La comprensione della nostra Teoria richiede che conosciamo almeno alcuni aspetti basilari dell'evoluzione del pensiero scientifico riguardante il modo in cui l'uomo ha immaginato lo Spazio extraterrestre. Questo perchè non abbiamo mai ritenuto le nostre ipotesi come forme di isolazionismo ideologico concepite per ripudiare ignominiosamente quanto gli scienziati hanno faticosamente conquistato in anni e anni di lavoro. E, d'altronde, non avrebbe proprio senso cercare di spiegare il motivo per cui noi riteniamo che la nostra Terra e il pianeta Marte siano nati insieme come coppia binaria se non conosciamo le teorie generalmente accettate dalla Comunità Scientifica. Cominciamo allora con qualche cenno storico...

Per moltissimi secoli la visone che l'uomo ha avuto del cosmo fu caratterizzata da una concezione prevalentemente di tipo geostatica, geocentrista e fortemente antropocentrica. Ripercorrendone le tappe fondamentali possiamo citare la scuola filosofica di Aristotele che, partendo da una Terra "immobile quale centro dell'universo" e da una formulazione delle leggi fisiche basata sull'esperienza comune, tentava di spiegare il moto dei pianeti e delle stelle. Tale modello venne arricchito con l'aggiunta di sfere concentriche trasparenti nelle quali i corpi stessi erano incastonati e vi si muovevano. La concezione geocentrista mancava tuttavia di una sua "scientificità" che le venne successivamente conferita da Ipparco e Apollonio, poi migliorata da Tolomeo mediante l'aggiunta di perfezionamenti matematici (epicicli) in grado di spiegare il moto apparente e persino di effettuare delle previsioni abbastanza accurate.



Il geocentrismo - abbiamo detto - si basava sul principio geostatico: la Terra quale luogo fisso ed immobile, poggiante su elefanti che poggiavano a loro volta su una tartaruga (oppure un grosso serpente) che infine galleggiava sul mare, come anche il geocentrismo basato su una Terra sorretta nelle spalle di Atlante. Altre antiche popolazioni, oltre ai Greci, possedevano ciascuno le proprie varianti locali circa la concezione geocentrista del cosmo, ma a prescindere da ciò venivano poi sistemati i vari corpi celesti (considerati per lo più come divinità o loro emanazioni) sopra la Terra, incastonati su un indefinito firmamento immutabile che le ruotava attorno. I pianeti allora riconosciuti erano anzitutto il Sole e la Luna, poi Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Così il geocentrismo divenne il perno della cultura scientifica e rimase sostanzialmente inalterato fino all'epoca di Copernico, nel XV secolo.



Mentre la storia fluiva con le sue vicende e i suoi personaggi, di tanto in tanto spiccavano i venti del dissenso scientifico. Per rendere l'idea potremmo citare alcuni esempi famosi tra cui Pitagora e la sua Scuola di Pensiero, Aristarco di Samo e (a quanto sembra) anche la stessa civiltà sumerica con il suo pantheon assortito di strane divinità. In tutti questi casi si possono annoverare tentativi coerenti di elaborare un sistema eliocentrico completo, seppur con qualche comprensibile distorsione. Un ultimo tentativo storico di conciliare geocentrismo ed eliocentrismo fu proposto da Tycho Brahe, sebbene ancora oggi esistono sostenitori del modello geo-eliocentrico

Molto interessante è invece la visione che la Bibbia offre della Terra: una sfera sospesa nello spazio vuoto che fu formata per essere abitata (si vedano Isaia 40, 22, Isaia  45, 18 e Giobbe 26, 7). A proposito della Bibbia, abbiamo notato che in Internet hanno preso piede da parecchio tempo un certo numero di siti dove questo libro è pesantemente sottoposto ad un'aspra critica di varia natura. Da parte nostra vogliamo sottolineare che la Bibbia non sostiene affatto il geocentrismo ma, al contrario, rimarca piuttosto bene quanto il nostro pianeta sia allo stesso tempo prezioso eppure insignificante nei confronti dell'intero Universo visibile ed invisibile (alludendo ovviamente a quelle realtà extradimensionali che generalmente vengono definite in termini semplicistici "mondo spirituale").

