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MARS GALLERY |
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MARS GALLERY |
Siamo giunti, bisogna ammetterlo, ad un nodo cruciale della nostra Mars Gallery. Abbiamo acquisito numerosi, ed importanti, contributi provenirti sia da fonti "nostrane" che da fonti estere. E siamo stati anche in grado di confrontare, speriamo in modo equo, diverse metodiche interpretative riguardanti lo spinoso tema dei colori di Marte. Vogliamo fare il punto della situazione?
Limiti del nostro procedimento di editing. Le nostre elaborazioni soffrono di un evidente gap concettuale derivato da fattori esteri alla nostra volontà: quando tentiamo di rimuovere l'eccesso di colorizzazione "rossa" nei fotogrammi di provenienza NASA, presupponiamo che sotto quella patina dovrebbero "nascondersi" i veri colori del paesaggio marziano. Ma come stanno poi le cose? Basta tornare alla pagina "Comparazione" e confrontare i risultati ottenuti nei fotogrammi del Rover Opportunity, relativi ai sol 324 e sol 330. Come potete ben notare il nostro elaborato appare pesantemente "carico" di grigio e verde, mentre gli elaborati di Daniel Crotty mostrano tonalità molto più chiare e "naturali". Certo, avremmo potuto modificare contrasti, luminosità a gamme ecc. ma, avrebbe significato aggiungere procedimenti artificiosi; infatti il nostro metodo è caratterizzato da una estrema semplicità operativa. Ecco dunque i tre punti caldi del nostro procedimento: 1) Se il fotogramma originale è pesantemente alterato il nostro risultato soffrirà degli effetti di tale alterazione. 2) Se il fotogramma originale è solamente colorizzato (con eccesso di rosso) allora il nostro elaborato dovrebbe riacquistare i colori naturali nella giusta proporzione. 3) Se invece il fotogramma originale è già calibrato nelle corrette proporzioni, ma mostra un panorama con dominante rosa, allora corriamo il rischio di alterare noi stessi un prodotto verosimile, creandone uno "falsato". A differenza della tecnica adottata da Daniel Crotty, noi operiamo nel prodotto finito. Diversamente Daniel Crotty riesce a lavorare con un sistema multispettrale che allinea singoli sub-frames a diverse lunghezze d'onda (calibratura radiometrica). I Colleghi Lunexit "colorizzano" invece una sola volta un frame in b/w, adottando alcuni assunti base quali: ora del giorno, opacità atmosferica stimata e possibile contenuto di polveri in sospensione, stagione, temperatura ecc. Ma allora come vedremmo il cielo su Marte se ci trovassimo lì? Partiamo da questo fondamentale presupposto: sia sulla Terra che su Marte abbiamo la presenza di un'atmosfera. Tuttavia l'atmosfera terrestre è inevitabilmente più densa e più spessa di quella marziana; già il solo fatto che la Terra è più grande come pianeta preclude a Marte la capacità di possedere un volume d'aria uguale a quello terrestre. Detto questo prendiamo in esame tutta la documentazione disponibile. Secondo ciò che scrive Gianluigi Adamoli nell'articolo "Le tempeste di sabbia di Marte" (maggio/giugno 2003) leggiamo quanto segue: "Modelli fisici suggeriscono che la forza del vento non riesce a sollevare i granelli di sabbia; piuttosto avviene un fenomeno detto saltazione, ovvero questi compiono "salti" limitati (lunghi circa 1 m), collidendo nella caduta con altri granelli che vengono a loro volta sbalzati in aria. In questi impatti il granello si può frantumare; le particelle più fini che si sprigionano da questo turbinio vengono mandate in sospensione". Se dunque l'atmosfera marziana fosse veramente tanto rarefatta come si ritiene (e come i dati diffusi dagli Enti Spaziali suggeriscono) il quadro descritto da Adamoli è pienamente condivisibile. Egli infatti continua: "Quando si dice "tempesta di polvere", non bisogna cadere nella facile analogia con il nostro pianeta: ricordiamo che l’atmosfera di Marte, oltre