© 2004 - 2011 Pianeta Marte.net - All right reserved 12 GENNAIO 2012 Comparazione tra i dati rilevati dalla missione Mariner 9 durante la primavera boreale (Ls = 43 - 54°). La linea continua del grafico superiore mostra le temperature (in gradi Kelvin) rilevate dall'esperimento IRIS. Le curve tratto-punteggiate mostrano il vento locale (in m s-1) come dedotto dall'equilibrio termico del vento (Pollack e al. 1981). Il grafico centrale mostra una simulazione delle temperature (K) per la stessa stagione, mentre il grafico inferiore rappresenta una simulazione dei venti (in m s-1). Fonte: “Meteorological variability and the annual surface pressure cycle on Mars” Frédéric Hourdin, Phu Le Van, François Forget, Olivier Talagrand (1993) PRIMA PARTE - a cura del dr. Francesco Marcocci  Il punto triplo dell’acqua è una condizione di equilibrio chimico-fisico per cui acqua liquida, acqua solida (ghiaccio) e acqua gas (vapore), sono in condizioni tali che  per ogni molecola di acqua che da liquida si trasforma in solida ce ne sarà una che da solida diventa liquida, inoltre per ogni molecola di acqua liquida che diventa  vapore ce ne sarà una di vapore che diventa acqua liquida. In altre parole se mettiamo un recipiente contenente acqua, ghiaccio e vapor d’acqua ci accorgiamo  che le quantita’ dei tre stati non mutano nel tempo. Immaginiamo per chiarire meglio di avere un litro d’acqua in un recipiente alla temperatura di 25 °C ed alla  pressione di 1 Bar (la pressione terrestre), in queste condizioni una parte di acqua diventerà vapore e il processo si arresterà quando la pressione del vapore   raggiungerà i circa 30 mBar, a quel punto vapore e acqua liquida saranno in equilibrio. Questa è la normale esperienza dell’evaporazione, tutti sappiamo che  quando il pavimento è bagnato alle normali temperature (25 °C) e condizioni di umidità  prima o poi si asciugherà, il prima o poi dipenderà dall’umidità dell’aria.  Cioè se l’aria è molto umida (una giornata in cui ha piovuto e tira poco vento)  e la pressione parziale di vapore nell’atmosfera supera i 30 mBar (molto vapore in  atmosfera) allora l’acqua tenderà a condensare e il pavimento non si asciugherà mai. Se l’ umidità è bassa e la pressione parziale di vapore dell’aria e inferiore a  30 mBar allora, per diffusione, il vapore d’acqua si allontanerà dal pavimento e parte dell’acqua sul pavimento diventerà vapore per tenere la pressione del vapore  a 30 mBar, ma di nuovo tale vapore diffonderà e non si raggiungerà mai l’equilibrio con l’acqua che evaporerà nella sua totalità. Ovviamente la presenza di vento  che fa fluire via il vapore aiuterà molto il processo.   E’ importante ricordare che la pressione parziale del vapore non è la pressione atmosferica esterna, la pressione   atmosferica esterna è paragonabile ad un pistone che esercita una forza sul sistema acqua+vapore e se la pressione   esterna è 1 Bar e la pressione parziale di vapore è 30 mBar, vuol dire che  l’acqua esercita una forza sulla colonna   d’aria pari a 970 mbar (forza di reazione alla compressione dell’atmosfera sull’acqua) e che, adesa all’acqua, c’è una   piccola quantità di vapore che esercita gli ultimi 30 mBar per raggiungere l’equilibrio delle forze. Come sappiamo il   vapore è anche un componente dell’atmosfera e quindi dà un contributo alla pressione atmosferica totale per cui...  dove P  i  sono le pressioni parziali di ossigeno, azoto,.. e di tutti i gas che compongono atmosfera e P  ATMH2O    è la pressione parziale del vapor d’acqua in  atmosfera. Ora pressione e densità di vapore acqueo sono legate (con approssimazione di gas perfetto) da:  dove d è la densità del vapore acqueo R = 8,31 J/K*mol è una costante e T è la temperatura in gradi Kelvin (cioè la temperatura in°C +273,16). Tutti sappiamo che  l’acqua bolle a 100°, che vuol dire questo? Vuol dire che incrementando la temperatura aumenta la quantità di liquido che passa, all’equilibrio, allo stato di vapore e  quindi aumenta la pressione di vapore sull’acqua.  