La rivoluzione eliocentrica venne introdotta in modo determinante da Johann Kepler e da Galileo Galilei dopodiché, verso il XVII secolo, cominciarono a sorgere teorie "innovative" come quelle di Kant e Laplace sull'origine del sistema solare. Così, man mano che ci si avvicina alla nostra epoca si consolidava sempre più l'idea che il sistema solare fosse originato dall'agglomeramento di particelle formanti una nebulosa proto-planetaria. Tale concezione ha subìto nel corso di questi ultimi 3 secoli numerosi raffinamenti, ripensamenti ed evoluzioni, passi avanti e passi indietro. Possiamo senz'altro notare un particolare davvero importante: il distacco del pensiero scientifico dal dogmatismo fanatico della religione.


Rappresentazioni del nostro Sistema Solare


CONCEZIONE MODERNA DEL SISTEMA SOLARE - L'attuale visione del sistema solare generalmente accettata dalla Comunità Scientifica si è arricchita via via di elementi teorici presi a prestito dalla Teoria dell'Evoluzione e dalla concezione "gradualista-uniformista" ereditata dalla geologia terrestre. Sebbene alcuni scienziati abbiano ipotizzato l'eventualità di impatti violenti tra pianeti, questi vengono quasi sempre relegati ai remoti primordi. In ogni caso oggi il sistema solare viene riconosciuto così: Sole, Mercurio, Venere, Terra, Marte, Asteroidi e comete, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, fascia di Kuiper (contenente i "pianeti nani" tra i quali anche Plutone) e l'ipotetica Nube di Oort. Che dire a proposito dell'esistenza di pianeti massicci a distanze elevatissime dal sole oltre l'orbita di Plutone? Pianeta Marte.net da anni sostiene che si tratta di una possibilità concreta e, grazie alle nuove tecnologie di rilevamento astronomico, anche parecchi scienziati stanno rivalutando seriamente tale prospettiva, sopratutto dopo alcune recenti scoperte fatte proprio all'interno della fascia di Kuiper. Naturalmente, qualora esistano veramente simili pianeti sarebbero comunque corpi bui e completamente congelati, ma in grado di produrre qualche effetto di rilievo nel caso una moltitudine di piccoli frammenti misti di roccia e ghiaccio occupassero quei freddi spazi. Per ragioni di brevità abbiamo tralasciato di elencare altre importanti caratteristiche del nostro Sistema Solare ma, a parte ciò, va rilevato che nelle moderne teorie accreditate dalla Comunità Scientifica la sua struttura sarebbe rimasta nel complesso invariata dal termine della formazione fino ad oggi.

Il modello di Meta Research - Recentemente il compianto prof. Tom Van Flandern ha pubblicato una serie di studi nel suo sito www.metaresearch.org nei quali ipotizzava una struttura originale del sistema solare leggermente diversa da quella oggi conosciuta. In sostanza Mercurio era un satellite di Venere successivamente sfuggitogli, mentre Marte era il satellite di un pianeta che si trovava nello spazio dell'attuale fascia degli asteroidi. Tra l'altro Van Flandern ipotizzò pure che vi fossero stati due pianeti in quella fascia e che andarono entrambi distrutti per cause sconosciute o quanto meno naturali. Plutone era un satellite di Nettuno sfuggito dalla sua originale orbita, mentre nella fascia di Kuiper c'erano forse due pianeti andati distrutti anch'essi per cause presumibilmente naturali.



Il modello Velikovsky/Ackerman - Interessante è pure il paradigma "Velikovsky/Ackerman". In pratica non esistevano ne Mercurio e nemmeno Venere, mentre Marte era situato in un'orbita analoga a quella oggi occupata da Venere; oltretutto Marte aveva dimensioni leggermente inferiori a quelle terrestri. In questo paradigma pare che la causa dalla quale si sarebbero originati gli asteroidi fosse proprio l'ipotetico impatto su Giove che determinò la nascita di Venere poche migliaia di anni fa, mentre gli anelli di Saturno sarebbero stati prodotti da impatti che espulsero nello spazio saturniano grandi quantitativi di acqua.

Dunque, Venere entrò in un'orbita fortemente ellittica, trasformandosi un una specie di taxi interplanetario. In pratica Venere catturava Marte e lo cedeva alla Terra, dopodiché lo riportava nuovamente nella sua posizione "naturale", il tutto accaduto a più riprese nell'arco di circa 3000 anni. In queste catture Terra e Marte si trovavano a orbitare in modo geosincrono con l'aggiunta di fenomeni estremi tra cui la separazione del nucleo di Marte dal "guscio". Durante l'ultima cattura il nucleo marziano non si riunì con il resto del pianeta dando così origine al pianeta Mercurio. Venere, alla fine, esaurita la sua ellitticità, si posizionò proprio dov'è oggi; Marte invece si allontanò parcheggiandosi nella sua attuale orbita ma, privo del nucleo, collassò nel medesimo guscio esterno che divenne il pianeta rosso e piccolo che conosciamo.

