INTRODUZIONE - Furono Immanuel Kant e Laplace a proporre una prima teoria basata sull’idea che il sole ed i pianeti nacquero a partire da una nube di gas e polveri. Tale concetto nel corso dei tre secoli successivi venne sottoposto ad una considerevole serie di rielaborazioni dovute ai problemi "tecnici" insiti in questo genere di teorie innovative. Nel contempo vennero proposte da altri studiosi tesi alternative di tipo catastrofistico secondo le quali - tanto per citare un esempio - i pianeti nacquero a partire da un urto (o quasi) tra il sole ed un’altra stella. Ma anche questi modelli non superarono la prova del tempo. Cionondimeno, nel XX secolo la teoria del collasso gravitazionale divenne praticamente quella universalmente più accreditata, soprattutto grazie al contributo di scienziati quali Fred Hoyle, Olaf Alfvèn, F. Von Weizsacker e molti altri naturalmente. Il XX secolo è stato inoltre caratterizzato dall’avvento di mezzi tecnologicamente avanzati e veicoli spaziali.



Eppure, nonostante i progressi straordinari e l'accresciuta conoscenza acquisita, la realtà attuale purtroppo è caratterizzata da un certo margine di incertezza sulla comprensione dei meccanismi che hanno portato alla formazione del sistema solare. Se volessimo “tirare le somme” su tutte le tesi fino ad oggi proposte potremmo tranquillamente affermare che il sistema solare non dovrebbe proprio esistere. Ad una prima analisi, sia le ipotesi standard di tipo gradualista (un adattamento della Teoria dell'Evoluzione) che quelle basate sul catastrofismo mostrano lo stesso “colore” di fondo: il tentativo, talvolta disperato, di cercare ogni spiraglio possibile per conferire alla Natura la "miracolosa" capacità di agire da sé. In altre parole, quasi tutti i paradigmi scientifici e non, sostengono che gli eventi dai quali (e grazie ai quali) si formarono il sole ed i pianeti si sarebbero praticamente susseguiti in modo del tutto spontaneo e senza nessun genere di controllo. E così il nostro Sistema Solare sarebbe il prodotto di una incredibile serie di eventi giusti, verificatisi tutti al momento giusto, nella giusta intensità, nella giusta misura e nella giusta portata.



Che la materia necessaria alla nascita e sviluppo di un sistema solare possa essere diffusa nello spazio interstellare è un postulato abbastanza ovvio, così come anche il discorso del “collasso gravitazionale”. In definitiva dovrà pur esistere un "meccanismo" capace di innescare tutta quella serie di reazioni a catena mediante i quali si dovrà poi giungere alla formazione di qualcosa. Pertanto, cercheremo di esaminare fattori come  ad esempio:

  1. la densità della materia all'interno e all'esterno di una nebulosa;

  2. i possibili meccanismi in grado di attivare il moto di gas e micro particelle di polvere fino al collasso gravitazionale effettivo;

  3. la formazione delle proto-masse fino alla nascita di un pianeta.

LA MATERIA INTERSTELLARE - I gas e le polveri diffusi nello spazio in effetti possono raggiungere, se presi nel complesso, valori di massa enormi. Ma dobbiamo considerare che a tale massa va attribuito uno spazio altrettanto enorme. La densità delle polveri e dei gas interstellari in pratica è talmente bassa che in certe zone della galassia può arrivare addirittura a meno di un atomo per cm3. In altre zone, come nelle nebulose, può invece variare da 10-1000 atomi per cm3 fino a 10^7 atomi per cm3, valori decisamente più elevati. Confrontiamo però questi dati con la densità della nostra aria al livello del mare e ci renderemo ben conto della netta differenza: oltre 50x10^18 atomi per cm3. E' chiaro il concetto?