A 100° tale pressione è 1 Bar e quindi poiché la forza che l’atmosfera esercita sull’acqua  e inferiore alla  pressione del vapore, tale vapore si allontanerà dal recipiente, però altra acqua dovrà diventare vapore per equilibrare il sistema (la pressione di vapore dovra’  essere 1 Bar all’equilibrio). Il processo dinamico terminerà quando tutta l’acqua sarà vapore, l’unica accortezza è mantenere la temperatura a 100° e questo puo’  essere fatto o con una fonte esterna di energia o con il contatto termico con un corpo a temperatura maggiore di 100°.  Vediamo ora cosa accade se nell’acqua sono disciolti dei Sali. In presenza di un soluto, tutti sappiamo che l’acqua bolle a temperature più alte e si congela a  temperature più basse. Lo spostamento del punto di ebollizione (∆T) dipende dalla concentrazione di Sali ed è dato dalla formula:  Dove T  0  è la normale temperatura di ebollizione dell’acqua alla pressione data (373 K se siamo ad 1 Bar oppure 285 K su Marte) ∆H  VAP è l’entalpia di  vaporizzazione dell’acqua e x  b  è la frazione molare di Sali disciolti. Svolgendo i calcoli si può facilmente dedurre che senza saturare il liquido, il punto di ebollizione  può essere spostato da 11 a 17 °C massimo. Più interessante è l’abbassamento del punto di congelamento che è dato dalla formula, simile a quella di sopra:   Dove però compare l’entalpia di fusione. Ipotizzando che il sale disciolto sia cloruro di sodio allora , senza saturare il liquido, si può abbassare il punto di  congelamento fino a -12 °C.  Consideriamo che esistono Sali come il nitrato di argento che hanno una solubilità anche 6 volte quella del cloruro di sodio ed in  questo caso il punto di congelamento può arrivare anche a -25 °C. Da questi dati è evidente che l’acqua liquida può sussistere anche in grandi quantità su Marte,  anche nelle condizioni ufficialmente dichiarate dalla NASA.  Su Marte i dati “ufficiali” riferiscono che la pressione atmosferica non supera i 12 mBar per cui l’acqua bolle alla temperatura per cui la pressione di vapore è pari a 12 mBar, cioè circa 11°C. Sicuramente nell’aria di Marte la pressione parziale (sempre fidandosi dei dati “ufficiali”) non può superare i 12 mBar per cui comunque l’acqua tenderebbe ad evaporare. Ovviamente questo non vuol dire che grandi quantità di acqua liquida stabile non possano esistere sulla superficie di Marte, però è necessario che si verifichi almeno una delle seguenti condizioni: -L’acqua di Marte è “salata”, in questo caso si abbassa la pressione di vapore e quindi il liquido può esistere in condizioni di maggiore stabilita, inoltre il ghiaccio  potrebbe formarsi solo a temperature notevolmente al di sotto dello zero.  -Temperatura tra 0 e 10°C, idealmente (ma non necessariamente) assenza di vento e una sorgente che dal sottosuolo rifornisca il bacino.  Ovviamente se si realizzassero un mix di queste condizioni la stabilità dell’acqua liquida sarebbe incrementata. Rispetto all’articolo sul sito concludo che: -il punto triplo di un liquido dipende solo dalle caratteristiche molecolari del liquido e dalla concentrazione delle sostanze disciolte e non dalla densità o pressione  dell’atmosfera e tanto meno dalla gravità . Se sulla Terra il punto triplo dell’acqua a 0 °C prevede una pressione di vapore di circa 6 mBar lo stesso vale su Marte,  sulla Luna o su Giove.   Del resto se così non fosse all’interno della stazione spaziale o dello Shuttle (0 g) non potrebbe esistere acqua liquida e gli astronauti non potrebbero girare all’interno senza tuta spaziale (l’acqua del sangue vaporizzerebbe e il malcapitato astronauta esploderebbe in pochi secondi come un palloncino), cosa che certo non è. SECONDA PARTE - a cura di Marco De Marco Un errore comune che di solito si fa nella valutazione delle condizioni climatiche di un determinato pianeta, è di confondere la pressione con la densità.  