Il modello di Pianeta Marte.net - Nel nostro modello di precedente Sistema Solare - in parziale accordo con alcuni punti evidenziati dal dr.John Ackerman - non esistevano ne Mercurio e nemmeno Venere, mentre il Sistema Binario Terra-Marte costituiva la coppia di pianeti più vicini al nostro astro. Qualcuno si chiederà ovviamente da quale magico cappello di Mandrake avremmo tirato fuori tale "assurdità" e, tutto sommato, comprendiamo lo stupore di chi ci legge. Invitiamo quindi a portare pazienza che risponderemo a tali legittimi interrogativi.

Presumibilmente la distanza dal sole del Sistema Binario Terra-Marte consentiva di descrivere un'orbita circolare in equilibrio sole-pianeta-pianeta la quale - probabilmente - durava 360 giorni; pertanto tale distanza doveva essere analoga a quella attuale della Terra dal sole. Inoltre, per ovvie ragioni legate alla meccanica celeste, Il sistema Binario Terra-Marte ruotava entro un baricentro comune che, a motivo della maggiore massa terrestre, doveva situarsi molto vicino al nostro pianeta. Anche su questo punto è probabile che qualche Lettore ben ferrato in astrofisica troverà facile obiettare perchè qualunque sistema pianeta-pianeta e/o pianeta-satellite sarà destinato prima o poi a manifestare inevitabilmente la sincronizzazione 1:1 tra la rotazione e la rivoluzione del corpo minore (come la Luna, i satelliti "galileiani" di Giove, numerose lune di Saturno eccetera...). Nel caso specifico di Marte non si può certo dire che la sua rotazione di 24 ore e 37 minuti sia un elemento favorevole a remote sincronicità con orbite attorno ad un presumibile pianeta maggiore. Perciò, in accoglimento di eventuali legittime critiche, affronteremo anche questo aspetto più avanti.


Rappresentazioni del Sistema Solare originale nel modello di Pianeta Marte.net


Prima della Revisione 2010 pensavamo che in un ipotetico legame Terra-Marte si potevano considerare accettabili alcuni parametri di seguito elencati: 

  • Entrambi i pianeti avevano rispettivamente un periodo di rotazione pari a 24 ore circa

  • L'asse di rotazione allineato all'eclittica

  • Un periodo di rivoluzione-traslazione solare di 360 giorni

  • Un periodo orbitale lunare del pianeta minore Marte pari a 30 giorni terrestri.

Sfortunatamente questi valori sono difficilmente dimostrabili. In realtà, il fatto che Terra e Marte abbiano rotazione e inclinazione dell'asse quasi uguali non è di per se la prova diretta che formavano un legame pianeta-pianeta, ma - volendo tirare le corde - il risultato di quella serie di fenomeni che ne avrebbero invece determinato la separazione.  

Nel nostro modello di precedente Sistema Solare probabilmente esisteva, ad una distanza dal sole grossomodo pari al doppio rispetto alla coppia Terra-Marte, un pianeta (evidentemente andato distrutto) del quale non sappiamo praticamente niente, tantomeno se avesse avuto satelliti. Al doppio della distanza di questo pianeta scomparso c'era Giove con le sue lune e, secondo la nostra opinione, un sistema di anelli molto esteso. Ad una distanza doppia di Giove c'era Saturno con le sue lune e i suoi anelli ed assomigliava (ed assomiglia ancora) a Giove per dimensioni, caratteristiche, composizione e rotazione. Al doppio della distanza di Saturno c'era Urano con le sue lune e i suoi anelli. Ad una distanza doppia di Urano c'era Nettuno con le sue lune e i suoi anelli. Anche questo pianeta aveva (ed ha ancora) in comune con Urano dimensioni, caratteristiche, composizione e rotazione.

