne costituisce un eccellente esempio. Anche in questo caso si potrebbe comunque optare per una spiegazione convenzionale, tenendo conto del fatto che le "pietre" forse sono lì da tempi immemori e venute allo scoperto a causa dell'incessante azione del debole vento marziano che avrà smosso la polvere che le ricopriva. Dovremmo allora chiederci quale destino avrà subito tutta la polvere smossa da una parte all'altra e finita chissà dove, anche perchè non può essere scomparsa per magia. In altre parole: la polvere verrà sollevata, trasportata per una certa distanza (e quota), ma poi alla fine, ricadendo al suolo, andrà a coprire qualcos'altro. Pur volendo restare pragmatici e razionali, viene un po' difficile credere che il vento abbia soffiato sempre e soltanto in un unica direzione, con la stessa forza ed alla stessa velocità per eoni di anni. Dunque siamo sempre al punto di partenza: le leggi fisiche che governano i processi geomorfologici non sono assoggettate ai nostri capricci ideologici. Fig. 15. PIA03640. Si noti come i gusci tendano a raggrupparsi e sistemarsi prevalentemente a ridosso delle colline piuttosto che alle pendici, come ci si aspetterebbe da massi rocciosi che cadono dall'alto verso il basso.    Soffermiamoci sull'immagine ad alta risoluzione PIA11746 relativa alla regione di "Home Plate" perchè le curiosità non mancano affatto. Anche qui abbiamo ad esempio: 1) alcune "rocce" in posizione di equilibrio traballante; 2) abbiamo poi "rocce" che sembrano volgere la faccia in una determinata direzione (a dispetto di altre) e raggruppate come se fossero del medesimo "ceppo familiare"; 3) abbiamo svariati gruppi isolati di "rocce" dalle caratteristiche simili fra loro; 4) abbiamo "rocce" che sembrano formare "coppie". Infine, last but not least, abbiamo l'evidenza di come queste "rocce" si siano sistemate, orientate e disposte secondo determinati schemi di percorso lungo i pendii delle colline. Tra l'altro, la spiegazione generalmente accettata sulla loro natura è che si tratti di rocce ignee e basaltiche (praticamente di origine vulcanica). Cliccando sulle figure 16 e 17 si avrà la possibilità di osservare bene le linee di marcatura in rosso che abbiamo tracciato per aiutare l'osservatore ad orientarsi nel seguire la dislocazione di queste "rocce". Ovviamente non disprezziamo la spiegazione convenzionale, ma riteniamo che non soddisfi pienamente tutti i crismi che l'analisi in chiave geologica imporrebbe. Mancano, ad esempio, tracce di percorsi lavici (fossero anche antichi e parzialmente nascosti o deteriorati); mancano evidenze di tubi di lava solidificati; mancano tracce e/o residui di condotti eruttivi, bocche effusive, crateri vulcanici; mancano evidenze di colonne laviche di varia natura e forma. Abbiamo invece pianure e colline - nemmeno troppo alte - disseminate da queste "rocce". Al limite ci si poteva aspettare che la maggior parte d'esse fossero ubicate (cadute) in massa giù alle pendici delle suddette collinette. Invece no: le troviamo praticamente ammucchiate sui pendii, a ridosso delle vette, seguendo percorsi oltretutto non del tutto conformi alle linee di flusso di ipotetiche emissioni laviche avvenute eoni fa (o magari anche in epoche più recenti). In sostanza sembra quasi di vedere "pietre" che sfidano le leggi fisiche - compresa la legge di gravità - tant'è vero che le potremmo definire "rocce rampicanti". Fig. 16. PIA11746 sezione "left" - Credits NASA. Elaborazione "natural colors" by Pianeta Marte.net Fig. 17. PIA11746 sezione "right" - Credits NASA. Elaborazione "natural colors" by Pianeta Marte.net STRUTTURA, COMPOSIZIONE E FUNZIONALITA' DEL GUSCIO - A rischio di diventare antipatici e ripetitivi ribadiamo ancora una volta che se ci limitassimo a guardare alcune delle innumerevoli "rocce" marziane fermandoci però alle sole apparenze in effetti non vedremmo altro che comunissime pietre, ne più ne meno di quelle terrestri. Perciò, il punto da