Sebbene dal punto di vista teorico tutti conosciamo la differenza fra pressione e densità, in realtà si è portati a comparare la pressione atmosferica sulla  terra con la pressione atmosferica di un determinato pianeta senza le dovute precauzioni. In un qualsiasi laboratorio terrestre, dove la gravità rimane grosso modo la stessa, questa precauzione non serve e spesso si usa la pressione come sinonimo” si densità. Alcuni fenomeni vengono tranquillamente trattati in termini di rapporto “pressione/temperatura”, come per esempio il diagramma di fase (o diagramma di stato), dove in realtà sarebbe più corretto parlare di rapporto “densità/temperatura” o “pressurizzazione/temperatura”, altrimenti non si capirebbe la presenza di acqua liquida in assenza di gravità (e quindi assenza di peso) nelle navicelle in orbita nello spazio! Infatti, tecnicamente la pressione atmosferica è “il peso” che una determinata quantità di gas sopra la nostra testa esercita su tutto ciò che sta sotto. Il vero problema però è che il peso è condizionato non solo dalla densità ma ovviamente anche dalla gravità. Se noi per esempio riducessimo la gravità terrestre ad 1/3, è ovvio che la stessa quantità di gas che sta sopra di noi avrà un terzo del suo peso originale, nonostante la quantità di gas sia rimasta esattamente la stessa. Ecco che allora, nel confrontare le condizioni climatiche fra due pianeti diversi sarebbe più corretto riferirsi alla densità piuttosto che alla pressione. Si capisce molto bene questo principio analizzando il funzionamento del barometro di Torricelli, il primo strumento col quale è stata misurata la pressione atmosferica terrestre. Se riempiamo di mercurio una cannuccia chiusa da un lato e la poniamo verticalmente con il lato aperto immerso in una vaschetta riempita anch’essa di mercurio, noteremo la formazione di una camera di vuoto nella parte alta della cannuccia. Torricelli infatti notò che la pressione esterna, assente nella cannuccia, era tale da sostenere una colonna di mercurio alta circa 76 cm. Calcolando il prodotto tra il peso specifico del mercurio, l’accelerazione della gravità terrestre e l’altezza della colonna di mercurio, si poteva calcolare il peso dell’atmosfera soprastante. Questo sistema, geniale per l’epoca, presenta però dei forti limiti se applicato in condizioni “non terrestri”. Infatti, essendo la gravità presente in due dei tre fattori della formula, ogni differenza nella gravità produrrà una differenza quadratica nella risposta del barometro, quindi , la stessa colonna di aria, su un pianeta con 1/3 della gravità originale, produrrà, per il barometro di Torricelli, una pressione di 1/9 del valore originale. Chiaramente, artefatti strumentali a parte, rimane il fatto che la stessa identica colonna d’aria avrà un peso proporzionale alla gravità del pianeta su cui di volta in volta ci troveremo è che quindi la semplice pressione barometrica non è un indicatore assoluto della densità! Quest’effetto viene sistematicamente trascurato nell’analisi dell’atmosfera di Marte. Si parla infatti facilmente di pressione in hPa e la si confronta direttamente con la pressione hPa terrestre ignorando completamente che su Marte la gravità è circa 1/3 di quella terrestre (per la precisione è il 38%). Lo stesso errore lo si compie quando si analizza il diagramma di fase dell’acqua per dimostrare che su Marte l’acqua non può esistere allo stato liquido. In particolare, il punto triplo dell’acqua, sulla terra è a 6.1 hPa, ma su Marte, dove la gravità è il 38% di quella terrestre, se ragionassimo in hPa, non sarebbe assolutamente a 6.1 ma a 2.318 hPa (anche se un barometro di Torricelli segnerebbe 0.88 hPa). Quest’analisi però viene sempre, a mio avviso fraudolentemente, sistematicamente evitata, riportando l’indicazione agli stessi valori terrestri. La stessa indicazione di 5-7 hPa per una pressione atmosferica marziana non è chiaramente indicata se riferita alla gravità terrestre o marziana. Infatti 7 hPa su Marte dovrebbero avere la densità di un gas che sulla terra misurerebbe 18.4 hPa. Questa considerazione è assolutamente evitata in tutte le ricerche moderne, diciamo dalla seconda metà degli anni 60 in poi, mentre precedentemente si specificava rigorosamente che la pressione era un decimo di quella terrestre ma con una densità di 1/3. Infatti dal punto di vista prettamente scientifico veniva considerato il peso reale della colonna di aria risultante come 1/3 del suo peso reale sulla terra, ma specificando che in realtà la densità era paragonabile a 1/3 di quella terrestre. Come mai nelle ultime ricerche non si fa questa differenza? Forse perché è più facile speculare sull’impossibilità dell’acqua di mantenere la fase liquida? Esistono anche altri indizi a favore di questa