Per quel che concerne i pianeti trans-nettuniani ribadiamo quanto detto poco sopra: pensiamo che ne esistano anche di dimensioni rilevanti, ipotesi tra l'altro ben vista persino da diversi scienziati che lavorano per la NASA. In conclusione, nel nostro modello teorico, il sistema solare era caratterizzato da una superlativa stabilità ed efficienza sotto molti punti di vista, persino da quello artistico. Un sistema planetario bello, elegante, pulito e privo di grossi detriti vaganti potenzialmente pericolosi per i pianeti stessi (in particolare per la Terra).

L'origine di Plutone-Caronte - Il dr. Zecharia Sitchin (scomparso verso la fine del 2010) sosteneva che Plutone fosse un'antica luna di Saturno sfuggitagli, ma le scoperte effettuate non hanno offerto quasi nessun supporto a tale affascinante affermazione. D'altro canto, la dr. Robin Canup, a partire da fine anni 90 del secolo scorso, ha sviluppato un complesso ed elaborato modello simulato al computer che mostra la formazione della coppia Plutone-Caronte come risultato di un impatto catastrofico tra due corpi della fascia di Kuiper. Nonostante tale ipotesi sia davvero geniale ed accattivante, bisogna però ammettere che l'idea stessa secondo cui da due corpi indefiniti se ne riformino due dotati di moto orbitale stabile e geosincrono lascia un pochino perplessi.


Schema e immagini del sistema Plutone-Caronte con i nuovi satelliti scoperti di recente e schema ipotetico sulla struttura interna di Plutone


La nostra ipotesi invece verte su un evento violento abbattutosi sulla superficie di Nettuno. In sostanza, la deflagrazione esplosiva fu tale da eiettare nello spazio un'enorme quantità di materiale, formando così una specie di nube planetaria. Essa però si trovò a subire due effetti opposti: la prevalente spinta di fuga verso l'esterno e, contemporaneamente, l'attrazione gravitazionale di Nettuno. Questa massa gassosa iniziò allora a roteare su se stessa ed in breve tempo si formarono i due principali nuclei di aggregazione che conservarono nel tempo il valore iniziale di spin. I due nuclei collassarono a motivo della loro stessa gravità, ma continuarono a roteare su se stessi in modo perfettamente sincronizzato. La curiosa orbita attorno al sole della coppia Plutone-Caronte e la rispettiva composizione chimica dei due corpi celesti potrebbe suggerirci il presumibile punto d'origine: Nettuno. Sia Plutone che Caronte sembrano contenere molta acqua, discrete percentuali di azoto, metano ed altri elementi tipicamente presenti nei pianeti gassosi e nella fascia di Kuiper. Non dobbiamo inoltre trascurare che, dalle ultime e accurate rilevazioni, Plutone possiede altri due piccoli satelliti. Quindi, a meno che l'impatto ipotizzato dalla dr. Canup fosse stato più caotico del previsto, dobbiamo senz'altro optare per la nostra ipotesi nettuniana oppure considerare Plutone come un "semplice" mini pianeta formatosi secondo i normali canoni stabiliti dai modelli standard nella suddetta fascia di Kuiper.  

L'origine di Venere - Normalmente dovremmo ritenere che Venere sia nato come gli altri pianeti del sistema solare, ma vi sono tre fattori curiosi da considerare:

  1. La rotazione di Venere è retrograda. Già questo non è molto coerente in relazione al modello di collasso gravitazionale uniforme, nel quale il disco di polveri e gas avesse seguito una direzione unica per l'accrescimento dei pianeti. Tuttavia, anche Urano possiede egualmente una rotazione retrograda.

  2. La rotazione di Venere è così lenta che non si capisce se effettivamente sia nato vicinissimo al sole o in altro modo. Nemmeno Mercurio ruota così lentamente! Infatti, quanto più un corpo planetario orbita vicino alla stella madre tanto più le forze di marea di quest'ultima dovrebbero col tempo sottrarre momento angolare (spin) al pianeta ponendo infine rotazione e rivoluzione in sincronia 1:1. D'altra parte, volendo ragionare in modo pragmatico, potremmo ritenere irrilevanti queste caratteristiche e classificarle come "peculiarità" planetarie e nulla più.

  3. L'eccentricità dell'orbita di Venere è bassissima rispetto a quella degli altri pianeti. Tale peculiarità non si accorda molto bene in un contesto dove gli influssi di marea del sole sono tutt'altro che irrisori, specie a distanze così brevi.


