Articoli vari

Terra-Marte

Marte oggi

Marte e la vita

Le "anomalie"

L'esplorazione

Links correlati

Libri suggeriti


IMPATTI METEORICI ED ESTINZIONI GLOBALI

 Tra infinite ipotesi e alcune certezze, quali aspetti salienti potrebbero aiutarci a far luce sulla natura degli impatti meteorici (o presunti tali) che colpirono il nostro pianeta nel corso della sua storia geologica?

“Era una notte di mezz’agosto, serena e giocosa; nella piazza del paese c’era il Luna Park con le sue giostre e il chiasso della musica ad alto volume. Ma ad un certo punto le nostre teste si volsero al cielo - potevano essere quasi le 23 circa – ed ecco proprio lì, verso sud, un oggetto grosso, tremolante e luminoso che emetteva colori sfumati apparve come dal nulla. Fu uno spettacolo bellissimo, peccato che durò così poco…L’oggetto cadeva giù dal cielo e scomparve dietro la collina.”

Qualcuno penserà che si tratta di una simpatica storiella estiva dai contorni velatamente romantici; invece no! E’ un fatto vero, vissuto e raccontato dal curatore materiale dell’articolo che state leggendo. Ma non è una rarità venire a conoscenza di episodi analoghi, probabilmente quasi tutti abbiamo visto, almeno una volta nella vita, qualcosa del genere. Quello sopra descritto era un “bolide”. I bolidi sono, in parole povere, grossi sassi spaziali che, a contatto con l’atmosfera terrestre, bruciano a causa dell’attrito con l’aria. Essendo comunque abbastanza massicci (mediamente nell’ordine di svariati chilogrammi) riescono a penetrare fino alla bassa atmosfera, talvolta persino a toccare il suolo.

Naturalmente potremmo affermare che, fin qui, “…tutti vissero felici e contenti”. E’ sufficiente puntare un cannocchiale verso la Luna e rendersi conto che la sua superficie è massacrata da una gran quantità di crateri dalle dimensioni più svariate. L’intuito umano fa presto a trarre delle logiche conclusioni: “E se cadessero dal cielo sassi molto più grandi cosa succederebbe?”

La possibilità che grossi meteoriti (o comete) abbiano in passato colpito la Terra è stata ampiamente studiata da diversi scienziati, molti dei quali ritengono che tali eventi furono addirittura la causa di intere estinzioni di specie animali. Non solo: si presume che questi impatti produssero sconvolgimenti climatici e geologici importanti a livello planetario.

Noi non abbiamo certamente la pretesa di voler insegnare qualche “nuova verità”, ne tanto meno vogliamo mettere in discussione anni e anni di ricerche e studio portati avanti da qualificati Scienziati. Oltretutto ci sembra che i dati, le osservazioni, le valutazioni ed altra documentazione siano (e ringraziamo!) abbastanza alla portata del pubblico. Cosa significa questo? Significa che, come chiunque altro, possiamo sviluppare una nostra analisi critica, mirata alla ricerca di percorsi alternativi, di suscitare quesiti costruttivi, non banalmente polemici (come spesso succede) e lasciare al Lettore la libertà di trarre le proprie conclusioni.

Impatti sulla Terra

 Quante volte la Terra fu colpita da oggetti di dimensioni ragguardevoli, nell’ordine di centinaia o migliaia di metri? Ad essere onesti non è affatto semplice certificare il numero di presunti impatti, questo perché la Terra è un pianeta estremamente dinamico. Teniamo conto che gli agenti atmosferici (vento, pioggia, neve…) sommati con i movimenti della crosta (specie in occasione di terremoti), l’abrasione della sabbia trascinata dal vento, l’azione delle acque di mari, laghi e fiumi e, persino, la stessa crescita della vegetazione possono inevitabilmente trasformare, nel corso del tempo, l’aspetto della superficie terrestre. Non meno da sottovalutare sono l’urbanizzazione e lo sfruttamento del suolo da parte dell’uomo.

In considerazione di tutti questi fattori diventa complesso sia individuare possibili resti di crateri che la loro relativa datazione. Vuol dire che stiamo sprecando inchiostro per niente? Assolutamente no. Benché la ricerca di crateri da impatto presenti serie difficoltà tecniche, sembra che ottimi sviluppi concreti hanno caratterizzato questi ultimi decenni trascorsi. Fino ad oggi pare siano stati catalogati circa 200 siti ritenuti sede di un cratere meteorico. Essi abbracciano tutti i continenti, addirittura si tenta anche di individuarne sotto il livello del mare.