Nelle teorie maggiormente accreditate si ritiene che il collasso gravitazionale potrebbe essere innescato da vari fenomeni: esplosioni di supernova, passaggio di nebulose tra altre nebulose, emissione di vento stellare locale ecc. Indubbiamente fattori plausibili e persino accettabili. Tuttavia dobbiamo anche guardare le cose da un'altra prospettiva e valutare che, in talune circostanze, potrebbe essere vero l’esatto contrario. In altre parole, i fattori d'innesco sopra menzionati non è detto che poi favoriranno automaticamente l'aggregazione della materia. Anzi, potrebbero causare una ulteriore dispersione e diminuzione della densità di gas e polveri nello Spazio. La conseguenza è palese: minori probabilità di accrescimenti in molecole e “grumi di polveri”, quindi meno probabilità che la catena di eventi vada avanti fino alla nascita di stelle e pianeti.


La quantità di materia interstellare, come si può ben constatare dalle immagini di varie nebulose, è enorme così come è altrettanto enorme la sua massa. Ma non dobbiamo lasciarci trarre in inganno dalle apparenze perchè anche lo spazio è, allo stesso modo, enorme.


Dobbiamo allora stare attenti a non cadere nelle trappole ideologiche nascoste dietro certe forme di pragmatismo tecnicista secondo cui, tutto sommato, anche le particelle di materia lontane chissà dove influiscono su quelle situate agli antipodi di chissà dove, magari a decine o migliaia di anni luce di distanza. Naturalmente sappiamo che la forza di gravità - almeno così abbiamo imparato - tiene unito l'intero Universo, questo è vero. Ma non possiamo certo pretendere di spianare il Monte Everest facendo brillare un candelotto di dinamite nella galassia M31.

La morale della favola è che avremmo forse le stesse probabilità che un sistema planetario possa formarsi o non formarsi. Inoltre non risulta che esistano prove convincenti tali da stabilire fino a che punto un esplosione e/o un flusso di particelle ionizzate emesse dal vento stellare possano unire (unirsi) piuttosto che disperdere (disperdersi). Per quel che riguarda le nebulose, nel caso che una passi in mezzo ad un’altra, avremmo di sicuro un aumento della densità media di materia, ma non è dimostrabile con certezza che da tali passaggi ne scaturiranno poi eventi che sfoceranno in collassi gravitazionali. E il motivo starà sempre nel volume di spazio implicato che risulterà essere comunque enorme; così come l'attrazione tra atomi sarà praticamente irrisoria. Di conseguenza, anche sommando l'effetto gravitazionale globale di un'intera nebulosa è difficile pensare che si arriverà alla formazione di qualcosa. Eppure le stelle ed i pianeti esistono eccome! Cosa manca? Forse interazioni più significative con le suddette particelle ionizzate (materia allo stato di plasma)? Interazioni tra materia e campi elettromagnetici? Oppure saranno le oscillazioni armoniche delle onde gravitazionali a fungere da motore d'innesco dei collassi della materia interstellare? Optando per l'ultima domanda le esplosioni di supernova diverranno allora un fattore chiave!



L’accelerazione gravitazionale e il momento angolare - Considerato che non è lo scopo principale di questo articolo, saltiamo lo spinoso quanto affascinante tema dell'evoluzione di una stella come il Sole (dalla sua formazione fino al raggiungimento del relativo equilibrio idrostatico) e concentriamoci piuttosto sul disco di accrescimento formato da gas e polveri dal quale, presumibilmente, si è formato il nostro Sistema Solare. Precisiamo però che concetti quali l'accelerazione gravitazionale ed il momento angolare sono soggetti di una complessità elevatissima, quindi tenteremo di affrontarli nel modo più semplice possibile. Ci scusiamo sin d'ora per eventuali imprecisioni o errori che, purtroppo, potremmo commettere. Sarà nostra premura correggerli non appena li avremo individuati o ci saranno gentilmente segnalati.  


Rappresentazioni schematizzare di come l'attrazione gravitazionale esercita il suo influsso su due oggetti privi di moto inerziale proprio.