Mappatura di Venere con differenziazione altimetrica in falsi colori


L'ipotesi che Venere sarebbe un pianeta giovanissimo, addirittura formatosi poche migliaia di anni fa - come sostenuto nel paradigma Velikovsky-Ackerman - lascia un po' interdetti perchè stravolge totalmente le moderne concezioni sull'evoluzione dei sistemi planetari. Possiamo affermare con relativa sicurezza che un'idea del genere non sarà mai accettata dalla Comunità Scientifica. D'altronde bisogna pur ammettere che anche le migliori teorie moderne, benché coadiuvate da aggiornatissimi dati acquisiti con l'invio di sonde spaziali, fanno di queste ipotesi di lavoro solamente delle versioni più aggiornate e certamente più efficienti delle medesime, rimanendo sempre e comunque buone teorie. Da qui ne consegue la nostra regola riassuntiva:

"Sostenere che la formazione di un pianeta possa / debba verificarsi per collasso gravitazionale da un disco di materia interstellare e/o sostenere che la formazione di un pianeta possa / debba verificarsi attraverso l'estrusione di materia di un altro corpo celeste (nella fattispecie un altro pianeta) costituisce due modi per descrivere la formazione di un pianeta". 

Allo scopo di rendere il concetto ancor più efficace prendiamo come esempio proprio la teoria relativa alla formazione della Luna comunemente definita "Teoria della Collisione". Ne abbiamo già parlato parecchio, ma adesso osserviamola da questa prospettiva: "Un impattatore delle dimensioni di Marte colpì la giovane Terra con una forza sufficiente da provocare un'estrusione di materiale dal quale si formò la Luna". Ed ora passiamo a Venere: "Un grosso impattatore vagante colpì in pieno la "superficie" di Giove provocando un'estrusione di materia dalla quale si formò il pianeta Venere".

Come avremo ben notato le due descrizioni sono, nella sostanza, molto simili fra loro, anche se esistono ovviamente alcune importanti considerazioni di natura chimica, gravitazionale e dinamica di cui tener conto. Ciò nonostante quella relativa alla Luna, per quanto complicata e altamente improbabile, è stata accettata quasi all'unanimità, mentre invece la teoria alternativa sulla formazione di Venere è stata osteggiata sin dall'inizio. Perchè? Forse perché la maggior parte degli scienziati ritengono praticamente impossibile che un pianeta si formi nei pressi e dalla stessa materia di un altro pianeta che, oltretutto, orbita abbastanza lontano dal sole (nella fattispecie Giove), per poi spostarsi gradualmente ed entrare infine a descrivere un'orbita circolare ad una distanza assai vicina al sole. Dal nostro punto di vista, non vi sono ragioni valide per escludere a priori la formazione di Venere dall'estrusione di materia del pianeta Giove, come d'altronde non vi sarebbero ragioni valide per escludere la normale formazione di sistemi pianeta-satellite(i) con l'eventualità che uno o più satelliti potrebbero successivamente essere a loro volta distrutti o sfuggire dalla loro orbita. Quello che invece non possiamo affermare con dogmatica certezza è che Venere si formò in un modo piuttosto che in un altro.

La formazione di Venere proposta nel modello Velikovsky/Ackerman è interessante non tanto a motivo di chi l'ha postulata, ma perchè potrebbe essere tutto sommato una teoria significativa e adatta a collocare questo pianeta come "anomalia neonatale". Sulla sua evoluzione potremmo benissimo applicare gli stessi principi standard che caratterizzano i collassi gravitazionali in genere; pertanto la materia espulsa dalla superficie di Giove, una volta entrata in auto-rotazione, cominciò a collassare rapidamente dando origine ad una grande proto-massa il cui prodotto finale fu un pianeta di dimensioni, massa, gravità e densità molto simili a quelle della Terra. E' palese il fatto che qualche Lettore dotato di acume potrebbe obiettare chiedendosi/ci per quale ragione su Nettuno lo stesso tipo di fenomeno avrebbe generato un sistema geosincrono mentre qui "solo" un pianeta...  Ebbene, vi sono diverse opzioni da offrire come plausibile risposta, ed eccole elencate di seguito :

  1. a motivo delle differenti dimensioni, condizioni gravitazionali e influssi di campo magnetico di Giove e di Nettuno.

  2. a motivo delle diversa caratterizzazione chimica su base stratigrafica di Giove rispetto a Nettuno.

  3. a motivo delle differenti temperature riscontrabili su Giove e su Nettuno.