Il dr. Claudio Elidoro, autore di svariati articoli specializzati su riviste quali “L’astronomia”, “Nuovo Orione” e “Coelum”, ha stilato una interessante lista di questi presunti siti aggiornata al 12 agosto 2002 con 218 strutture. Per dare il giusto merito al lavoro di questo Ricercatore vi segnaliamo l’indirizzo web dal quale sarà possibile consultarla: http://www.geocities.com/elidoro/impatto/im_lista_crateri.html.

Due parole sugli impatti meteorici

Ma come si caratterizza un impatto meteorico? Basandoci sulla trattazione tecnica che il dr. Elidoro espone in modo esauriente nelle sue pagine web consultabili all’indirizzo:

http://www.geocities.com/elidoro/impactpage.html, potremmo sintetizzare il tutto così:

Un cratere si forma allorchè l’oggetto impattante, penetrando l’atmosfera terrestre, brucia a causa dell’attrito ma, essendo di dimensioni molto estese, riesce a giungere fino al suolo. Talvolta esso esplode a basa quota e qualche volta tocca terra. Gli impatti con meteoriti aventi diversi km di sezione sono comunque rarissimi, nell’ordine di uno per migliaia o, persino, centinaia di migliaia di anni. Teoricamente possiamo stare relativamente tranquilli. Eppure gli scienziati, avendo osservato il passaggio ravvicinato di alcuni asteroidi con la Terra (ricordiamo Toutatis i 29 settembre 2004), hanno alzato l’indice di allarme allo scopo di mettere in guardia contro possibili pericoli meteorici.

La dinamica di un impatto si può suddividere in: compressione, escavazione, espulsione degli ejecta e, infine, modificazione. Per ognuna di queste voci occorrerebbe stilare un trattato tecnico, che renderebbe poco leggero l’articolo. Dobbiamo considerare anche la pericolosità intrinseca degli impatti suddivisi così, come scrive Claudio Elidoro:

Primo livello: eventi che non costituiscono alcun rischio significativo per la biosfera.

Secondo livello: eventi che coinvolgono corpi con dimensioni comprese tra 10 e 100 m, la cui incidenza temporale è dell'ordine di un evento ogni secolo. (come l’evento di Tunguska)

Terzo livello: in questo gruppo vengono annoverati impatti con oggetti aventi dimensioni dell’ordine di 1 km.

Quarto livello: è il caso estremo e comprende gli impatti con piccoli asteroidi aventi dimensioni dell'ordine della decina di km; la situazione descritta in precedenza assume un carattere globale.

Nel corso della storia, stando a quanto riferisce il libro Rain of Iron and Ice di John S. Lewis (Editore Addison-Wesley - 1997), sembra che di tanto in tanto alcuni piccoli meteoriti colpirono case, persone, animali addirittura uccidendo sia le persone che gli animali! Da queste considerazioni riteniamo ovvio che potrebbero sorgere legittime domande quali ad esempio: “ma allora qualcosa nel passato cadde davvero sulla Terra?” oppure “che danni provocarono eventuali asteroidi caduti sulla Terra?” Noi suggeriremmo anche questa ulteriore domanda: “che dire degli impatti meteorici odierni?” Perché nel corso del XX secolo sono stati registrati diversi eventi meteorici, ovviamente di scarso rilievo, ma pur sempre interessanti se pensiamo al fatto che il sasso spaziale ha toccato terra… lasciando un bel ricordo nella memoria di chi ha potuto assistere all’evento astronomico. Proviamo a prendere in esame brevemente due casi ormai famosi e diventati dei “monumenti della scienza”, uno accaduto nel 1908 e l’altro, stando alle ipotesi degli scienziati, 65 milioni di anni fa.

L’evento di Tunguska

Il 30 giugno 1908 un bolide di 60 metri di diametro esplose a circa 8 km di quota sopra il fiume Tunguska, in piena foresta siberiana. L’onda d’urto generata dall’esplosione ebbe una potenza distruttiva stimabile nella media dei 20 Megaton (come una testata nucleare) e distrusse ben oltre 2000 km2 di foresta. Non sono mai stati individuati i resti dell’asteroide, di conseguenza gli scienziati che si erano interessati del caso non hanno mai potuto stabilire se classificare l’oggetto come, plausibilmente, un asteroide oppure cometa. Quello che invece è stato possibile rilevare fu la presenza di una leggera eccedenza di iridio nel fango e una certa quantità di polveri microscopiche nella resina delle conifere di quella zona, in un periodo di tempo compresi tra il 1902 e il 1920. Da questi indizi si dedusse che l’evento di Tunguska dovette essere causato da un oggetto extraterrestre. Successivamente furono avanzate ipotesi diverse per spiegare quel disastro. Per esempio, qualcuno sostenne addirittura che fu un “mini-buco nero” della grandezza di pochi millimetri ad esplodere, ma tale supposizione non ebbe mai un grande successo; un mini-buco nero avrebbe comunque dovuto rendere (almeno) radioattiva l’area interessata dall’esplosione.