che chimicamente diversa (quasi tutta diossido di carbonio, CO2), è densa meno di un centesimo della nostra, con una pressione di soli 6 mbar al suolo. La temperatura è rigida, mediamente molto al di sotto dello zero Celsius, con una forte escursione termica che la porta per brevi periodi su valori positivi (al massimo +20°C), d’estate e nelle ore centrali della giornata. Marte non possiede una biosfera né acqua liquida, almeno superficiale, è un mondo roccioso completamente secco ricoperto da polvere ben diversa da quella terrestre, perché mancante della componente biologica. La polvere marziana deriva dall’erosione fisica delle rocce, prodotta essenzialmente dall’escursione termica, che le frattura con grande efficienza e le riduce a una sabbia molto fine". Mettiamo da parte adesso le disquisizioni più o meno personali, legate peraltro alle diatribe oggi tanto di moda, e seguite il nostro doppio mosaico cronologico, composto dalle immagini dei MER da noi scelte, visionabile alle pagine "Spirit" e "Opportunity". Ammettendo che le calibrature multispettrali di Daniel Crotty siano accettabili, possiamo comprende molto chiaramente che, quando i MER atterrarono su Marte (inizi del 2004), permaneva una fortissima opacità atmosferica, tale da rendere il cielo sostanzialmente rosa, tendente al quasi-bianco (verso la posizione del sole). Se osservate bene i fotogrammi vi accorgerete che la visibilità di fondo è proprio tipica delle foschie da pulviscolo. Soffermiamoci sul percorso di Spirit. L'opacità è molto intensa proprio nei primi sol di permanenza fino al sol 120. Ma guardate bene perchè proprio nel sol 120 si riesce a intravedere perfettamente la dominante cromatica sottostante del cielo di Marte: il blu. Possiamo dedurre che, nei primi 3-4 mesi dall'atterraggio di Spirit, la cappa di polvere si era progressivamente diradata. Spettacolari sono i frames successivi: osservate le immagini relative ai sol da 149 a 296. Man mano che Spirit proseguiva il suo viaggio le quantità di polveri in sospensione diminuivano ulteriormente, mostrando in modo clamoroso la naturale dominante del cielo marziano: il blu, fino al sol 459 dove si vede un bel cielo sereno e relativamente limpido. Le condizioni di opacità atmosferica non sono state comunque sempre le stesse. Nei mesi successivi si direbbe che l'opacità è nuovamente aumentata per diminuire progressivamente in seguito. Con tutta la buona volontà ci risulta davvero difficile credere alla trentennale dichiarazione, corredata da grafici e tabelle, attestante la "estremamente" sottile e rarefatta atmosfera marziana. I frames relativi ai sol 823 e 835 ci indicano con tutta probabilità l'esatto opposto: guardate bene come il cielo sembra chiaro (meno comunque del cielo terrestre), tanto da far supporre addirittura che vi fosse una cospicua presenza di acqua in sospensione. Le immagini relative ai sol da 853 a 895 non lascerebbero più alcun dubbio sulla dominante naturale: il blu. Ed ora soffermiamoci sul percorso di Opportunity. Analogamente al Rover gemello, potremmo in sostanza tracciare un percorso cronologico parallelo. L'opacità atmosferica era altrettanto elevatissima ai primi sol di permanenza fino al sol 295; anche qui potete constatare, senza troppa fatica, come la dominante naturale emerge da tutta quella polvere: il blu. Nei mesi successivi, evidentemente, qualche genere di fenomeno locale ha provocato un nuovo forte aumento dell'opacità atmosferica (noi abbiamo selezionato alcuni frames rappresentativi dal sol 326 al sol 660) che è poi progressivamente diminuita, riducendosi a livelli minimi e lasciando visibile il cielo blu naturale. Si evince una certa differenza sui livelli di polveri in sospensione, tenendo conto di fattori quali periodo stagionale, temperatura, latitudine, pressione atmosferica e umidità relativa. Abbiamo detto che non tutta la superficie di