  4. a motivo delle differenti condizioni d'impatto su Giove e su Nettuno.

  5. a motivo dei differenti tipo di impattatore che colpirono rispettivamente Giove e Nettuno.

Non è da escludere invece che, anche nell'impatto su Giove, si formarono alcuni corpi minori i quali però ricaddero sul pianeta d'origine oppure si persero nello spazio oppure ancora vennero attratti dal sole o, infine, divennero satelliti di Giove. In ultima analisi, si potrebbe anche semplicemente affermare che nell'impatto di Giove non si formò nessun altro corpo minore per pura casualità.


Immagine della superficie di Venere in falsi colori


Che dire dei mutamenti orbitali del neonato Venere? Stando al modello Velikovsky/Ackerman, dapprima essa dovette essere fortemente ellittica ma, col trascorrere del tempo, andava riducendosi mentre il neo-pianeta cedeva gradualmente la propria energia inerziale ad ogni passaggio vicino al sole, seminando materia nello spazio circostante e raffreddandosi sempre più. Tuttavia, benché questa ipotesi offra qualche vantaggio esplicativo racchiude altri problemi pratici da non sottovalutare. Primariamente, la dispersione di materiale nello spazio starebbe infatti ad indicare l'esistenza di una condizione di elevata mobilità termica, quanto basta da risultare maggiore della velocità di fuga del corpo celeste stesso. Secondariamente, al diminuire della massa complessiva del neo-pianeta è probabile che ne sarebbe derivata un'alterazione orbitale non solo in termini di riduzione di ampiezza, ma anche di posizione. In altre parole, passando al perielio avrebbe dovuto generarsi di volta in volta una leggera compensazione causata sia dalla diminuita velocità che dalla differenza della massa sottratta in precedenza, sufficienti così da spostare l'intera ellisse orbitale. Pertanto, la chiusura entro una ristretta orbita circolare sarebbe stata provocata dall'insieme di più effetti sommati fra loro.

E' chiaro che questa descrizione risulterà dura da digerire specie per chi è abituato solo a vedere l'apparente quiete e staticità del nostro sistema solare. Dopotutto - come inizialmente detto - nelle teorie standard Venere, al pari degli altri pianeti, sarebbe nato in circostanze "normali" dall'aggregazione di planetesimali fino al raggiungimento delle sue attuali condizioni; quindi non possiamo certo biasimare coloro che tenderanno a storcere il naso leggendo simili "assurdità" da catastrofisti. Come ha recentemente osservato il prof. Emilio Spedicato nel suo articolo "Cattura della Luna e Perdita di Marte", alcune recenti scoperte riguardo i pianeti extrasolari stanno costringendo parecchi ricercatori del settore a rivedere certi luoghi comuni e credenze legate alla presunta stabilità dei sistemi planetari e a possibili cambiamenti improvvisi delle orbite dei pianeti attorno alla loro stella madre. Naturalmente siamo a conoscenza delle varie ipotesi offerte per spiegare la sostanziale assenza di campo magnetico, la rotazione lenta e retrograda e la bassa eccentricità orbitale di Venere, tutte ipotesi in definitiva buone e valide. Ma sono ipotesi tanto quanto le nostre, indipendentemente da chi le ha avanzate.

La nascita di Mercurio - Nel modello proposto dal compianto prof. Tom Van Flandern, il pianeta Mercurio era un satellite di Venere in seguito sfuggitogli.  Nel paradigma Velikovsky-Ackerman la nascita di Mercurio è invece un evento che ha dell'inverosimile. Esso sarebbe stato il nucleo di Marte che, per fattori gravitazionali e magnetici, si trovò ad essere separato dal resto del pianeta. Premesso che un fenomeno del genere è estremamente improbabile non è tuttavia impossibile. Sappiamo che effettivamente Marte perse il suo campo magnetico in un periodo incerto della sua storia primitiva, miliardi di anni fa; questo è almeno ciò che sostengono molti scienziati impegnati nello studio del Pianeta Rosso. Quindi, un fondamento su cui poter proporre un'ipotesi di lavoro esiste.