tesi: ogni atmosfera infatti produce una diffusione della luce (scattering) prevalentemente nel blu che anche nel caso di Marte può essere facilmente analizzata. Anche se l’atmosfera marziana risulta carica di polveri al punto di renderla rossastra, separando la componente blu di una qualsiasi immagine panoramica a colori di Marte, è possibile farsi un’idea della densità atmosferica marziana. Se confrontiamo immagini del cielo terrestre riprese a diverse quote, e quindi con diversi gradi di densità, ci accorgiamo che alla quota nominale in cui dovremmo trovare 7 hPa, cioè a 35.000 metri di quota, il cielo è completamente nero, salvo giusto la striscia dell’orizzonte, dove peraltro in realtà vediamo ancora gli strati bassi della nostra atmosfera. A sinistra: Ripresa di un paesaggio marziano effettuata dalla sonda Pathfinder il 22 giugno 1999. Fonte:                                http://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA01546. A destra: Canale Blu della foto a fianco; notare l'intensità del cielo!   A sinistra: Sydney è una città dell'Australia sud-orientale, capitale dello stato del Nuovo Galles del Sud, a 6 metri di quota. A destra: Canale Blu della foto a fianco. ( http://s13.postimage.org/ykhzyrwjr/Image1.jpg ) A sinistra: Sempre Sydney ma durante una tempesta di sabbia. A destra: Canale Blu della foto a fianco; come si può notare, le polveri in sospensione diminuiscono la luminosità del cielo invece che aumentarla, contrariamente a ciò che invece asserisce la NASA nel caso di Marte! ( http://s12.postimage.org/at0m69hzh/Image1.jpg ) È chiaro invece che le foto del cielo marziano, filtrate nella banda blu, risultano molto più luminose, quasi comparabili alle immagini riprese sul monte Everest, a poco meno di 9.000 metri di quota, dove guarda caso la pressione atmosferica è 1/3 della normale pressione sul livello del mare. Un altro serio indizio a favore di una densità atmosferica marziana più alta di quanto dichiarato, è offerta dal fenomeno dei dust devils. Queste “mini trombe d’aria” sono in grado di sollevare colonne di sabbia alte fino a qualche chilometro; ma com’è possibile tutto ciò? Alla NASA stessa hanno provato a simularli, in una camera a vuoto, simulando la pressione marziana a 7 hPa, e non sono riusciti a simulare il fenomeno se non alzando la pressione di almeno 11 volte! Infatti alla pressione di partenza, anche utilizzando delle ventole molto potenti, non riuscivano a sollevare un bel niente! In effetti, 7 hPa sono veramente pochi, considerando oltre tutto il fatto che salendo di quota si riducono subito molto velocemente a valori frazionali; ma allora tutti i fenomeni osservati vicino al monte Olimpo, che dal livello medio raggiunge i 17 km di altitudine, come sarebbero possibili? È noto infatti sin dalle osservazioni telescopiche, che Marte ha comunque un’atmosfera molto attiva, soprattutto per quanto riguarda le formazioni nuvolose e le nebbie, non solo tempeste di sabbia. Osservando Marte al telescopio infatti, interponendo un filtro blu, è possibile mettere in evidenza tutti questi fenomeni atmosferici tutt’altro che trascurabili. Le nebbie mattutine e serali, le nubi orografiche, le nubi polari sono da sempre state osservate al telescopio anche con mezzi di media potenza. Chiunque può per esempio, con un normale programma di grafica, separare i tre livelli rosso, verde, blu di un immagine a colori di Marte e verificare come funziona. L’immagine corrispondente al canale rosso ci fornirà una buona mappa topografica mentre invece il canale blu ci mostrerà le calotte polari e le nubi. È facile farlo sia su immagini riprese sia con piccoli telescopi, sia su immagini riprese con il telescopio spaziale. Oltretutto, nelle immagini riprese con il telescopio spaziale, si nota facilmente il bordo blu causato dall’atmosfera, che quindi appare blu e non rossa, come mostrato dalle immagini riprese in situ. A destra: Tipica foto di Marte ripresa dal telescopio spaziale Hubble.                                          