Anzitutto prendiamo in esame un primo aspetto inerente ciò che definiamo "attrazione gravitazionale" fra corpi posti nello spazio. Potremmo rappresentarla come una linea retta che procede nella direzione più breve verso i centri di gravità di due oggetti  ideali (A1 e A2) dotati di massa M1 ed M2. Da una simile prospettiva si evince abbastanza facilmente che l'oggetto A2 la cui massa è inferiore a quella di A1, situato ad una distanza pari a X, ne verrà semplicemente attratto con moto rettilineo ed uniformemente accelerato fino a quando gli cadrà addosso divenendo così parte integrante di A1. Possiamo comprendere allora che, in condizioni di assenza di moto inerziale, all'interno di una nebulosa interstellare probabilmente non si formerà mai nessun disco rotante poiché qualsiasi molecola o grumo di materia interstellare verrebbe inesorabilmente attratto verso l'ipotetico corpo dotato di massa e forza di attrazione gravitazionale prevalenti. Ma questa è teoria. Di fatto, nella realtà le cose funzionano in maniera assai più complessa. Se riuscissimo a capire il motivo per cui la materia nebulare entra in rotazione, allorquando si innesca un collasso gravitazionale, probabilmente tutta la catena di eventi che porterà alla formazione dei pianeti diverrà più semplice da inquadrare in modo logico. Dunque, ci servirebbe un modello più grande da prendere come esempio. E questo esempio è la nostra stessa galassia.


Questa figura ci mostra l'analogia strutturale esistente tra un disco rotante di accrescimento planetario (al centro) e le galassie a spirale.


In base alle scoperte più recenti non vi sarebbe quasi più dubbio che al centro della Via Lattea si annidi un enorme buco nero di milioni di masse solari che funge da motore gravitazionale dell'intero sistema, formato dai bracci a spirale contenenti sia le stelle che la materia interstellare. Cosa possano avere in comune una galassia con un "semplice" disco rotante dal quale si formeranno i pianeti è una bella domanda, ma la risposta evidentemente sta sotto il naso di tutti. In entrambi i sistemi troviamo un "motore" centrale, dove nel caso del disco planetario sarà un oggetto di tipo presumibilmente stellare mentre nella galassia - abbiamo detto - sarà il buco nero supermassiccio. E poi abbiamo la materia che, guarda caso, si disporrà in modo tale da seguire percorsi di tipo spiraliforme, circolare o ellittico (dopotutto anche le galassie spesso assumono forme ellittiche e circolari). Non ci resta ora che stabilire cosa fa si che la materia si disponga assecondando i suddetti percorsi.


Rappresentazioni schematizzate che illustrano cos'è il momento angolare, come si produce il cosiddetto "effetto fionda" e come si comportano le onde gravitazionali sul tessuto spazio-temporale.


Tanto le stelle "normali" quanto i corpi degeneri (come le nane bianche, le pulsar e i buchi neri) sono tutti dotati di moto rotatorio sul proprio asse e quindi presentano uno specifico valore di spin (momento angolare). Anche i dischi proto-planetari rotanti e le galassie posseggono il loro valore di momento angolare, e questo dovrebbe suggerirci che qualsiasi oggetto si trovi immerso entro il raggio d'azione di una potente fonte gravitazionale dovrà per forza di fatti acquisire/possedere un moto armonico di tipo periodico assecondante tale valore di momento angolare. Quindi dovrà orbitare tanto più velocemente quanto più sarà prossimo al centro di gravità del sistema, altrimenti o sfuggirà via o precipiterà sull'oggetto centrale. Pertanto, qualsiasi corpo in rotazione, dotato di un considerevole valore di densità, è presumibile che emetta onde gravitazionali tutto intorno, creando così delle increspature nello spazio-tempo sufficienti da costringere la materia interstellare a seguire non più percorsi casuali - venendo semplicemente deviata, catturata o fiondata via - ma a dar forma ad un disco di accrescimento dal quale infine potranno formarsi stelle e/o pianeti.