Una domanda che verrebbe istintivo porsi è questa: se l’esplosione si fosse verificata sopra un centro abitato, anziché nella foresta siberiana, che proporzioni avrebbe assunto? Sono proprio questi interrogativi che hanno messo un tantino in allarme gli “addetti ai lavori” specie negli ultimi decenni.

65 milioni di anni fa: estinzione globale

Per comprendere la drammaticità di questo ipotetico evento dobbiamo capire meglio cosa si intende per “impatto di Quarto livello”. In poche parole potremmo paragonarlo alle conseguenze di un conflitto termonucleare su scala planetaria. Oltre alla descrizione su come si genera il cratere (peraltro enorme nell’ordine di ben oltre 100 km di diametro), dobbiamo renderci conto che le quantità di polveri, ceneri e fumo, sollevate dall’urto,  oscurerebbero in poco tempo l’intera atmosfera terrestre; la fotosintesi clorofilliana verrebbe interrotta nel giro di nemmeno un mese. Morirebbero le piante e, a catena, anche gli animali. In pochi mesi la Terra precipiterebbe in un inverno artificioso e devastante che la ridurrebbe ad un corpo freddo e inospitale per la vita. Tale inverno potrebbe durare per molti anni.

Gli scienziati hanno denominato la presunta catastrofe planetaria avvenuta 65 milioni di anni fa “evento K/T”. Questa catastrofe fu talmente devastante che molte forme di vita presenti sulla Terra rischiarono di scomparire. Secondo i dettami della teoria dell’evoluzione, fu grazie alla capacità di alcune particolari specie (sia animali che vegetali) di adattarsi alle avverse condizioni che la vita sulla Terra sopravvisse. Ci rendiamo conto che questa spiegazione sembri dire tutto e niente, ma preferiamo non infierire su nessuno e lasciare che il Lettore tragga le sue conclusioni.

Vediamo qualche ulteriore dettaglio.

Si suppone che l’estinzione dei dinosauri avvenne tra il Cretaceo ed il Terziario e l’asteroide impattante poteva avere un diametro approssimativo di 15 km. Un lavoro fondamentale fu presentato da Luis W. Alvarez e dai suoi collaboratori (Extraterrestrial Cause for the Cretaceous-Tyertiary Extinction - Science vol. 208 - June 1980); grazie a tale studio la teoria fu accettata in modo sostanzialmente unanime dalla comunità scientifica, anche perché, a detta degli esperti,  le prove addotte diventavano via via più schiaccianti.

Prove? Quali prove? Dalle ricerche effettuate era stata rilevata una anomala presenza di iridio negli strati attribuiti al periodo Cretaceo-Terziario, una altrettanto anomala presenza di quarzo compresso su tutto il pianeta (richiedente una pressione di 90 kbar) e un anomalo rapporto tra Sr87/Sr86 associabile a presunte piogge di acido nitrico. Si suppone infatti che un impatto di simili proporzioni reagirebbe con l’azoto atmosferico. Un’altra curiosità è la formazione di “sferule”, come descritto dal dr. Elidoro nella sua interessante trattazione scientifica. Ci sarà un nesso tra le famose “sferule” marziane e qualche evento meteorico violento accaduto anche nel passato di Marte? Chi lo sa…

Ad ogni modo, lasciando stare le divagazioni, pare che il cratere originario dell’evento K/T sia stato individuato in Messico, esattamente al nord della penisola dello Yucatan (il cratere abbraccia parte di terra e parte di mare). Per scoprirlo sono state effettuate rilevazioni gravimetriche, confermate anche da immagini ottenute dallo Space shuttle Endeavour: si tratta praticamente di una depressione avente un diametro di circa 200 km, denominata cratere Chicxulub.