Canale Rosso (sinistra), Canale Verde (centro) e Canale Blu (destra); notare la fascia nuvolosa equatoriale. Un altro punto interessante è l’analisi dei depositi polari; incrociando dati altimetrici e gravitometrici, si è potuto determinare che depositi polari variano stagionalmente di circa 1.5 metri al polo nord e 2.5 metri al polo sud, con un densità media nel momento di massima altezza di circa 0.5 g/cm 3  . A quella densità, 1 mm di neve di CO 2  produce una pressione di 0.04903325 hPa; ora, anche assumendo il valore di pressione marziana più ottimistico citato sopra di 18.4 hPa, trascurando il fatto che la CO 2  rappresenta il 95% e non il 100% dell’atmosfera marziana, se noi condensassimo tutta l’atmosfera al suolo otterremo uno strato di 37.5 cm di spessore! D’altra parte, 1.5 metri di neve di anidride carbonica con una densità di 0.5 g/cm 3   produce una pressione di 73.5 hPa e 2.5 metri invece di 122.6 hPa! Evoluzione temporale della pressione atmosferica superficiale, registrata dai due lander Viking 1 e 2 (Il Lander Viking 1 è atterrato in Chryse Planitia a 22.48°  latitudine nord, 49.97° longitudine ovest, 1.5 Km sotto il livello medio. Il Lander Viking 2 è atterrato in Utopia Planitia a 47.97° latitudine nord, 225.74° longitudine  ovest, 3 Km sotto il livello medio), durante i primi tre anni marziani della missione: 1° anno (puntini), 2° anno (linea continua) e 3° anno (linea tratteggiata) sono  sovrapposti nello stesso grafico. Fonte Tillman e Guest (1987) (vedi anche Tillman 1989).  Consideriamo anche che, se la massa di ghiaccio secco stagionale fosse simile tra i due emisferi non dovrebbero verificarsi variazioni stagionali nella  pressione atmosferica globale, in quanto lo scioglimento di una calotta polare sarebbe sempre compensato da una condensazione al suolo nell’altro  emisfero. Sappiamo però che l’ellitticità dell’orbita marziana crea una differenza di quasi 20°C nella temperatura media dei due emisferi, con punte fino a 30°C a  favore della latitudine ~ -30°. Teniamo anche presente che a 7 hPa la CO  2  ghiaccia a -123°C (~ 150°K), mentre a 18.4 hPa (valore corretto per la  gravità di Marte) ghiaccia a ~ -116°C (~ 157°K). Stando ai dati del Mariner 9 solo al polo sud troviamo le condizioni atmosferiche necessarie, mentre secondo la Mars Global Surveyor (MGS), relative al suolo, è possibile la presenza in entrambe gli emisferi. Temperature minime in gradi Celsius del suolo di Marte rilevate dallo spettrometro termico (TES) a bordo della missione Mars Global Surveyor (MGS). In orizzontale è riportata la latitudine mentre in verticale la longitudine solare (Ls). La parte azzurra della tabella riassume la temperatura Minima, Massima e Media annuale sempre in riferimento alle temperature minime giornaliere. Quindi, riassumendo, l’atmosfera sembra raggiungere la temperatura minima di -123°C mentre il suolo può arrivare fino -132°C; faccio notare che a - 132° la CO 2  non può superare la pressione di 1.4 hPa senza ghiacciare! Grafico della pressione di vapore dell'anidride carbonica; tra le varie utilità di questo grafico vi è la possibilità di stabilire la pressione massima che la CO2 può raggiungere prima di condensare (in questo caso in ghiaccio) ad una data temperatura. Ma torniamo a i depositi polari stagionali; come abbiamo visto, almeno durante la notte, dai 60° di latitudine sembrano esserci le condizioni per la formazione di ghiaccio secco, ma allora cosa succede veramente durante la notte polare? Partiamo col distinguere due condizione ben diverse: condensazione da superficie “fredda” o per raffreddamento di una massa d’aria. Per il primo caso, supponiamo che la temperatura del suolo scenda sotto il limite di congelamento dell’anidride carbonica; il suolo comincerà a ricoprirsi di un strato di ghiaccio sempre più spesso, fino al punto in qui l’isolamento termico causato dal ghiaccio stesso sarà sufficiente ad arrestare il processo. Nel caso del ghiaccio secco, essendo un buon isolante termico, ne basta veramente poco, per cui il fenomeno in se non è abbastanza efficiente da giustificare gli accumuli di ghiaccio osservati! A riprova di ciò, il record di -132°C appartiene a polo nord e non al polo sud dove invece la minima è - 130°C (sempre secondo il TES dell’MGS). Mi chiedo anche quanto sia attendibile un rilevamento di -132°C dall’orbita marziana e per via spettroscopica, visto che a quella temperatura il