rivalutare è cosa noi intendiamo con il concetto di "processo formativo geologico". Pertanto, volendo ancora fare l'ennesima noiosa ripetizione, sappiamo che le rocce di piccole-medie dimensioni possono originarsi dal raffreddamento di materiale lavico depositato o eiettato, dalla frantumazione di grandi massi durante certi violenti sismi, dalla sedimentazione causata dal flusso di liquidi (come nelle stalattiti e nelle stalagmiti), dall'erosione (idrica ed eolica) la quale provoca gradualmente la frantumazione di grossi fronti rocciosi e infine da svariati generi di reazioni chimiche (si pensi ai composti minerali che si formano da combinazioni fra ossigeno, zolfo, calcio, azoto, potassio ecc...). Non resta quindi che considerare l'eventualità di un'origine biogenetica di alcuni tipi di strutture apparentemente simili alle comunissime rocce. Potremmo definirla "sedimentazione biologica". Fig.18 Rappresentazione schematica di guscio connesso (Credits: dr. Alessio Feltri) La figura 18 consiste in una rappresentazione schematica (realizzata dal dr. Alessio Feltri) di un tipico guscio marziano con filamenti organici posti alla base i quali si connettono alla più vicina diramazione della rete tubolare globale (che tratteremo nel prossimo articolo). Come si può notare, il canale centrale si ramifica e permette di captare l'acqua. L'interno dei gusci dovrebbe essere sostanzialmente cavo per cui verrebbe da pensare che "qualcosa" si potrebbe nascondere in questa sezione. Lasciamo che il dr. Alessio Feltri schematizzi e metta in ordine la descrizione dei gusci marziani: Perchè parlare di "gusci" o "casette" e non di pietre? 1. Perchè sono strutture cave. 2. Perchè la forma è simmetrica e sempre uguale. 3. Perchè quando schiacciati dai rover si frantumano facilmente e secondo linee di frattura regolari. 4. Perchè rivelano sempre una struttura reticolare sotto un sottile strato superficiale. 5. Perchè sono più frequenti sui crinali delle "colline" che alla base delle stesse. 6. Perchè risultano sempre associati a reticoli fibrosi subsuperficiali, talora lineari e talora radiali. Ma se sono gusci di origine biologica, come nascono, crescono e muoiono le forme di vita che li formano e li abitano? Nascono da placche saline subtriangolari, con una delle facce rivestita da piccoli "villi" semitrasparenti e dotati di mobilità. Al centro dei villi cresce un tubicino biancastro che si conficca nel terreno trascinando la placca in posizione verticale. Quando il tubicino trova l'acqua, fuoriesce dal terreno arcuandosi e sviluppando simmetricamente filamenti interconnessi a reticolo. L'acqua accumulata nei filamenti evapora e lascia un deposito salino che compatta il reticolo ed ha uno spessore di circa 1-2 mm. Sulle pareti interne del guscio così formato si addensano "villi" del tutto analoghi a quelli della placchetta generatrice. All'interno del guscio, tra i "villi" crescono numerosi altri tubicini biancastri che si inviluppano secondo schemi la cui natura è sconosciuta. Il guscio risulta quindi "sospeso" al tubicino principale a pochi centimetri dal terreno e quando sembra posato a terra è perchè il sedimento è cresciuta fino ad           annullare la suddetta distanza. Il guscio presenta linee di crescita, in corrispondenza delle quali il tubicino principale varia l'angolazione rispetto al terreno e i filamenti creano un setto           verticale trasversale, il quale forma una sorta di "camera" all'interno del guscio. Quando viene a mancare il rifornimento di acqua e nutrienti anche le forme interne al guscio seccano e si fossilizzano. Fig. 19. Come i gusci crescono sulla superficie marziana. I mmagini credits NASA; elaborazione dr. Alessio Feltri Nel prossimo articolo parleremo più approfonditamente di "qualcosa" che talvolta appare ben visibile radente sotto la sabbia, qualcosa di simile a filamenti i quali collegano i gusci fra di loro abbastanza da farci ritenere che: 1) tali filamenti costituiscano