Poiché anche questo argomento richiederebbe molte pagine e inchiostro… seguiamo il suggerimento che il dr. Claudio Elidoro pone ai Lettori: i libri “T.REX e il cratere dell'apocalisse” di W. Alvarez - Mondadori, 1998 e “Impact! The threat of comets & asteroids” di G.L. Verschuur - Oxford University Press, 1996.

L’altra faccia della medaglia...

Probabilmente sembrerà che la nostra narrazione sia stata fino ad ora totalmente in accordo con il pensiero scientifico tradizionale e, come specificato ad inizio articolo, non è nostro scopo di innalzarci quali Paladini di nuove Verità. Cosa non significa tutto ciò? Non significa che dobbiamo necessariamente accettare ciecamente quello che viene proposto dalle cosiddette “vie ufficiali” e/o Accademiche. La teoria degli impatti fu accettata essa stessa non senza dispute centenarie; si dovette arrivare agli anni 20 del XX secolo con i tentativi di analizzare il famoso Meteor Crater da parte dell Ing. D.M. Barringer (che morì nel 1929 senza riuscire a dimostrare in modo pieno la sua tesi). Successivamente, durante gli anni ’60, gli studi e le analisi furono riprese da Eugene Shoemaker. Infine,  ulteriori indizi giunsero dall’esplorazione spaziale che evidenziò la presenza di analoghi crateri da impatto nei pianeti rocciosi. Vedremo tuttavia che le cose non stanno propriamente così…

Noi non vogliamo contestare banalmente una teoria largamente accreditata. Tuttavia,  approfondendo l’argomento, ci siamo accorti che esistono percorsi analitici alternativi capaci di offrire valide spiegazioni tanto quanto quelle “tradizionali”. Ed ecco una riflessione interessante: supponiamo di trovarci davanti ad un antico cratere. Chi ci può dimostrare con certezza che fu un meteorite a produrlo? Potrebbe essere stata un’onda d’urto generata dalla disintegrazione di un asteroide, cometa oppure una potente scarica energetica di altra origine? Si formò prima il cratere o il lampo energetico? Sembreranno domande assurde, ma servono per guardare alla realtà con una percettività a 360°. Presenteremo qualche analisi alternativa, redatta sempre da altri ricercatori, e porremo le relative domande. Al Lettore lasceremo il giudizio.

Suggestivo è il commento del dr. Alessio Feltri, Ricercatore di Space Freedom e di Lunar Explorer Italia, che da tempo sta analizzando queste ed altre tematiche legate al Sistema Solare:

“Il fatto è che il cratere non è mai identificabile come un fenomeno di scavo meccanico originato da un oggetto solido (il meteorite) che, per così dire, si apre la strada all’interno di un altro oggetto (la superficie planetaria), cercando di mantenere la direzione originaria del suo moto, ma, come si è visto, ad una vera e propria “bolla” di energia in espansione violentissima, il cui fronte d’urto è responsabile delle modificazioni morfologiche della superficie. In altre parole insomma, perfino rispettando alla lettera i dettami della teoria classica, non c’è nessuna certezza scientifica riguardo alla CAUSA della generazione dei crateri, ma solo degli indizi riguardo all’EFFETTO e cioè la repentina trasformazione di una forma di energia in un’altra.”

Eppure, come egli fa poi notare, sembra che la comunità scientifica abbia infine sposato in modo aprioristico la tesi degli impatti meteorici. Quali saranno mai le ragioni di tale arrendevole accettazione?

“…ma la spiegazione è anzitutto…filosofica. Il meteorite o la cometa sono, per così dire, casuali, rari e “rassicuranti”, mentre attribuire ad altre forme di energia la formazione dei crateri avrebbe inevitabilmente portato alle stesse contrapposizioni ideologiche che attualmente dividono i creazionisti dagli evoluzionisti.”