Tornando sul momento angolare, generalmente si pensa che, in assenza di forze che agiscano esternamente, il suo valore specifico (tanto per lo spin di un corpo in auto-rotazione che per il momento angolare di un corpo orbitante attorno a un altro) dovrebbe rimanere invariato nel tempo. Per calcolarlo si considera la massa di un oggetto che ruota ad una determinata velocità angolare entro il proprio campo gravitazionale. Ma, siccome lo Spazio non sembra essere quel luogo così statico come qualcuno potrebbe credere, dobbiamo allora presupporre che - in ottemperanza al principio di conservazione dell'energia - il momento di spin di una stella (o di un pianeta) potrebbe essere "trasferito" in parte al corpo (o corpi) che gli orbita (orbitano) attorno oppure potrebbe verificarsi il contrario. Se ciò non accadesse il Sistema Solare non sarebbe mai venuto all'esistenza (e tantomeno il sole). E, soprattutto,  in mancanza di oscillazioni armoniche dello spazio tempo prodotte dalle onde gravitazionali, qualsiasi corpo dotato di elevata massa sarebbe solo un oggetto che si limiterebbe per lo più ad attrarre a se tutto ciò che gli si avvicinasse. Da questa serie di considerazioni (ovviamente teoriche) ne possiamo dedurre due punti riassuntivi:

  1. La nascita del nostro Sistema Solare avrebbe incontrato un insormontabile ostacolo iniziale se tutta la materia (gas e polveri), priva di moto inerziale proprio, fosse stata semplicemente attratta verso la sorgente gravitazionale primaria (il sole), assecondando un moto rettilineo ed uniformemente accelerato.

  2. Per arrivare alla formazione dei pianeti sarebbe stato indispensabile che la materia iniziale riuscisse da subito a contrastare efficacemente l’attrazione gravitazionale del giovane sole entrando così in uno stato di equilibrio inerziale tra forze, ovvero quella che noi conosciamo come "orbita ellittica o circolare".

Per ovviare al  problema del succitato punto 2, alcune teorie ricorrono all'azione di particelle ionizzate e agli urti caotici dei planetesimali i quali, nell'insieme, avrebbero creato un certo "disordine" iniziale utile a far si che la materia in caduta libera verso il sole avrebbe potuto essere catturata in orbite instabili. Quindi, col passar del tempo il disordine avrebbe dato il posto a corpi planetari sistemati in orbite regolari e non caotiche. Eppure, un disco di accrescimento planetario per evolversi nel migliore dei modi necessiterebbe invece di ordine e non di caos, tant'è vero che basterebbe il passaggio imprevisto di grossi asteroidi, di un ipotetico Globo di Bock, di una nana bruna, di comete, di un pianeta vagante o la stessa emissione anomala di vento stellare per destabilizzarne i delicati equilibri. Teniamo sempre a mente allora che, affinché i microgrumi di materia interstellare non vadano ne a a schiantarsi contro la sorgente gravitazionale principale e nemmeno a perdersi nuovamente, dovranno possedere un proprio moto inerziale adeguato, arrivare alla giusta distanza, con il giusto angolo e dare così inizio al ciclo, ancor prima di unirsi per formare i planetesimali. Quindi, non è di certo il caos la soluzione.

Nel nostro Sistema Solare il 98% del momento angolare è distribuito nei pianeti, ma solo il 2% nel Sole. Eppure la stragrande maggioranza della massa è invece concentrata proprio nel Sole, mentre i pianteti ne posseggono solo una frazione. Sembrerebbe un vero controsenso, per cui verrebbe da immaginare due tipi di scenari con relative implicazioni...

  1. Ad esempio, è possibile che il Sole abbia subito una sottrazione di momento angolare qualora la sua formazione fosse stata contemporanea ai pianeti; o magari a causa di qualche fenomeno sconosciuto verificatosi al suo interno o nei suoi dintorni.

  2. Diversamente, è ipotizzabile che il Sole non si sia formato contemporaneamente ai pianeti, ma abbastanza prima di essi; uno scenario senza dubbio più plausibile.

A conclusione di questo sottotitolo potremmo ragionevolmente ipotizzare che la formazione dei dischi di accrescimento planetari sia un processo non necessariamente dovuto alla sola distribuzione caotica nello spazio di materia interstellare, bensì dalle oscillazioni armoniche delle onde gravitazionali che permeano e increspano lo spazio-tempo (onde generate da tutti i corpi in rotazione come anche da fenomeni estremi). In linea teorica, nessun collasso della materia interstellare potrebbe innescarsi senza di esse.  