la base portante sulla quale i gusci si sviluppano e crescono a prescindere poi dalla forma che assumeranno; 2) non sarebbe da escludere che all'interno del guscio si annidi una colonia di microrganismi responsabili della "fabbricazione" della medesima crosta, i quali operano sfruttando i piccoli filamenti che si dipartono dal canalino centrale per attingere acqua e sali minerali, svolgendo in altre parole un lavoro in simbiosi reciproca; 3) i gusci dovrebbero allora essere composti da una crosta di sale e altri minerali presenti nel suolo di Marte. Fig.20. La similitudine strutturale fra questi "boulders" ubicati rispettivamente in località così diverse fra loro è particolarmente interessante se vista sotto l profilo biogenetico. In sostanza, piuttosto che "bombe vulcaniche" eiettate da chissà dove questi sarebbero invece sedimenti biologici fabbricati da microrganismi marziani tutt'altro che fossili o estinti da milioni e milioni di anni.  Fig.21. Anche questa serie di immagini Viking evidenziano la costante presenza dei medesimi sedimenti rocciosi di probabile matrice biologica i quali mantengono spesso la forma a casetta, a tetto ecc... LE ROCCE DI MARTE SONO DUNQUE TUTTE DI ORIGINE VULCANICA? - Abbiamo notato che, talvolta, immagini come quelle proposte in fig. 20 vengono etichettate con frasi fatte del tipo "rocce basaltiche aventi milioni e milioni di anni", ragion per cui sarebbe sensato non fermarsi esclusivamente a simili preconfezionamenti e valutare magari qualche altra ipotesi. Tra l'altro, si noti per l'ennesima volta come queste "pietre" assumano posizioni d'equilibrio sostanzialmente poco verosimili in riferimento alla suddetta figura 20 e all'estratto di un frame Opportunity del sol 1131. A meno che l'intero pianeta Marte non fosse stato un vulcano capace di lanciare bombe laviche dappertutto, viene un po' difficile credere che la costante presenza di frammenti rocciosi debba essere attribuita a fenomeni geologici fra cui quelli eruttivi senza considerare altre possibilità, fossero anche più "esotiche". D'altronde, la ricchissima documentazione fotografica degli archivi NASA mostra inequivocabilmente moltissimi canali e tubi di lava raffreddati, depositi lavici e quant'altro che però il più delle volte sono ubicati a distanze elevate dai siti di atterraggio delle sonde Pathfinder, Viking 1 e 2, Spirit, Opportunity e Phoenix. Si noti anche la situazione alquanto paradossale tra l'immagine del sol 2549 (a destra in fig. 20) e quella delilander Viking (fig. 21): come è possibile trovare un frammento eruttivo solitario lanciato da chissà dove e, contemporaneamente, un'intera regione seminata in modo così capillare e quasi uniforme da rocce presumibilmente di origine vulcanica? Eruttate da dove? E come ci sarebbero arrivate? Ecco perchè noi preferiamo non andare a nasconderci sempre dietro alle classiche frasi fatte dei "milioni e miliardi di anni fa" in quanto nel passato si riesce spesso a infilarvi di tutto ed il contrario di tutto. Non potendo il passato essere esplorato direttamente viene allora facile disseminarlo di qualsiasi teoria etichettata poi come "scientifica" o "pseudo scientifica". Suggeriamo invece ai nostri Lettori di andare su Google e digitare le parole chiave "vulcanismo", "vulcano/i", "eruzioni vulcaniche" e simili in modo da poter visionare la notevole ed eccellente quantità di documenti che spiegano piuttosto bene i meccanismi che regolano i fenomeni vulcanici.     In ultima analisi, non è affatto semplice stabilire con assoluta certezza quanti dei frammenti rocciosi giacenti sulla superficie di Marte siano effettivamente gusci di origine biogenetica oppure comunissime rocce di origine vulcanica, sedimentaria o altro. La soluzione più ragionevole è che vi siano tanto le une quanto le altre, ma non sappiamo in che proporzioni, cioè non possiamo pretendere di sapere se le comuni rocce sono in quantità maggiore rispetto ai gusci o viceversa.