Se volessimo rivedere in chiave critica lo stesso evento Tunguska, non abbiamo nessuna certezza che fu un bolide, una cometa o altro a produrre quella forte esplosione. Ancor più l’evento K/T. Le prove proposte dagli scienziati sono indiziarie, naturalmente valide ed interessanti ma, a rigor di termini, non in grado di offrire certezze. E la ragione si può intuire nella facilità con la quale potremmo confutare la logica adottata nello stabilire la sequenza di eventi “dopo” l’impatto. Per esempio: l’iridio fu davvero introdotto mediante quell’impatto? Ed il quarzo compresso si formò davvero in quella circostanza? E le piogge acide chi può dimostrare che ci furono davvero? Basti pensare che, da altri studi e rilevamenti, è stato ampiamente dimostrato come la crosta terrestre superiore sia estremamente dinamica (non meno di quella inferiore): essa cambia nel corso del tempo, talvolta in modo repentino. E’ sufficiente un forte terremoto o un’eruzione vulcanica, una devastante inondazione, una serie di straripamenti fluviali, crescita di vegetazione e/o desertificazione… per rendere qualsiasi datazione estremamente difficile da effettuare. In molte zone della Terra gli strati interessanti, per  gli studiosi, sono letteralmente “tagliati” o rimescolati con altri, creando falsi percorsi epocali: strati più vecchi addirittura sono sovrapposti a strati più giovani. Figuriamoci dopo decine di milioni di anni…Di conseguenza, quale altra ipotesi è stata avanzata per spiegare molti crateri da impatto?

La Teoria Elettrica

Ribadiamo che non stiamo decantando l’inesistenza di veri crateri da impatto. Essi effettivamente esistono e senza dubbio costituiscono una parte della totalità (se non la maggioranza). Ciò nonostante diversi ricercatori indipendenti tra cui il Gruppo Thunderbolts (citato dal dr. Alessio Feltri) nonché l’amato-odiato prof. Richard Hoagland, hanno proposto la suggestiva Teoria dell’Universo Elettrico. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.thunderbolts.info.

La teoria elettrica in realtà non è una novità: essa fu già proposta oltre 40 anni fa, ma non ebbe molto credito da parte degli astronomi perché si riteneva impossibile la propagazione di elettricità nello spazio vuoto. Come spiega il dr. Feltri “… le numerose ricerche di epoca recente hanno contraddetto quella credenza. Dalla scoperta delle Fasce di Van Allen del 1958 alle ultime scoperte sui campi magnetici galattici e sui “clusters” galattici a raggi X, è sempre più evidente che particelle cariche riempiono ciò che una volta era chiamato il “vuoto„ dello spazio. L'attività elettrica è dominante sia nello spazio interplanetario che interstellare.” Se, teoricamente parlando, nel passato del sistema solare vi fossero state considerevoli manifestazioni di attività elettriche, potremmo pensare alla formazioni di crateri e addirittura caratteristiche geologiche? Non possiamo dirlo con certezza.  Ma l’interessante argomentazione del dr. Feltri continua così: “Secondo i teorici elettrici, la ricerca sperimentale sull’eccitazione elettrica delle superfici rocciose dovrebbe essere una priorità, in quanto la maggior parte delle caratteristiche geologiche su scala planetaria possono essere generate soltanto dagli archi elettrici. E se questo fosse vero, allora la storia reale del Sistema Solare mostrerebbe davvero poca o nessuna somiglianza con le descrizioni dei libri di testo.”

Non ci vogliamo soffermare ulteriormente sull’argomento che concludiamo mostrando questa immagine proposta dal dr. Feltri che spiegheremo sotto:

Fotocomposizione sopra, credits: Space Freedom

Nel fotogramma “A” si nota una panoramica di Sinus Meridiani su Marte. Nel fotogramma “B” si può notare il risultato di un esperimento di laboratorio. Nella superficie fatta attraversare da scariche elettriche si sono prodotti quelli che sembrano a tutti gli effetti crateri praticamente identici a quelli visibili nel Sistema Solare. Al Lettore lasciamo la libertà di trarre le proprie valutazioni…

Pericoli per gli ecosistemi terrestri?

Se dunque la Terra fu sconvolta da uno o più eventi catastrofici, in grado di aver modificato gli equilibri biologici del pianeta, come facciamo a orientarci? Potremmo tentare di riconoscere qualche segno curioso e caratteristico? Dobbiamo ammettere che non è affatto semplice rispondere. Ma vogliamo ancora una volta presentare qualcosa di curioso e interessante:

Il dr. Alessio Feltri le definisce “coincidenze” e tali le considereremo anche noi. Qui sotto viene proposto un paragone tra l’uragano Isabel e il cratere Richat. Si osservino i filamenti di condensazione lungo le spirali dell’uragano…

Credits: Space Freedom

Ed ora si osservi questa elaborazione 3D del cratere Richat e si confrontino i filamenti presenti sugli anelli del cratere:

Credits: Space Freedom

“In questo caso la coincidenza è che il cratere Richat sembra il negativo, quasi lo “stampo” di un uragano, come se in passato il fenomeno fosse avvenuto al livello del mare invece che a 15 Km. di altezza.” Così commenta Alessio Feltri. Il cratere Richat si trova in Mauritania (Africa), al 21° parallelo, la stessa latitudine del cratere associato all’evento K/T! Che entrambi i crateri ebbero un origine comune? Pare infatti che la deriva dei continenti iniziò proprio da quel punto al largo del golfo del Messico, nel periodo in cui essi erano ancora uniti nel formare la Pangea. Cosa colpì la Terra dunque: un asteroide? Fu una enorme scarica elettrica o qualche evento sconosciuto partito dal livello del mare? Purtroppo non siamo al momento in grado di fornire delle risposte soddisfacenti. Quello che è presumibilmente certo fu la grande calamità che si scatenò sul pianeta Terra a discapito di qualunque forma di vita allora presente in superficie.

Suggeriamo per approfondire gli argomenti sopra sviluppati la consultazione di questa documentazione web redatta da Alessio Feltri:

http://www.margheritacampaniolo.it/Feltri/crateri.htm

http://www.margheritacampaniolo.it/Feltri/coincidenze.htm

http://www.margheritacampaniolo.it/Feltri/coincidenze_part2.htm

Qualche ipotesi per concludere

Per quanto coinvolgenti e drammatiche possono apparire le ipotesi formulate per spiegare ciò che la Terra subì nel suo passato, resta da capire da dove scaturirono meteoriti ed altri fattori calamitosi trattati nell’articolo. Si potrebbero suggerire idee “a gogo”, ma alla fine rischieremmo di restare con un bel pugno di mosche in mano e nessuna concreta soluzione. Ci limiteremo a menzionare solo alcune suggestive ipotesi:

Nelle teorie ufficiali si ritiene che il sistema solare sia stato teatro di costanti e massacranti bombardamenti di asteroidi e comete nelle fasi iniziali della sua evoluzione. Man mano che la situazione si stabilizzava tali fenomeni andavano diminuendo; tuttavia sembra che uno di questi enormi frammenti colpì Marte miliardi di anni fa. L’impatto fu così violento che i frammenti si staccarono dalla superficie vagando nello spazio e precipitando (alcuni di essi) sulla Terra. Nel frattempo si verificavano di tanto in tanto impatti violenti sul nostro pianeta (come il K/T), ad opera di non ben identificabili frammenti spaziali, fino a quando cessarono praticamente del tutto.

La nostra idea, circa l’origine dei meteoriti che colpirono la Terra, è una componente della Teoria del Sistema Binario Terra-Marte. Essa si sviluppa dagli studi del prof. Tom Van Flandern, dei dr. Windsor e Patten, del dr. John Ackerman, di Immanuel Velikovsky, del dr. Zecharia Sitchin e dall’insieme delle teorie ufficiali. In origine, e fino a qualche migliaio di anni fa, il sistema solare era in perfetto equilibrio gravitazionale e magnetico; la Terra formava con Marte un sistema binario. Ma, a causa di un massiccio oggetto grande più o meno come la Terra, il sistema Terra-Marte venne destabilizzato irrimediabilmente. Nel frattempo Marte fu sconvolto da qualcosa di devastante che produsse un massacro dell’intero pianeta, dalla superficie fino al mantello. Così la Terra fu bombardata da una gran quantità di meteoriti marziani, piccoli e grandi. Non è da escludere che si verificarono anche interazioni elettriche. Questo non significa che eventuali fenomeni di impatto potrebbero essersi verificati anche prima. Inoltre la nostra è una Teoria, e come tale non è esentata da problematiche legate alla verifica obiettiva della stessa.

Come abbiamo detto, si potrebbero proporre teorie all’infinito, ma non sta a noi dire chi ha ragione e chi no. Lo scopo di questo articolo è stato, ce lo auguriamo, quello di esporre informazioni legate alle possibili catastrofi che la Terra potrebbe aver subito nel suo passato, con i relativi danni per gli ecosistemi biologici. Abbiamo tentato di allargarci, nel limite della ragionevolezza, cercando qualche percorso alternativo alle cosiddette spiegazioni ufficiali e abbiamo inoltre esposto due scenari che prospettano in definitiva una soluzione sull’origine dei meteoriti caduti sulla Terra. Su questi argomenti ci sarà ancora molto da lavorare. Speriamo comunque di aver suscitato il giusto stimolo nei Lettori a coltivare un sano desiderio di saperne di più, serenamente e nel sano rispetto di tutti e delle loro opinioni.

 

TORNA ALLA PAGINA PRINCIPALE