Lo scopo di questa illustrazione è di correlare il collasso gravitazionale che porta la materia interstellare a dar vita al sistema solare alle oscillazioni dello spazio-tempo provocate dalle onde gravitazionali. Come si può notare, le piegature ondulatorie faranno sì che la materia acquisti moto inerziale assecondandone le increspature in modo armonico e continuo.


Il vento solare e le emissioni di radiazioni - In linea teorica sia le emissioni di vento solare che le radiazioni potrebbero impedire, sopratutto nelle regioni più vicine alla stella, l'aggregazione della materia e bloccare lo sviluppo di strutture orbitanti sempre più grandi. Ciononostante, nelle teorie standard si ritiene che tali emissioni causerebbero la sola dispersione (e/o distruzione) degli elementi più "leggeri", lasciando invece quelli più pesanti. Grazie a questa sorta di "selezione naturale" si formeranno pianeti di tipo roccioso. La regione di spazio occupata dai pianeti rocciosi o "terrestri" viene chiamata anche "sistema solare interno".

Le particelle ionizzanti ad alta energia, come i raggi UV, i raggi Gamma e i raggi X, tendono a sciogliere rapidamente i legami molecolari (specie quelli composti da elementi più leggeri), quindi il vento solare provvederà a spazzarne via gli atomi verso lo spazio profondo. Dobbiamo allora ritenere che il vento solare possieda una velocità di spinta superiore a quella di accelerazione gravitazionale della stella, per cui i suddetti effetti disgregativi ed espulsivi avranno luogo tanto sulla materia interstellare in arrivo dallo spazio quanto su quella precedentemente catturata e orbitante. Da questa situazione si delineano l'inevitabile paradosso e l'insormontabile ostacolo. Inoltre, affinché la materia interstellare riesca ad aggregarsi efficacemente dovrebbe esistere, equamente alle micro particelle composte da metalli e metalloidi, anche un mezzo di coesione delle stesse, altrimenti difficilmente inizieranno ad unirsi per formare strutture sempre più grandi, sopratutto proprio in quella zona prima menzionata, ossia il  “sistema solare interno”.



Il vento solare potrebbe però fornire un escamotage per l’aggregazione di molecole e polveri a partire da una considerevole distanza dalla stella (come probabilmente accadde nel caso del nostro sistema solare), dove le radiazioni non eserciteranno più un irreversibile effetto distruttivo sulle molecole d’acqua e di altri elementi quali il metano, l’ammoniaca ed altri composti chimici. Se le cose stessero davvero così, saranno allora i pianeti giganti (quelli freddi e gassosi) a costituire l’inizio di un sistema solare come il nostro. Ma la realtà poi ha sempre l'ultima parola, mettendo al chiodo le teorie (specie quelle dal sapore di "epiciclo tolemaico").

Nel corso di questi passati 15 anni circa, la scoperta di pianeti extrasolari ha ricevuto un forte impulso grazie all'introduzione di tecnologie sempre più sofisticate e potenti; tant'è vero che dal 2009 abbiamo a disposizione persino un sistema telescopico posto nello spazio in orbita solare (il dispositivo Kepler). Che cosa ne sta venendo fuori? Ad esempio, vi sarebbero un gran numero di stelle accompagnate da "pianeti" gassosi che gli orbitano vicinissimi. Non si capisce bene come riescano a non andare a pezzi per gli effetti di marea gravitazionale e per la stesa forza di Coriolis che, a simili velocità di rivoluzione, dovrebbero insieme agire da "scollante" e trasformare col tempo il pianeta in un anello gassoso. E' ovvio che non stiamo parlando di pianeti orbitanti sul limite di Roche della stella madre (in quel punto sfidiamo chiunque a sostenere che possa già solo formarsi un pianeta!); però non vorremmo nemmeno ignorare il fatto di star osservando qualcosa che, sulla base delle teorie, non ci si aspettava proprio. Quindi, o si riscrive una parte di astrofisica oppure ciò che si è scoperto non è esattamente poi quello che esiste nella realtà. E ciò comporta la ricerca di una soluzione coerente e non tolemaica.



CONTINUA

 

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