suolo stesso dovrebbe essere velato dal processo stesso di condensazione! Nel secondo caso, se una massa d’aria (in questo caso di CO 2  quasi pura) raggiunge il punto di condensazione, man mano che la temperatura scende, la sua pressione non potrà eccedere il limite imposto dalla “pressione di vapore” per quel gas a quella temperatura, causando l’immediata condensazione al suolo di tutta la massa di gas eventualmente in eccesso! In effetti, l’efficienza di questo processo è veramente drammatica; se dovessimo simulare una simile eventualità su Marte, dovremo anche tenere conto della catena di eventi che si genererebbero. Abbassiamo la temperatura del polo sud, per esempio fino a -130°C, con una pressione di partenza di 7 hPa; la pressione di arrivo dovrà essere di ~ 2 hPa causando una precipitazione di neve di ghiaccio secco di ~ 50 cm di spessore (0.1 gr/cm 2 ) che se compattata a 0.5 gr/cm 2  corrispondono a ~ 10 cm di spessore. Naturalmente una simile caduta di pressione richiamerebbe aria dalle zone circostanti, con l’effetto di abbassare (a catena) pressione e temperatura delle zone vicine ma condensando tutto l’apporto in neve. Il processo in se tende anche ad apportare energia termica (quindi ad alzare la temperatura) al polo stesso, ma se comunque la temperatura rimane a -130°C, il processo di condensazione si arresterà solo quando in tutto il pianeta verrà raggiunta la pressione di equilibrio di 2 hPa! Questa piccola simulazione serve a capire la relazione tra temperature minime e variazioni nella pressione atmosferica, chiarendo perché temperatura minima e pressione minima sono correlate. Dai grafici della pressione atmosferica registrata dai due landers Viking sappiamo che per il Viking 1 la pressione è variata da un minimo di 6.8 hPa ad un massimo di 9.0 hPa, valore medio 7.9 . Per il Viking 2 i valori vanno da 7.4 hPa a 10.1 hPa per una media di 8.75 hPa. Sappiamo anche che Il VL 1 è atterrato 1.5 Km e il VL 2 3 Km, entrambi sotto il livello medio di Marte. Dato che il livello medio stabilito di Marte si trova a 6.1 hPa (guarda caso il punto triplo dell’acqua!), se noi scaliamo i valori indicati sopra ad un valore medio di 6.1 hPa, allora entrambi variano da un minimo di 5.2 ± 0.05 hPa ad un massimo di 7 ± 0.05 hPa. Considerando quindi il valore minimo di 5.2 hPa la temperatura minima che otteniamo è ~ -125°C (~ 148°K), già in chiaro disaccordo con i dati TES. Ora, considerando che la caduta di pressione da 7 hPa a 5.2 hPa comporta un precipitato di 18,4 cm di spessore (0.1 gr/cm 2 ) che se compattata a 0.5 gr/cm 2  corrispondono a ~ 3.7 cm di spessore, e che la superficie della calotta polare sud è ~ 1/20 della superficie totale di Marte (approssimando sicuramente per difetto!), 3.7 cm X 20 = 74 cm, è valore decisamente inferiore all’entità dei depositi polari rilevati! C’è quindi un’evidente incoerenza tra i dati termici e i dati atmosferici, laddove uno non supporta l’altro! Temperature così basse comporterebbero forti sbalzi di pressione (anche solo tra giorno e notte!) o addirittura una pressione globalmente più bassa! D’altro canto però già i 7 hPa nominali sono assolutamente insufficienti a rendere conto di fenomeni come i dust devils, i gullies, la diffusione luminosa del cielo o l’entità dei depositi polari transienti che invece si spiegherebbero meglio con una pressione atmosferica molto più alta di 7 hPa. Sin qui, sono stati considerati solo gli aspetti relativi all’anidride carbonica, ritenuto il maggior componente dell’atmosfera (~ 95%); ma se introduciamo anche l’acqua in questa analisi, l’indicazione di 7 hPa diventa addirittura ridicola! Per esempio, le tracce lasciate dallo scorrimento di acqua liquida (vedi Cratere Newton) la dove l’acqua dovrebbe essere solo allo stato di vapore, vista la bassissima pressione e la temperatura fino a circa 27°C! In una simile situazione si può tranquillamente affermare che la pressione (in termini terrestri) non può essere inferiore a 35 hPa!   Canale Rosso (sinistra), Canale Verde (centro) e Canale Blu (destra); notare la fascia nuvolosa equatoriale. Per approfondimenti potete consultare l’articolo a questo indirizzo: http://www.pianetamarte.net/acqua_liquida_approfondimento.htm