Marte potrebbe dar luogo al vento di sollevare facilmente la polvere, specie dove sono ubicate le distese di ghiaccio secco (CO2) e d'acqua, oppure dove il suolo è relativamente compattato dalla presenza di permafrost ed altre sostanze (liquide o simili?). Le dominanti cromatiche fondamentali di Marte sono tre: l'arancione per il terreno (escludendo poi le tinte grigio-verdi localizzate), il blu per il cielo sgombro da polveri e/o vapore acqueo ed il rosa (fino al rosa quasi bianco) per il cielo soggetto ad opacità atmosferica. Dobbiamo ammettere inoltre che le nostre elaborazioni, con tutte le incertezze che si portano dietro, hanno trovato una buona compatibilità con quelle di Daniel Crotty. Per esempio confrontando le immagini del sol 744 relativo a Opportunity si può riscontrare come la versione NASA sia vistosamente... sbilanciata. Quella nostra e quella di Daniel Crotty mostrano entrambi cieli azzurri e quella sostanza grigio-verde nel terreno. Stessa cosa vale per l'immagine relativa al sol 178 di Spirit: mentre la versione NASA mostra ancora lo sbilanciamento le altre due sono largamente affini; Crotty mostra una certa opacità residua che nel nostro elaborato è assente. Riguardo ai sol 149 e 210 di Spirit possiamo dire idem. Non ci vogliamo comunque spingere nel considerare il nostro lavoro migliore di quello NASA o di Daniel Crotty. E' interessante però il fatto di essere giunti a risultati affini mediante tecniche, in effetti, opposte fra loro. Addirittura le elaborazioni dei sol 809 e 810 di Spirit sono quasi identiche! E questo ci fa pensare che i nostri lavori potrebbero essere, potenzialmente, vicini al reale aspetto del paesaggio marziano. Ma allora cosa favorisce la permanenza relativa dei cieli rosa? La domanda assume così un valore diverso che se fosse posta solo allo scopo di dimostrare "perenni ed eterni" tonalità rosa. Una ragione molto semplice è che su Marte, fondamentalmente, mancano le precipitazioni, insomma non piove. Almeno non come qui sulla Terra. Quindi, sebbene le tempeste di vento globali sono decisamente rare, è altresì vero che quelle "locali" sono invece molto più frequenti. Mancando le piogge, le polveri saranno continuamente sottoposte a cicli di sollevamento-ricaduta. Siamo comunque convinti che, da parecchi anni, su Marte stia accadendo qualcosa di affascinante: a motivo del riscaldamento globale il tasso di H2O sarebbe in costante aumento. Cosa potrebbe comportare? Se l'aumento fosse inferiore al tasso di bombardamento degli UV è possibile che avremo una dispersione dell'acqua sotto forma di O2, O3 e, soprattutto, altri composti ossidati. Se l'aumento fosse abbastanza forte da compensare l'aggressione degli UV allora è possibile che avremo un lento, ma costante, arricchimento di acqua, ossigeno e ozono in atmosfera. Di questo argomento già parlammo circa un anno e mezzo fa. Osservando le immagini proposte vi sarete accorti, comunque, che la luminosità complessiva del giorno marziano è inferiore a quella terrestre. Fattori come maggiore distanza dal sole e minore spessore dell'atmosfera concorrono ovviamente a tale status, innegabile e palese. Per concludere, abbiamo messo a disposizione un notevole quantitativo di dati ed interpretazioni di Marte, talvolta contrastanti fra loro ma, nel complesso, molto suggestive ed interessanti. Non sta a noi, in ogni caso, obbligare i Lettori a considerare veritiere solo le nostre premesse e conclusioni. Ciascuno eserciti la propria facoltà di esaminare e scegliere/decidere a quale "corrente" aderire. Abbiamo dato spazio ai Colleghi Lunexit con le loro affascinanti e suggestive elaborazioni; abbiamo parlato di Holger Isemberg e del suo lavoro, del lavoro di Daniel Crotty e del nostro (che consideriamo noi stessi il più scadente). 2004 - 2008 Pianeta Marte.net. All right reserved. |
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