La nostra perplessità nasce invece nell'immaginare la fuoriuscita e il rientro ripetuto di un nucleo planetario per di più a distanza ravvicinata con la Terra, senza il verificarsi di altrettanti effetti distruttivi al nostro pianeta. Di conseguenza, oltre alla evidente contraddittorietà, l'idea del Venere come "Taxi spaziale" che trasportava Marte dalla sua orbita originale fino a quella terrestre (con il conseguente distacco e riunificazione del nucleo centrale) risulta essere senza dubbio un quadro descrittivo troppo complicato da considerasi anche minimamente plausibile. Diversamente, che Marte possa aver subìto un evento catastrofico straordinariamente violento e capace di destabilizzare il suo campo magnetico originale, se non addirittura da causare una notevole dispersione nello spazio di materiale interno, è un dato di cui siamo più che convinti. Ma non al punto da vedere una separazione dell'intero nucleo centrale divenuto poi il pianeta Mercurio.


Immagini di Mercurio acquisite dalla sonda Messenger e schemi della struttura interna. Mercurio sembrerebbe a tutti gli effetti un nucleo planetario quasi nudo.


Ciononostante, ci siamo anche noi posti alcune domande sulla natura di Mercurio qualora la sua formazione non avesse seguito i normali canoni standard postulati nelle moderne teorie accettate dalla Comunità Scientifica. Esaminando la composizione e la struttura di Mercurio si potrebbe dedurre che in epoche passate fosse stato un pianeta più grande, grossomodo analogo a Venere o alla Terra. In altre parole Mercurio potrebbe essere veramente il nucleo di un antico pianeta andato parzialmente distrutto, rivestito da un piccolo guscio di crosta (i resti del mantello primitivo). 

Che dire dell'originale posizione nel Sistema Solare di Mercurio? Dal momento che non abbiamo specifici elementi di supporto oltre ciò che lo stesso nostro sistema solare offre, dobbiamo ipotizzare che la posizione del primitivo pianeta andato distrutto debba ubicarsi nella fascia di asteroidi tra le orbite di Marte e Giove. Ma qualcuno giustamente obietterà rammentando che gli asteroidi, messi insieme, raggiungono a malapena la metà della massa lunare. Dunque? Probabilmente la quantità di detriti spaziali attualmente conosciuti rappresenta solo una minima frazione di tutta la massa espulsa in origine, andata col tempo disintegrandosi contro il sole, spostandosi verso i pianeti gassosi e verso lo spazio profondo.

Rimanendo sul nostro inquadramento teorico, dobbiamo nostro malgrado accettare l'evidenza che il neo-pianeta dovette spostarsi lentamente verso l'interno del sistema solare, cosicché ci sarebbe ancora una volta da chiedersi come mai non andò anch'esso a schiantarsi contro il sole o altrove. Verrebbe allora da supporre che la distruzione del pianeta non si verificò in modo esplosivo altrimenti dovremmo ancora oggi rilevare asteroidi che orbitano in senso opposto rispetto ad altri, soddisfacendo i postulati di un'ipotetica deflagrazione ad andamento radiale e simmetrica.

Che accadde allora a questo nucleo planetario spogliato del mantello e della crosta? Sostanzialmente, dapprima si dilatò in modo rapido, non essendo più sottoposto alla pressione degli strati superiori del pianeta originale e provocando così una nuova (seppur minore) differenziazione chimica dalla quale si crearono getti di materiale che furono eiettati verso l'esterno. Alcuni di questi frammenti ricaddero nella neo-superficie creando molti crateri da impatto, ma è anche possibile che Mercurio, nella sua fase di spostamento incontrò molti altri frammenti spaziali che impattando formarono ulteriori crateri. Successivamente Mercurio subì una lieve compressione globale. Interessante notare che alcune fratture superficiali sono realmente state individuate dalla sonda Messenger ed interpretate da certi scienziati come segni di compressioni della crosta. 

In conclusione - I diversi modelli di Sistema Solare originale, partendo dalle antiche concezioni geocentriche e arrivando fino ai nostri tempi moderni, contengono certamente molti elementi che la maggior parte di chi ci legge riterrà inaccettabili. E, indubbiamente, nemmeno noi non siamo nelle condizioni di definire le nostre ipotesi "verità scientifiche" perchè in buona misura esse sono e (temiamo) resteranno indimostrabili. Pertanto il lavoro, le ipotesi ed il materiale pubblicato dagli scienziati sulla Storia e l'Evoluzione del Sistema Solare devono essere rispettati e non ripudiati solo per futili personalismi. Col tempo idee e concetti verranno inevitabilmente aggiornati, perciò dobbiamo sempre manifestare pazienza e amore per questi affascinanti argomenti.

 

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